DOVEVAMO STAPPARE IL PRODINO - SU ALITALIA E SCORPORO DELLA RETE, L’EX PREMIER È STATO L’UNICO A TENTARE ALTRE STRADE CHE POTEVANO EVITARE IL DECLINO

2007 Prodi fu attaccato per l’ipotetico piano di scorporo della rete Telecom immaginato dal suo amico Angelo Rovati, un problema che oggi si ripropone - I disastri Telecom sono di D’Alema che permise a Colaninno di vendere Omnitel-Infostrada e bloccò la fusione di Telecom con Deutsche Telekom…

Condividi questo articolo


Fabio Martini per "La Stampa"

A New York è l'alba, ma alle 5 Romano Prodi è già sveglio, amareggiato in un modo che è difficile descrivere per la piega che hanno preso le vicende di Telecom e di Alitalia e a chi gli chiede se possa essere compiaciuto, almeno con sé stesso, per aver visto giusto, lui risponde secco: «Conta poco aver ragione a posteriori». Di più non dice, se non che l'assemblea dell'Onu lo prende «a tempo pieno» e che deve «raccogliere tutte le informazioni necessarie».

VLADIMIR PUTIN E ROMANO PRODIVLADIMIR PUTIN E ROMANO PRODI

Nel corso degli ultimi sedici anni Romano Prodi è stato (assieme a Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema) uno dei protagonisti delle vicende che hanno cambiato il destino di due "campioni nazionali" che oramai di italiano hanno soltanto il nome. Due storie complesse, che hanno finito per gratificare le tasche di tanti imprenditori e finanzieri e rispetto alle quali la grande politica non ha dato il meglio di sé: Telecom e soprattutto Alitalia sono state il terreno per formidabili guerre politiche, nel corso delle quali la fortuna delle due imprese è stata l'ultima delle preoccupazioni dei partiti via via al governo.

prodi romanoprodi romano

Nella storia di Telecom la prima svolta epocale si consuma nel 1997: presidente del Consiglio è Prodi. Alla vigilia dell'ingresso nell'euro il governo decide la privatizzazione dell'azienda di telecomunicazioni, una chance rispetto alla quale l'imprenditoria nazionale nicchia: alla fine lo Stato incassa 26 mila miliardi, ma il prezzo rappresenta un affare per chi compra, tanto è vero che due anni dopo, Massimo D'Alema, nel frattempo asceso a palazzo Chigi, la racconta così «Abbiamo offerto un gioiello ad un prezzo che si è rivelato un affare e nessuno è stato capace di acquistarlo e dunque abbiamo dovuto andare a chiedere "per piacere" di comprare quote dello 0,6%».

Angelo RovatiAngelo Rovati

Il sarcasmo di D'Alema rispetto al "nocciolino", che col 6,6% aveva controllato Telecom, è un modo indiretto per plaudire all'ascesa dei "capitani coraggiosi" - Roberto Colaninno, Vito Gnutti - che nel maggio 1999 lanciano l'Opa e conquistano l'azienda, pagando le azioni ad un prezzo doppio rispetto a quello ottenuto dal Tesoro appena due anni prima. Ieri Beppe Grillo ha attaccato aspramente proprio D'Alema: «La morte di Telecom Italia è iniziata con la sua cessione a debito ai capitani coraggiosi da parte di D'Alema, merchant banker di palazzo Chigi e primo responsabile di questa catastrofe».

Angelo RovatiAngelo Rovati

D'Alema ha dovuto rispondergli: «Non ho venduto nessuna azienda. Telecom era già privatizzata ed è stata acquistata con una Opa sul mercato. Fu deciso concordemente che il governo non dovesse intervenire». È però vero che il governo D'Alema non si oppose alla cessione di Omnitel-Infostrada di Colaninno alla tedesca Mannesmann nel marzo 1999 e un mese dopo bloccò la fusione di Telecom con Deutsche Telekom.

Silvio berluSilvio berlu

Quanto a Prodi, nel 2007, fu attaccato per l'ipotetico piano di scorporo della rete Telecom immaginato dal suo amico Angelo Rovati, un problema che oggi si ripropone. Dice Giulio Santagata, braccio destro di Prodi: «La speculazione sul piano Rovati in realtà fu un pretesto colto da tutti i nemici di Prodi per attaccarlo. Anche nella successiva vicenda di Alitalia i fatti ci hanno obiettivamente dato ragione: con la nostra proposta, lo Stato avrebbe incassato tre miliardi, invece di spenderne cinque, come impose Berlusconi per fare la campagna elettorale sull'italianità di Alitalia...».

deutsche-telekomdeutsche-telekomMASSIMO DALEMAMASSIMO DALEMA

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

SULLA RAI ELLY NON SI È FATTA INFINOCCHIARE – IL MOTIVO CHE HA SPINTO SCHLEIN ALL’AVENTINO, OLTRE ALLA MANCATA RIFORMA DELLA GOVERNANCE DI VIALE MAZZINI, RIGUARDA LO STATO DELL’ARTE DEL PD – IL DUPLEX BOCCIA-FRANCESCHINI PUNTAVA A PIAZZARE UN PRESIDENTE DI GARANZIA CHIAMATO GIOVANNI MINOLI. UN NOME SU CUI ERA STATO TROVATO UN ACCORDO CON GIORGIA MELONI, GRAZIE AI CONTATTI DEL MARITO DI NUNZIA DE GIROLAMO CON GIAMPAOLO ROSSI – MA LA SEGRETARIA MULTIGENDER SI È RIFIUTATA DI PRENDERSI IN CARICO UN “INAFFIDABILE” COME IL MULTI-TASKING MINOLI – IL PROBLEMA DI ELLY È CHE NON HA NESSUN UOMO DI FIDUCIA IN RAI. PIUTTOSTO CHE INFILARSI IN QUEL LABIRINTO PIENO DI TRAPPOLE, HA PREFERITO CHIAMARSI FUORI – LA MOSSA DI NARDELLA: HA LANCIATO LA SUA CORRENTE PER STOPPARE FRANCESCHINI, CHE PUNTA A PASSARE IL TESTIMONE ALLA MOGLIE, MICHELA DI BIASE...

DAGOREPORT - RICICCIANO LE VOCI SU UNA FUSIONE TRA RENAULT E STELLANTIS. MA QUESTA POTREBBE ESSERE LA VOLTA BUONA – E' MACRON CHE SOGNA L'OPERAZIONE PER CREARE UN COLOSSO EUROPEO DELL'AUTOMOTIVE (LO STATO FRANCESE È AZIONISTA DI ENTRAMBI I GRUPPI) E, CON IL GOVERNO DI DESTRA GUIDATO DA BARNIER, A PARIGI NESSUNO OSERA' OPPORSI - E JOHN ELKANN? NON GLI PARE IL VERO: SI LIBEREREBBE DI UNA "ZAVORRA" E POTREBBE VELEGGIARE VERSO NEW YORK O LONDRA, PER FARE QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE (E IN CUI È BRAVISSIMO): INVESTIMENTI E ACQUISIZIONI TRA LUSSO E TECH. TOLTASI DAI COJONI L'EX FIAT, NON AVREBBE PIÙ RAGIONE DI TENERSI “REPUBBLICA” E “STAMPA" E LE FAIDE CON IL COMITATO DI REDAZIONE

È ARRIVATA L’ORA DI PIER SILVIO? SEGNATEVI QUESTA DATA SUL CALENDARIO: APRILE 2025. POTREBBE ESSERE IL MOMENTO DELLA DISCESA IN CAMPO DI BERLUSCONI JR – “PIER DUDI” POTREBBE APPROFITTARE DI UNA SCONFITTA DEL CENTRODESTRA AL REFERENDUM SULL’AUTONOMIA PER RIPERCORRERE LE ORME DEL PADRE: METTERE IN PIEDI UNA NUOVA FORZA ITALIA, APERTA A DIRITTI E MINORANZE, EUROPEISTA E ATLANTISTA. A QUEL PUNTO, LE ELEZIONI ANTICIPATE SAREBBERO INEVITABILI – ORMAI È CHIARO CHE IL GOVERNO MELONI NON CADRÀ MAI PER MANO DELL’OPPOSIZIONE, SPOMPA E INETTA, MA SOLO ATTRAVERSO UN’IMPLOSIONE DELL’ALLEANZA DI DESTRA-CENTRO - LA DIFFIDENZA DI MARINA, TERRORIZZATA DALL'IPOTESI CHE IL FRATELLO FINISCA FAGOCITATO DA BATTAGLIE MEDIATICHE E GIUDIZIARIE, COME IL PADRE...