1. RECOVERY FUND, MATTARELLA SPRONA CONTE
Ugo Magri per la Stampa
Non capita spesso che un presidente della Repubblica, in particolare questo presidente, si congratuli con il governo e lo ringrazi. Sergio Mattarella è attento a non contraddire la sua immagine super partes per cui normalmente evita di sbilanciarsi; ma sul Mes stavolta ha fatto eccezione: si è compiaciuto con Giuseppe Conte per come ha condotto la partita europea che, nella gerarchia delle preoccupazioni presidenziali, sta davvero al top. Portare a casa i 209 miliardi di fondi anti-crisi, ha rimarcato Mattarella, è un traguardo «decisivo» per l' Italia e a quanto pare ci siamo vicini.
giuseppe conte sergio mattarella 1
Secondo il ministro dell' Economia, Roberto Gualtieri, si tratta ormai solo di limare la formula di compromesso con quei paesi (Polonia e Ungheria) che non vogliono essere penalizzati sul terreno dei diritti civili.
Dunque il capo dello Stato dà atto al governo di aver operato bene. Nello stesso tempo, però, lo sprona a fare ancora meglio.
Chiede al premier e ai suoi ministri di non sprecare questa irripetibile occasione «mettendo in campo la massima efficienza nella destinazione dei fondi europei e la massima rapidità nella individuazione delle scelte». Far presto e bene, insomma. Non è la prima volta che Mattarella batte su questo chiodo, e se ci è tornato su ieri qualcosa vorrà pur dire.
L' occasione è stata offerta dal pranzo che tradizionalmente precede i vertici europei. Questi incontri al Quirinale fanno parte del galateo istituzionale, servono a informare il presidente delle posizioni che verranno assunte in Europa e, magari, a ricevere qualche suggerimento.
giuseppe conte sergio mattarella
Nel Consiglio Ue di oggi si parlerà soprattutto di Brexit, di Covid, di cambiamento climatico e di rapporti col continente africano. Sul rapporto con la Gran Bretagna, Conte si attende un accordo «buono ma equo». Sulle emissioni di anidride carbonica sarebbe un buon risultato se venisse concordata una riduzione del 55 per cento entro il 2030. Quanto alla pandemia, la speranza è che a Bruxelles maturi un indirizzo europeo comune che faccia da cornice alle misure liberamente adottate dai singoli Stati.
2. MES L'APERTURA DI CONTE: «SE SERVE LO PRENDIAMO»
Francesco Malfetano per “il Messaggero”
«Non ne faccio una questione ideologica: se c'è bisogno di salvare la comunità, di fare qualcosa per il bene dei cittadini lo faremo». La prima sostanziale apertura ai circa 36 miliardi di euro del Mes da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri da Capri. Dall'isola campana, dove si trovava per l'inaugurazione della nuova linea elettrica Capri-Sorrento di Terna, il premier ha infatti chiarito che «se dovessero mancare risorse» il ricorso al cosiddetto Fondo salva-stati sarebbe immediato: «Noi lavoriamo sugli obiettivi e sugli investimenti che dobbiamo fare. Se mancano risorse ce le procuriamo».
ROBERTO GUALTIERI GIUSEPPE CONTE
Una presa di posizione netta che, però, è destinata a far discutere, e molto. A muovere proprio quelle opposizioni ideologiche smontate da Conte, in questo momento ci sono infatti i parlamentari grillini, vale a dire buona parte della compagine di governo giallo-rossa. Anche le forze di centrodestra, dopo aver definito a più riprese «una fregatura» il fondo, stanno iniziando a capitolare.
La pressione dei governatori regionali ultimi destinatari dei 36 miliardi di euro che l'Europa presterebbe a tassi vantaggiosi per investire in sanità - sembra oggi troppo forte per cercare di contenerla in nome di un'opposizione di partito.
IL QUIRINALE
Quei soldi infatti servono subito per iniziare a ricostruire, partendo proprio dalla sanità italiana smembrata da decenni di tagli. A sostenere la necessità di attingere ad i fondi europei puntando il faro sul Recovery Fund, ieri anche il presidente Sergio Mattarella. Ricevendo il premier e diversi esponenti del governo in vista del Consiglio Ue, Mattarella ha prima ribadito la posizione italiana a favore di una cornice europea per le misure anticovid, e poi ha spronato l'esecutivo a mettere in campo la massima efficienza nella destinazione dei fondi e la massima rapidità nell'individuazione delle scelte.
Tra queste, senza dubbio, dovrà essere inclusa la «coraggiosa riforma del Sistema sanitario» invocata pochi giorni fa dal ministro della Salute Roberto Speranza e diventata palese agli occhi di chiunque negli ultimi mesi. Un'impresa epocale che è necessario rivolti come un calzino la sanità italiana con piani, programmi e interventi a più livelli. Quello più immediato riguarda il personale.
Nella Penisola infatti, secondo le stime dell'associazione di categoria Fnopi, mancano ben 53 mila infermieri, di cui almeno 30 mila sul territorio. Un numero peraltro destinato ad aumentare qualora si decidesse davvero, come sembra, di spingere sulla prossimità del sistema sanitario. La carenza però coinvolge anche i medici (per Aanao Assomed, il sindacato della categoria, entro il 2025 ne mancheranno almeno 16.500) per quanto in Italia ce ne siano a sufficienza. Almeno 8 mila giovani professionisti però sono incastrati in un imbuto formativo che le risorse del Mes potrebbero risolvere agilmente.
Si tratta di medici laureati e abilitati ma non specializzati - quindi costretti al precariato e senza possibilità di svolgere a pieno il lavoro per cui hanno studiato e per cui il Paese ha speso delle risorse perché i posti delle varie specializzazioni sono meno di quelli necessari.
INFRASTRUTTURE
Non solo, almeno un terzo delle risorse ottenute dovrebbe essere destinato alle infrastrutture di ospedali, asl e istituti sanitari. Ad oggi infatti la situazione è piuttosto drammatica con oltre il 30% delle strutture che sono state realizzate prima del 1940 ed un'età media dei circa 800 ospedali che è superiore a 50 anni. Strutture che bisognerebbe anche dotare degli strumenti necessari.
Al momento, secondo Assobiomedica, migliaia di macchinari come tac, mammografi o risonanze sono al termine del loro ciclo di efficienza. Basti pensare che quasi il 40% delle Tac ha più di dieci anni, quando non dovrebbero superare i sette anni di vita. Un intervento, quest' ultimo, che è fondamentale per non ritrovarci ad affrontare proprio come accaduto con il Covid emergenze nuove con modalità e strumenti vecchi. Da qui la necessità di digitalizzare ogni aspetto della vita sanitaria del Paese. Non solo per quanto riguarda la più futuristica tele-medicina, ma magari partendo da una banalissima uniformazione dei software di gestione.
Oggi ogni medico ne usa uno diverso con difetti di compatibilità che rendono le cartelle cliniche dei pazienti difficili da condividere anche all'interno della stessa Asl. Ma i soldi servirebbero anche per realizzare la sanità di prossimità cara a Speranza che renderebbe le abitazioni il primo luogo di cura. Anche in questo caso però serve personale specializzato, nuova tecnologia e nuove strutture organizzative. Tradotto, servono fondi, tanti, da sfruttare nel miglior modo possibile perché non è neppure detto che quei miliardi del Mes bastino per una rivoluzione come quella da compiere. Poi, neanche a dirlo, oggi più che mai ci sarebbe da puntare sulla ricerca in tutti gli ambiti medici: oggi infatti l'Italiadestina alla ricerca solol'1,35% del Pilcontro una media europea del 2,7%. Non c'è opposizione ideologica che tenga.