Paola Zanuttini per “Il Venerdì - la Repubblica”
Fino a un paio di anni fa Manlio Cerroni non aveva una sua email. Normale per un pezzo da novanta, peraltro novantenne, che delega ad altri certe noie, ma adesso l' email ce l' ha e nel suo user name risalta una data, ovviamente senza spazi: 9gennaio14. È quella del suo arresto, ai domiciliari, per associazione a delinquere, traffico illecito di rifiuti e truffa.
Quando vai a Malagrotta, la discarica a cielo aperto più grande d' Europa chiusa nel 2013, per intervistare il signore della monnezza - detto anche er Monnezza tout court, o l' ottavo re di Roma che ha costruito un regno sui rifiuti, sulle emergenze, e sull' insipienza o la corruttela di politici e amministratori - ti aspetti un duro, e Cerroni lo è, ma quel 9 gennaio14 dà anche l' idea di un leone ferito, di un trauma insuperato.
Lui ammette che l' ha presa male, si è sentito oltraggiato, tradito, perché ha un' immagine di sé molto diversa da quella che gli hanno disegnato magistrati e nemici: si considera un eroe, un benefattore, un profeta, a volte perfino un angelo.
Oppure un capro espiatorio. Ma, soprattutto, si sente un genio dei rifiuti: «Sono IM-PA-RA-DIG-MA-BI-LE». In quest' ultima autodefinizione dev' esserci del vero, se anche i Saint-Just del Campidoglio grillino si sono rivolti a lui.
L' aria è da duro: qualcosa di James Coburn, con quell' eterno cappellino da pescatore che, in privato, portava anche Coburn. Invece è una debolezza, il cappelletto: «Senza, sono in difficoltà, è un talismano. Non so quanti ne ho avuti, e persi».
Quello di oggi è blu con dei canguri stampati: l' ha preso a Sydney, perché la galassia Cerroni ha elargito impianti urbi et orbi: dal Canada all' Australia, dal Giappone all' Argentina. Ora lavora coi russi di Astrachan: «Hanno due discariche piene di uccelli vicino all' aeroporto e dei guai con i motori degli aerei: le bonificherò. Poi, sopra, due impianti per il compost. E addio uccelli». Per inciso: su Malagrotta, a quanto pare bonificata, non ho visto volare gabbiani né una cartaccia, al massimo due cornacchie.
Tornando al copricapo: «Me ne sono innamorato a sei anni, alla colonia marina di Anzio. Ero al paese, sotto il fascismo c' erano le segnalazioni sanitarie e il medico bussò in classe: "Questo ha avuto le polmoniti".
Mi mandò in colonia, dove c' era l' uniforme col cappelletto bianco. Quando mi vidi allo specchio, la meraviglia: e chi sono?».
Il paese di cui sopra è Pisoniano, antico borgo,una cinquantina di chilometri a est di Roma, dove è nato ed è stato sindaco, andreottiano, per tre mandati, dai Cinquanta agli Ottanta. «Io c' ho un Guinness: il sindaco più giovane d' Italia. Nel 1961, il Pci, che era il più forte, non trovò nessuno da mettermi contro in lista. Io gli avevo dato le fogne, le case, mi consideravano un angelo che il padreterno aveva mandato in terra per redimerli dalle loro miserie».
Quando parla di Pisoniano, Cerroni scivola nell' accento del contado. Toccando argomenti più caldi - processi, accuse di avvelenare l' ambiente, inquinare le falde, corrompere, truffare, trafficare, estorcere, perfino un' interdittiva antimafia - indurisce la bocca, la voce si fa furente, alza teatralmente le mani.
E mostra lettere, perizie e documenti che dovrebbero attestare la sua correttezza. Di queste lettere con relativi allegati, ne manda a raffica a politici, funzionari pubblici, avvocati, magistrati, giornalisti. Ma ottiene risposta? «No, diranno chi è 'sto matto?». Passando ai rifiuti, elevati a categoria dello spirito, si fa aulico: «A me i rifiuti mi hanno stregato, nel senso che ho fatto tutto quello che gli altri nel mondo non hanno fatto.
Sono un pioniere, l' oracolo di Delfi: ho recuperato questa ricchezza della cultura contadina che non buttava niente - neanche i peli del pennello da barba, quelli se li magnava lu porcu - trasformandola in un patrimonio non di famiglia, ma della famiglia universale. Tutte 'ste storie sulla differenziata: nessuno sa che, nei primi anni Quaranta, noi balilla ci portavano in giro tra boschi e fossi a raccogliere le latte dei pomodori arrugginite per il ferro alla patria».
È lungo, ma vale la pena di ascoltarlo il racconto di Cerroni sulla cernita manuale, perche è da lì che viene. Famiglia di braccianti, cinque figli, pochi soldi: per pagarsi la laurea in legge si mise a fare il cernitore con uno stipendio di duemila lire al mese, un euro di oggi.
«A Roma passava il canestraio col sacco sulle spalle, lo riempiva con la monnezza delle famiglie, lo scaricava nel carriolo e lo portava agli orti, dove c' era una capanna vicino ai maiali. Lì si buttava tutto a terra ed entravamo in azione noi cernitori che, con lo zeppo, selezionavamo carta, ferro, vetro, da vendere e il residuo delle cucine che andava ai maiali. I maiali ingrassavano, defecavano e davano il letame per i famosi orti di Roma: indivie, fave, cucuzze, carciofi. Erano 240 gli ortaioli attivi a Roma, divisi in quattro settori: nord, sud, est, ovest».
Avvisaglie di racket? «Macché, tutti amici. Pure quel pentito, Schiavone, ha detto che finché c' ero io la camorra non è riuscita a mettere le mani sulla monnezza di Roma. Insomma, gli ortaioli arrivavano in città con le verdure per i mercati e tornavano in campagna con la monnezza. Ogni giro, che si pagava al Comune duemila lire, corrispondeva alla spazzatura di cinquecento famiglie. I giri migliori erano quelli di San Giovanni, borghesia che magnava e riempiva bei secchi. Un giro buono ingrassava fino a 160 chili 100-120 maiali l' anno.
Questa storia Cerroni l' ha scritta e inviata alla sindaca Raggi: «Perché non so chi le prepara i discorsi, dice un sacco di fregnacce. Vabbè, stai in rodaggio, ma impara». Sull' assessora Muraro è più possibilista: «È una monnezzara. Per dieci, dodici anni bene o male è stata negli impianti e ci capisce».
Invece nel nuovo amministratore Ama Solidoro non ripone grande fiducia: «Quel commercialista venuto da Milano? Non conosce neanche il secchio di casa sua». Va detto che anche lui ne sa poco di raccolta domestica. «Certo che facciamo la differenziata, ci pensa la donna. Ieri sera ho mangiato il melone e ho buttato la buccia nel contenitore sbagliato, ma lei mi ha corretto».
Nei tempi eroici degli ortaioli e dei cernitori, Cerroni fece una fulminea carriera che lo portò in cima alla piramide dei rifiuti. E a lui si rivolsero un potente direttore di giornale e un inflessibile ministro degli Interni con scabrosi problemi di nettezza urbana. Il primo chiamò perché la sua amante segreta era affranta: per sbaglio, la domestica aveva buttato nella spazzatura le focose lettere che lui le aveva spedito.
Si temevano scandali e ricatti. Il secondo chiese aiuto perché nella pattumiera della sua bella, altrettanto clandestina, era finito il sacchetto con le gioie di cui le aveva fatto omaggio. «Un dirigente di polizia con cui avevo fraternizzato nell' attesa del camion dei rifiuti mi disse che valevano 18 milioni. Ci credo che c' erano i celerini con le armi spianate». Efficiente e discreto, Cerroni reperì e restituì.
L' amante del direttore lo abbracciò: «Avvocato: per qualsiasi cosa, a disposizione».
Quel mondo antico termina con le Olimpiadi di Roma. Nel 1960 l' approccio alla monnezza diventa industriale: il Comune bandisce un appalto-concorso per la raccolta e il trattamento dei rifiuti. Lo vincono quattro società, una è quella di Cerroni. Anni dopo-dice lui-«Quelli delle altre tre società si sono fatti anziani, hanno venduto e io ho comprato. Ma questa storia del monopolista non mi sta bene: dove sono i concorrenti? Mica li ho ammazzati, sono solo il più bravo».
Nel 1964 affida a Leandro Castellani la regia di un film sul ciclo dei rifiuti nel suo futuristico stabilimento di Ponte Malnome. A vederlo oggi fa un certo effetto: differenziazione completamente automatizzata, riciclaggio spinto, biogas, metano. Vengono delegazioni da tutto il mondo, la Treccani cita il suo ciclo virtuoso.
Poi la politica, con la quale si è scambiato non pochi favori, gli si mette contro.«Con le giunte rosse, Pci e sindacati vogliono che la nettezza urbana sia pubblica, nel 1979 devo consegnare gli stabilimenti, vanno in tilt in pochi mesi. L' avevo detto a Petroselli che non potevano essere gestiti dalla pubblica amministrazione, erano come orologi da controllare notte e giorno.
A Natale del 1980 gli impianti sono in crisi, 300 camion non sanno dove scaricare. Petroselli chiama, ammette che avevo ragione e che nel Pci lui era contro il passaggio dal privato al pubblico. Ma mi minaccia: "Se non mi risolvi il problema dirò a tutti che quel porco democristiano di Cerroni ci ha boicottato".
E io glielo risolvo: trovo una cava abbandonata alla Cecchignola, allora bastava una firma dell' ufficiale sanitario. E poi apro Malagrotta: ecco, sono qui, datemi i rifiuti». Come il Mr Wolf di Pulp Fiction, l' avvocato Cerroni risolve problemi.
Il sospetto di un boicottaggio era anche ragionevole, come quello di malversazioni dei politici e degli amministratori. «L' allora pretore Amendola, l' ambientalista, mi chiese se secondo me avevano allungato le mani: gli risposi che c' era un dato da controllare, quello del personale. Nel giro di tre anni era più che raddoppiato e i sindacati volevano decidere tutto loro. Un venerdì santo s' erano impuntati per l' abbacchio in mensa».
Qualche politico l' ha riciclato in azienda, come l' ex presidente della Regione Bruno Landi finito anche lui nei guai giudiziari. E all' assessore regionale del Pd Mario Di Carlo, quello che nella mitica intervista a Report raccontava la comune passione per la coda alla vaccinara, aveva forse pensato di passare le consegne. Di Carlo è morto nel 2011 e Cerroni per ora non cerca eredi, fa tutto lui. Ma voleva bene a Di Carlo. «Solo io potevo capirlo.
Quando andò all' Ama mi disse "Ti rendi conto? Il figlio dello scopino è diventato presidente". Poi è morto dello stesso male del padre. In tre mesi». A parte gli affetti, quanti politici ha unto Cerroni? «Beh, nel momento dello sforzo democratico sono tutti passati di qua». Per sforzo democratico leggesi elezioni, per passati di qua leggesi batter cassa. Dei 35 incrociati, il sindaco che gli è piaciuto di più è Rutelli: «Perché è venuto a Malagrotta, e si è appassionato al progetto del biometano prodotto qui che poteva alimentare tutti i camion Ama, i mezzi pubblici e pure qualche auto blu».
Ha duellato anche con lui, quando non gli concedeva il cinquanta per cento nel consorzio per la raccolta differenziata. «Gli ho detto: "Tu sei come un principe siciliano spodestato, con le ghette sporche, e stai per inanellare una giovane sposa diciottenne con il latte che le schizza dal seno"».
Oltre al fatto che gli hanno scalzato il monopolio per fare spazio a poteri molto più forti del suo, il duro Cerroni non perdona a politici e amministratori l' indecisione, la prudenza sulla progettazione di nuove discariche e gassificatori che, guarda caso, aprirebbe lui.
Anche il mantra dei rifiuti zero non gli va giù: «Gli scarti di lavorazione ci saranno sempre, ma puoi utilizzare pure quelli, magari negli asfalti. E anche le discariche si riciclano, con le tecnologie di oggi potresti aprirne, richiuderne e riaprirne una perfino a piazza Venezia. Ma a Roma non è stato fatto niente, mandiamo tutto fuori: in Italia, Portogallo, Cipro, Marocco, Bulgaria e chissà dove altro. Come se gli scarichi di tutti questi camion non inquinassero.
malagrotta complesso discarica
Visitando Malagrotta, finiamo nel deposito del cdr, il combustibile da rifiuti ottenuto dall' indifferenziata (sui nastri scorre di tutto, segno che i romani non sanno o non vogliono fare la differenziata, magari anche qualcuno dei comitati contro i gassificatori):
Cerroni guarda le balle caricate sui camion con l' amarezza di un padre che vede i figli partire per un sacrificio inutile. Produrranno energia altrove, non qui, nel suo nuovo gassificatore bloccato. Forse mi sbaglio, ma sembra che dia una pacca a una balla, come a un cavallo. O forse sta solo leggendo l' etichetta con la destinazione.
discarica malagrotta roma daLaStampa