FATTI PIÙ IN LÀ - IL TWEET DI ORFINI CONTRO DE GENNARO E’ IL PRIMO PASSO VERSO LA ROTTAMAZIONE DEL POTENTE EX CAPO DELLA POLIZIA - SENZA NAPOLITANO AL COLLE, SUO GRANDE SPONSOR, RENZI VUOLE ACCOMPAGNARLO ALL’USCITA IN MODO SOFT

Nella sua lunga carriera in polizia, De Gennaro ha saputo costruire un rapporto sia con i leader della sinistra sia della destra: dal 2000 al 2007 (con i governi Amato e Berlusconi) è stato capo della polizia, dal 2007 capo di gabinetto di Amato al Viminale nel governo Prodi, ma poi capo dei Servizi col successivo governo Berlusconi…

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gianni de gennaro roberto gervaso (3) gianni de gennaro roberto gervaso (3)

Fabio Martini per "La Stampa"

 

Si è protratta per ore l’attesa di un segno di vita da parte del capo del governo, ma da Palazzo Chigi alla fine non si è mossa foglia. Un brutto segnale. Tutto era cominciato alle due del pomeriggio.

 

Il presidente del Pd Matteo Orfini è uscito allo scoperto con quel tweet fiammeggiante scagliato contro il presidente di Finmeccanica Gianni De Gennaro («vergognoso») e da quel momento - vista la rilevanza strategico-imprenditoriale della holding - i riflettori si erano spostati su Palazzo Chigi.

 

GIANNI DE GENNARO FOTO ANDREA ARRIGA GIANNI DE GENNARO FOTO ANDREA ARRIGA

DE GENNARO NAPOLITANO AMATO DE GENNARO NAPOLITANO AMATO

Una domanda su tutte: il Matteo presidente del Pd dice in chiaro ciò che il Matteo presidente del Consiglio non può pronunciare? È seguita un’attesa di ore, intervallata da qualche sussurro: «È tutta farina del sacco di Orfini....» e lo stesso De Gennaro si è interrogato sulla natura di quell’attacco. Attraverso canali informalissimi il presidente di Finmeccanica ha cercato di raccogliere qualche notizia e da esponenti renziani - ma non da Renzi - sono rimbalzate generiche rassicurazioni.

 

LA VOCE DEL PREMIER

Ma è altrettanto vero che a fine giornata contavano i fatti: il premier non aveva aderito, ma non aveva neanche sabotato la plateale sortita del presidente del suo partito. Un silenzio ispirato da cortesia verso Orfini o da leggere invece come un felpato consenso all’invettiva?

 

matteo orfini matteo orfini

La risposta è arrivata sul far della sera da Debora Serracchiani, voce ufficiale del mondo renziano: «Quella di Orfini è una posizione personale», ma la sentenza della corte europea «ci sollecita a cercare le responsabilità politiche di chi ha condotto quella dolorosa vicenda. Non parlo di dimissioni ma se siamo di fronte ad una responsabilità politica, se De Gennaro ne deve rispondere, lo valuterà in coscienza. Le persone che ricoprono ruoli importanti della società devono tener conto delle proprie responsabilità morali, che prescindono dalle assoluzioni».

 

MORAL SUASION

Parole da leggere come una implicita richiesta a De Gennaro di farsi da parte. La sortita serale della vicesegretaria del Pd dimostra che l’esternazione di Orfini non era stata un fuor d’opera, ma invece l’avvio di una moral suasion.

 

SERRACCHIANI A BALLAR SERRACCHIANI A BALLAR

Ancora presto per capire come si concluderà la vicenda, ma se il gruppo renziano porterà alle estreme conseguenze l’offensiva nei confronti di De Gennaro, questa sarebbe la prova che a Palazzo Chigi si intende estendere la pratica della «rottamazione» anche al di fuori del mondo della politica, persino nei confronti di un personaggio ancora potente come Gianni De Gennaro. Al quale l’aneddotica attribuisce, sia pure ad intuito e senza prove, una forte «deterrenza» nei confronti di tanti leader politici del passato per via dei segreti incrociati in carriera.

 

RENZI, BOSCHI, RENZI, BOSCHI,

UN PERSONAGGIO POTENTE

Gianni De Gennaro non è un personaggio qualsiasi. Nella sua lunga carriera in polizia, ha saputo costruire un rapporto sia con i leader della sinistra sia della destra: dal 2000 al 2007 (con i governi Amato dell’Ulivo e Berlusconi di centrodestra) è stato capo della polizia, dal 2007 capo di gabinetto di Amato al Viminale nel governo Prodi, ma poi capo dei Servizi col successivo governo Berlusconi.

RENZI E LETTA RENZI E LETTA

 

Il salto nel mondo dell’impresa avviene nel luglio del 2013: il governo di «unità nazionale» guidato da Enrico Letta lo nomina presidente di Finmeccanica, una nomina caldeggiata dal suo maggiore sponsor (Gianni Letta) e alla quale contribuisce anche il suo solido rapporto con gli americani, atout qualificante in queste holding. Nell’aprile 2014 Renzi non se la sente di rimuoverlo e lo conferma. Ma ora il passato che ritorna, lo rende una presenza ingombrante rispetto ad una opinione pubblica «protestataria» alla quale Renzi resta sempre sensibile.

 

 

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