FERMATE QUEL CAVALLO - LA RAI (ATTRAVERSO LA SIPRA) STA FACENDO MAN BASSA DI PUBBLICITÀ, VENDENDO SPAZI CON SCONTI DELL’80-90%, UCCIDENDO LA CONCORRENZA DEI GIORNALI - LA PUBBLICITÀ (TRANNE QUELLA WEB) È AI MINIMI VENTENNALI, E PER FINANZIARE LE TESTATE RIMANE SOLO LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA - GLI EDITORI VOGLIONO PROPORRE UN TAX CREDIT SULLA CARTA STAMPATA, DA SOSTENERE CON UNA GOOGLE TAX COME IN FRANCIA…

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Roberto Sommella per "Milano Finanza"

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Come accaduto con la tempesta finanziaria del 2009, che ha aperto le porte a investimenti di dubbia provenienza, il crollo della pubblicità nel settore dell'editoria fa paura. E non solo per gli inevitabili scossoni occupazionali che colpiranno tutti indistintamente, a cominciare dai grandi giornali di Rcs e Gruppo L'Espresso, ma anche per possibili contaminazioni criminali. A MF-Milano Finanza sono arrivate alcune segnalazioni che è giusto rivelare, anche se con la dovuta cautela.

Proprio nei giorni in cui Alessandro Proto presentava una manifestazione d'interesse, prima per una quota de Il Fatto Quotidiano (subito respinta) e poi per l'intero capitale di Pubblico (non andata a buon fine), è stata svelata la notizia che imprenditori dal pedigree non immacolato si sono fatti sotto per rilevare alcune testate giornalistiche. La prima sarebbe una voce storica del Nord, la seconda diffonde nel profondo Sud (ma sembra che ce ne siano anche altre nel Mezzogiorno).

LOGO SIPRALOGO SIPRAgubitosi-tarantolagubitosi-tarantola

In entrambi i casi le avance sono state decisamente rispedite al mittente. Ma il problema resta: senza capitali e pubblicità il vecchio adagio «pecunia non olet» può essere affascinante come l'acqua nel deserto. Sulla necessità di preservare i presidi democratici di chi pubblica quotidiani e settimanali non si scherza e il tema sarà sottoposto presto alle alte cariche dello Stato. Alcune risposte vanno però fornite subito. Tutti si interrogano su come arginare il crollo di spot e advertising.

Nei giorni in cui la Fieg, la Federazione italiana degli editori, ha lanciato la sua campagna per sensibilizzare la politica sulle sorti della carta stampata, molti editori hanno segnalato un dato preoccupante: la Rai, il colosso pubblico di Stato, guidato da Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, sta facendo man bassa di pubblicità attraverso la Sipra, vendendo gli spazi con sconti che vanno dall'80 al 90%.

Offerte imbattibili che, seppur lecite, rischiano di uccidere la concorrenza. E non quella di Mediaset, che al massimo arriva a uno sconto per gli spot sulle sue reti del 30%, bensì dei giornali, che con questi prezzi rischiano di restare completamente fuori dalla partita.

GoogleGoogle

Uno tsunami silenzioso. Viale Mazzini fa la sua battaglia per la sopravvivenza. Il Biscione si difende, forte anche del fatto che non ha tetti pubblicitari. In tutto questo la carta stampata è un vaso di coccio.

I dati sono d'altronde impietosi. Il mercato della pubblicità in Italia l'anno scorso si è fermato a 7,44 miliardi con un calo del 14,3% rispetto al 2011. Un valore che scende per la prima volta dal 2003 sotto gli 8 miliardi. Nessun mezzo di comunicazione, tranne il web (664,5 milioni, +5,3%), ha registrato un saldo positivo rispetto all'anno precedente. Le difficoltà del mercato si sono avvertite di più nella seconda parte del 2012.

viale mazziniviale mazzini

La débâcle è partita a luglio, accentuatasi in agosto (-20,4%) nonostante le Olimpiadi di Londra, e precipitata nel profondo rosso nei mesi seguenti fino a toccare il fondo a novembre (-23%). Solo a dicembre, in concomitanza che le vacanze natalizie, il trend è leggermente migliorato: -18%. Il terzo trimestre si è chiuso con un saldo negativo del 20,5% e il quarto del 21,1%. E il calo, è strutturale, avvertono gli esperti. Certe cifre non si vedranno mai più.

Ecco perché sta prendendo corpo una proposta che comincia a filtrare tra tutti gli editori: presentare al prossimo governo una precisa norma sulla detassazione degli investimenti pubblicitari sulla carta stampata (si pensa a un credito d'imposta del 50%, analogo a quello concesso nel settore del cinema con il Tax Credit) a patto che essi siano superiori all'anno precedente, coprendone i costi per l'Erario magari con una Google Tax. All'esecutivo andrà detto: se non ora, quando? L'alternativa è una guerra senza quartiere per gli ultimi spazi disponibili in un'Italia fiaccata dalla recessione e dal malaffare.

 

 

 

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