Pierluigi Diaco per il ‘Corriere del Mezzogiorno - Corriere della Sera’
Se tra moglie e marito non conviene mettere il dito, tra Luigi Di Maio e Roberto Fico mettercelo è inevitabile. Un dito che per la ghiotta occasione chiameremo Grillo, pronto a infilarsi, malgrado i due protagonisti neghino in privato, dentro quello spazio circoscritto che vede entrambi concorrere alla più ambita delle investiture pubbliche: quella di candidato premier del Movimento 5 Stelle, da scegliere coram populo.
Anzi: coram web. Grillo, quel dito ballerino, si è infilato in un bel guaio: per adesso, si limita a fare il solletico a tutti e due, ma in fondo tutti sanno che alla supponente autorevolezza di Luigi preferisce la finta e discreta umiltà di Roberto. Finta, sì, perché il Bello Fico dei Cinquestelle, anche se all’apparenza sembra sornione, rassicurante e dimesso, in verità è tutt’altro: remissiva è la forma che adotta per comunicare se stesso, spocchiosa la sostanza che usa come un grimaldello per farsi largo nella galassia pentastellata.
ANTONIO CAMPO DALL ORTO ROBERTO FICO
Prova ne è la presa di posizione netta contro di Maio che in queste ore si è lanciato pubblicamente in difesa della polizia finita sotto accusa per lo sgombero di centinaia di rifugiati africani dal palazzo di via Curtatone, nel centro di Roma. «Questa volta è troppo» sostiene l’antagonista Fico. E chi lo ha sentito al telefono, giura di aver trasmesso tutto il proprio disagio per le dichiarazioni del suo avversario.
luigi di maio con beppe grillo e roberto fico
Un bel guaio per Grillo, dicevamo. Perché Roberto Fico tiene la cazzimma nello scrigno segreto della sua personalità ombrosa e misteriosa. Ma l’onorevole (pardon, cittadino portavoce) non è privo di malizia e ambizione. Anzi, sembra ormai deciso a sfoderare entrambe, accompagnate dal sorriso piacione modello «Io-so-tutto-e-voi-no», per giocarsi la partita da candidato presidente del Consiglio contro il più strutturato Di Maio.
D’altronde l’arte dell’affilare i coltelli in vista del colpo da maestro Fico l’ha imparata guardando con attenzione cosa succedeva nelle cucine, quando era responsabile del personale di una società di ristorazione interna a un albergo quattro stelle Best Western. In quegli anni, oltre a imparare a gestire le risorse umane - e a valorizzare con cinica convenienza chi gli era alleato e chi no - ha sviluppato doti che, lo vedremo nei prossimi giorni, gli serviranno a far buon viso a cattivo gioco.
Archiviata la logica dell’uno vale uno, Fico punta su un ingrediente fondamentale per il grillismo ortodosso: il rapporto col territorio. Sembra di vederlo, mentre si presentava al tavolo di Beppe e Davide Casaleggio con il suo bottino di voti made in Campania e con la certezza che, non essendosi ancora speso mediaticamente come il suo collega-avversario Di Maio, il popolo della rete e di conseguenza gli elettori saranno curiosi di mettere alla prova un candidato ancora sconosciuto ai più.
Anche se alle scene pubbliche (televisive, soprattutto) Fico è abituato, eccome. Certo: non sempre recita come primo attore. Quel ruolo resta a esclusivo appannaggio di pochissimi (Di Maio, Di Battista, raramente la pasionaria Paola Taverna). Ma la sua è una presenza di peso, inutile negarlo. Presidente della commissione di vigilanza Rai, il napoletano Roberto è senza dubbio una delle creature meglio riuscite di Gianroberto Casaleggio.
roberto fico al karaoke di radio rock
È affidabile perché non pericoloso, leale perché riconoscente all’inverosimile, rincuorante perché poco temibile. E sotto il Vesuvio i grillini lo sanno bene. Scorriamo il curriculum: attivista dal 2005, in quell’anno il giovane Roberto fonda a Napoli uno dei 40 meetup «Amici di Beppe Grillo», sull’onda dei quali sarebbe poi nato il Movimento 5 Stelle.
Fra i suoi primari impegni, i comitati di difesa dell’acqua pubblica e la battaglia contro i rifiuti. Nel 2010 è il candidato dei Cinque stelle alla presidenza della Regione Campania, nel 2011 alla poltrona di sindaco di Napoli. Risultato? In tutti e due i casi è un mezzo disastro. Ai più appare un misto tra un volontario della Croce Rossa e un cantautore in erba: barba, passo felpato, una buona dose di flemma.
luigi di maio alessandro di battista roberto fico
Poi, la grande occasione: nel 2013 riesce a diventare deputato nelle file del Movimento, nella Circoscrizione Campania 1. I suoi, appena giunto in Transatlantico, lo candidano, senza successo ma pure senza scrupoli, alla poltrona più alta di Montecitorio. Laura Boldrini ha ovviamente la meglio, ma il Nostro è felice come una Pasqua perché entra a pieno titolo nella piccola riserva del’eterno totonomi da spendere sempre e dovunque.
beppe grillo e roberto fico a napoli
Fico c’è come Dio c’è sui cartelli autostradali: è un brand che serve a ricordarci che esiste, non si aspetta fede cieca. Ora, però, questo napoletano poco più che quarantenne che ha frequentato il liceo classico Umberto I di Napoli (e che ha nel cassetto una laurea in Scienze delle Comunicazioni e un master in «Knowledge management» al Politecnico di Milano) deve rimettersi a studiare ed è costretto a farlo pure con una certa velocità: il 24 settembre è vicino e per costruire una proposta credibile, seriamente alternativa a Di Maio, non può affidarsi solo alla percezione positiva di poche centinaia di iscritti al M5S che mal digeriscono il presenzialismo perfettino del vice presidente della Camera.
Roberto Fico, che è stato anche impiegato per un anno in un call-center della Vodafone, dovrà appellarsi a un bravo consigliere sulla comunicazione, capace di mettergli davanti «l’agendina che conta» dentro il Movimento e di iniziare a fare le telefonate giuste per convincere gli indecisi a sostenerlo. Attenzione, però, a non commettere lo stesso errore, frutto di una mai superata ingenuità, che una volta lo spinse a dichiarare cotanta puerile affermazione: «Sarebbe un successo se fossi l’ultimo presidente della commissione di Vigilanza Rai».
Era la sua prima conferenza stampa, la stessa in cui ribadì di voler «togliere le mani dei partiti dal servizio pubblico». Come prevedibile, quelle mani, forse solo un po’ più pulite del passato, sono rimaste. E la sua presidenza non sarà certo ricordata per i fantasmagorici risultati ottenuti. Ma la posta in palio è ancora molto alta. E tocca proprio a lui dimostrare che Fico, come la Rai, è «di tutto, di più».
ROBERTO FICO A IN MEZZORA DA LUCIA ANNUNZIATA ROSA CAPUOZZO - ROBERTO FICO il consiglio di amministrazione rai con roberto fico Roberto - Fico -foto-Corrieredelmezzogiorno-380x252 Roberto Fico alla Camera jpeg