IL FUTURO DEL PD E DEL GOVERNINO PASSA PER LA “DISTENSIONE” TRA RENZI FONZIE E RE GIORGIO NAPOLITANO

- I due si amano e si sono avvicinati solo durante le consultazioni - Ma dopo la nascita del governo, Renzi e Napolitano sono su fronti opposti: l’uno ha bisogno del voto per non logorarsi e l’altro vuole che l’esecutivo tenga - Ma se Matteuccio si mette contro il Colle, quanto dura la sua carriera politica?... -

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Claudio Cerasa per Rivista Studio

C'è poco da girarci attorno: quei due si devono incontrare, si devono parlare, si devono guardare negli occhi e molto semplicemente si devono chiarire.
Quei due però, al contrario di quello che potreste credere, non sono il Presidente della Repubblica e Silvio Berlusconi ma sono, per una serie di ragioni che vedremo, da un lato Giorgio Napolitano e dall'altro Matteo Renzi, cioè i due politici che in un modo o in un altro - se Berlusconi non staccherà la spina al governo nelle prossime settimane - avranno in mano il destino delle larghe intese.

napolitano renzinapolitano renzi MATTEO RENZI E GIORGIO NAPOLITANOMATTEO RENZI E GIORGIO NAPOLITANO

Il rapporto tra Renzi (il prossimo probabile segretario del Pd) e Napolitano (ovvero il Re della Repubblica, e dominus di questo governo) è complicato da decifrare e ha registrato molti alti e molti bassi in questi anni: Renzi ha sempre pensato (a ragione) che il Quirinale non avesse grande simpatia per lui; in tutti i colloqui privati avuti con il capo dello stato, il sindaco ha notato sempre una certa freddezza nei suoi confronti (Re George, si racconta, raramente lo guardava negli occhi);

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l'idea stessa della rottamazione per un signore di 88 anni non può che essere stata scrutata con una certa perplessità; e l'avvicinamento che si è manifestato tra il sindaco e il capo dello stato subito dopo le ultime elezioni (quando il Quirinale interpelló in prima persona Renzi per valutare la sua disponibilità a guidare un eventuale esecutivo di larghe intese) era dovuto principalmente da un lato all'alta popolarità di Renzi e dall'altro lato alla grande diffidenza che Napolitano nutriva nei confronti di Bersani.

NAPOLITANO E RENZI A FIRENZE jpegNAPOLITANO E RENZI A FIRENZE jpeg

Durante i complicati giorni delle consultazioni (quelle famose con il Wwf e con Saviano), il Quirinale ha in realtà molto apprezzato che in nome della realpolitik Renzi (e con lui tutti i suoi) si sia iscritto al partito di Napolitano (ricordando che l'unico modo per fare un governo e per non farsi mandare ogni giorno a quel paese da Grillo era allearsi con il Pd)l, e in quelle ore il Presidente della Repubblica (tramite Graziano Delrio) fece arrivare anche alcuni cenni di approvazione a Palazzo Vecchio.

Finita però la gestazione per la nascita del governo, le traiettorie di Renzi e Napolitano hanno cominciato a seguire due percorsi diversi: con il sindaco che per forza di cose, per evitare il famoso rischio logoramento, sogna di andare a votare il prima possibile; e con Napolitano che, per evitare il rischio di far precipitare il paese in una "drammatica" crisi di governo, ogni volta che apre bocca offre ai partiti segnali espliciti in merito alla "impraticabilità" dello scioglimento delle camere.

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Risultato? Dal punto di vista dell'inerzia politica Matteo Renzi, con la sua freschezza e la sua voglia di non diventare a scadenza come uno yogurt, potrebbe tranquillamente essere osservato sempre con più sospetto dal Quirinale, e Napolitano, alla lunga, potrebbe diventare un avversario del Rottamatore.

A meno che non voglia improvvisamente prendere la tessera del partito degli sfascisti, Renzi dovrebbe dunque capire che sul suo percorso peserà eccome il suo rapporto con il Presidente della Repubblica, e la sola idea di voler costruire in una fase complicata come questa una leadership che non sia in piena sintonia con Napolitano rischia di essere pericoloso, per non dire suicida.

E per questo, quando tornerà dalle sue vacanze americane, è evidente che l'unica strategia possibile che avrà il sindaco di Firenze per costruire la sua corsa alla leadership del centrosinistra (e per segnare una lontananza chiara dalle sirene del grillismo) è quella di declinare la sua proposta mettendo al centro del suo progetto politico l'approccio riformista suggerito in questi mesi dal Presidente della Repubblica; tornando a spiegare perché persone come Napolitano sono "rottamatori ad honorem" (definizione che lo stesso Renzi diede due anni fa del capo dello stato); e stabilendo con il Colle (e non in contrapposizione al Colle) i tempi per una sua vera discesa in campo.

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È vero, se Renzi diventerà segretario del Pd per il governo potrebbe cominciare davvero il conto alla rovescia; detto questo il sindaco deve ricordarsi che il timer di questo esecutivo oggi e domani sarà nelle mani del Quirinale, e per questo giocare con i tempi senza fare i conti con il Presidente della Repubblica per Renzi potrebbe essere l'inizio della fine della sua cavalcata politica.

 

 

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