DAGOREPORT
Emiliano Fittipaldi per editorialedomani.it
giorgia meloni alla fiaccolata per borsellino del 2019
Giorgia Meloni sostiene che la strage di via d’Amelio, in cui vennero uccisi dalla mafia Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, «è stato il motivo per il quale ho iniziato a fare politica». Un’affermazione che ha ribadito anche lo scorso 19 luglio, stavolta da presidente del Consiglio in carica.
A leggere le cronache giudiziarie in cui sono incappati i membri del governo e le infauste proposte sulla riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio, però, sembra che la premier abbia fatto strame della più importante lezione di etica politica del suo venerato maestro.
giorgia meloni con un ritratto di paolo borsellino a palermo
Da sempre di indole giustizialista come gran parte dei Fratelli d’Italia, da quando siede a palazzo Chigi Meloni si è trasfigurata in una turbo-garantista sul modello berlusconiano, quello che confonde la sacrosanta presunzione d’innocenza con una licenza d’impunità, riservata soprattutto a colleghi, potenti e colletti bianchi. Da ex fustigatrice, la premier giustifica la sua nuova postura con l’assunto che si è innocenti fino al terzo grado di giudizio, e che la fiducia politica non deve venir meno se non di fronte a una sentenza definitiva di colpevolezza: motivo per cui Andrea Delmastro, Vittorio Sgarbi o Daniela Santanchè, nonostante gli scandali, restano inchiodati alle loro poltrone.
(...) Borsellino aggiungeva dunque che oltre a quelli «del giudice esistono i giudizi politici», e che davanti a sospetti gravi di contiguità con il malaffare i governanti hanno un solo compito: «Trarre le conseguenze e fare piazza pulita al proprio interno di tutti coloro che sono raggiunti da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reato». Nella sua lezione, il giudice non fa riferimento solo alla mafia: i giudizi possono infatti riguardare anche «un alto burocrate che ha commesso favoritismi: potrebbe non aver commesso reato», ma dovrebbe essere messo comunque sotto «procedimento disciplinare perché non ha agito nell’interesse della buona amministrazione».
Ora, non c’è bisogno di una sentenza definitiva per affermare che il sottosegretario Delmastro abbia girato intercettazioni a divulgazione limitata al collega Giovanni Donzelli che con quelle ha poi attaccato in parlamento l’opposizione.
GIORGIA MELONI DANIELA SANTANCHE - MEME BY GRANDE FLAGELLO
(...)
Non è tutto. Non esisteranno contestazioni penali, ma è un fatto che il sottosegretario Claudio Durigon a cui Meloni ha affidato la riforma delle nostre pensioni abbia mantenuto rapporti con soggetti, imprenditori e professionisti rivelatisi anche in via diretta in rapporti con il clan Di Silvio di Latina (per questa frase il leghista ha querelato Domani per diffamazione, perdendo), o che Matteo Salvini – seppur mai indagato – abbia dato incarichi politici a filoputiniani che hanno provato a gestire l’operazione Metropol a favore della Lega. Ed è indubbio che il ministro delle Infrastrutture sia in rapporti stretti con i parenti che hanno preso consulenze d’oro per avvantaggiare imprenditori a caccia di appalti pubblici dentro Anas, da quello stesso ministero controllato. «Fatti inquietanti», direbbe Borsellino.
Meloni dell’insegnamento del giudice che ispirò la sua discesa nell’agone politico oggi sembra fregarsene. Lo dimostra la tutela di due condannati in via definitiva come Augusta Montaruli, vicepresidente della commissione di vigilanza sulla Rai, e il numero due del ministero dei Beni Culturali Vittorio Sgarbi, oggi nuovamente indagato per autoriciclaggio di opere d’arte.
(...) Sarà una fan di Borsellino, ma l’idea di giustizia ed etica pubblica di Meloni è molto diversa da quella del suo magistrato di riferimento.
giorgia meloni e vittorio sgarbi 2 VITTORIO SGARBI E GIORGIA MELONI giorgia meloni e vittorio sgarbi 1