INTORNO AL PNRR SI COMBATTE LA GUERRA TRA FITTO E GIORGETTI – IN ATTESA DI INCASSARE LE NUOVE RATE DEL RECOVERY DA BRUXELLES, SERVONO FONDI PER FAR PARTIRE I PROGETTI “RIMODULARI”. BALLANO 19 MILIARDI – IL DON ABBONDIO LEGHISTA NON VUOLE APRIRE LE CASSE DELLA RAGIONERIA E CHIEDE AL MINISTRO MELONIANO DI ATTINGERE DALLA “SUA” RISERVA, OVVERO DAI FONDI DELLA COESIONE – SULLO SFONDO C’È LO SCONTRO DI POTERE TRA IL MEF E PALAZZO CHIGI (OVVERO LA DUCETTA IN MODALITA’ “FASCIO TUTTO IO”)

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Estratto dell’articolo di Giuseppe Colombo per “la Repubblica”

 

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Uno, Raffaele Fitto, dice all’altro, Giancarlo Giorgetti: utilizziamo i “tuoi” soldi. All’inverso, il titolare dell’Economia invita il collega che gestisce il Pnrr ad attingere dalla “sua” riserva. Le volontà sbattono, non convergono. Divisi, i due ministri, sulla fonte di finanziamento chiamata ad alimentare il decreto per l’attuazione del nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza. E così ieri, per tutto il giorno, il provvedimento è rimbalzato invano tra le stanze della Ragioneria, al Mef, in cerca di coperture. Doveva arrivare stamattina sul tavolo del Consiglio dei ministri e invece no. Rinvio per disaccordo.

 

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I soldi della discordia sono i circa 19 miliardi, spalmati su più anni, che servono ad alimentare i nuovi investimenti (quasi 11 solo per il capitolo energetico RepowerEU), e quelli rimodulati nell’ambito della revisione del Piano approvata dall’Ecofin lo scorso 8 dicembre. In attesa di incassare le prossime rate che rimpingueranno progressivamente le casse pubbliche, per far avanzare questi progetti bisogna individuare altre coperture.

 

[…] Ma all’urgenza si contrappone la traccia della divergenza tra Fitto e Giorgetti. Il primo vuole ricorrere al Piano nazionale complementare (Pnc), il fondo “gemello” del Pnrr da 30,6 miliardi: tutte risorse nazionali, quindi debito. È il fondo che ricade sotto la supervisione della Ragioneria, di casa al ministero dell’Economia. Ma anche se il Pnc procede a rilento, quasi tutti i progetti sono agganciati a vincoli e obblighi, anche con l’Europa, che è difficile bypassare.

 

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La questione è anche politica, appendice della disfida, sopita ma mai estinta, tra Fitto e Giorgetti, iniziata con il trasferimento a Palazzo Chigi di molti dei poteri sul Pnrr che il governo guidato da Mario Draghi aveva assegnato invece al Mef. Insomma, il Pnc è territorio di Giorgetti.

 

Per questo l’invito - eufemismo - rivolto a Fitto è di scavare tra i fondi della Coesione. Solo che il fedelissimo di Giorgia Meloni ha tre problemi. Il primo è politico, riguarda il “suo” feudo, dato che le politiche di coesione rientrano tra le quattro deleghe del suo super ministero, insieme agli Affari europei, il Sud e il Pnrr. Il secondo è rappresentato dalle Regioni, soprattutto quelle riottose, come la Campania amministrata da Vincenzo De Luca: il governatore campano è arrivato a denunciare Fitto, accusato di «bloccare le risorse del Fondo di Sviluppo e coesione riservate al Sud».

 

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Il prelievo dall’Fsc è tormentato, anche perché altri presidenti di Regione non vogliono sottrarre fondi ad opere già avviate. E poi c’è l’Europa: il decreto, spiegano fonti di governo, è in stand-by anche perché «è necessario portare a termine alcune verifiche con la Commissione».

 

Tra i nodi c’è il problema di rispettare i criteri di assegnazione dei fondi di coesione, in particolare il vincolo dell’80% delle risorse al Sud. Al conteggio delle coperture vanno aggiunti altri 1,6 miliardi: servono a ripristinare per intero l’investimento Pnrr per i Piani urbani integrati (Pui). […]

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