“IO SIAMO” - L’ITALIANO SPERICOLATO DI PASSERA TRA GIOCHI DI PAROLE, BANALITÀ DA COLLEZIONE E LIBERTA’ DI PENSIERINO MA IL SUO RIFERIMENTO LETTERARIO RESTA SEMPRE IL CHECCO ZALONE DI “SIAMO UNA SQUADRA FORTISSIMI”

Dopo aver offerto invano il suo programma a Renzi, Passera ha vergato un manifesto politico del suo movimento che è un’avventura nel linguaggio tra calembour, illuminazioni vane e proposte vaghe - Ma perché la ricetta di Passera dovrebbe funzionare? Risposta: “Perché io siamo davvero speciali”…

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Marco Palombi per il “Fatto quotidiano

Corrado Passera Corrado Passera

 

Nel nostro paese, più o meno, la libertà di stampa è garantita. È probabilmente quasi solo per dimostrare questo assunto che le librerie da ieri ospitano Io siamo, libro che Corrado Passera ha voluto scrivere, o farsi scrivere, per i tipi di Rizzoli, casa editrice che ora - per dare un senso alla cosa - tenta di venderlo a 15 euro il pezzo.

 

L’opera in questione - un ponderoso tomo di 200 e dispari pagine, originariamente strutturata in dossier ma uscita in più tradizionale formato a capitoli - è il manifesto politico del movimento lanciato dall’ex ministro dello Sviluppo di Mario Monti, Italia Unica, ma insieme pure un’avventura nel linguaggio.

 

Lo stile è spericolatamente paratattico e al lettore potrebbe ricordare alcuni esperimenti narrativi di qualche decennio fa: roba realizzata con materiale spurio tipo titoli di giornale, frasi pubblicitarie, estratti del parlato, eccetera. Invece no. L’autore Passera (o chi per lui) - previa conversazione col tassista e/o col portiere - si lascia agire narrativamente da frasi semplici: frasi che, seppure elementari tanto nella sintassi quanto nel contenuto, nutrono un’altissima stima di sé.

checco zalone checco zalone

 

Torna alla mente Alberto Arbasino, il quale declinava il dettato costituzionale che oggi porta l’ex ministro in libreria in forma, per così dire, minimalista: “Libertà di pensierino”. L’autore di Io siamo, d’altronde, pensierina parecchio: “L’Italia ha bisogno di fiducia e speranza, che si costruiscono solo col coraggio della verità”; “il sogno è il progetto di ciò che vogliamo diventare”; “l’Europa non sono loro, siamo noi”; “l’idea del posto fisso a vita non è basata su alcun presupposto ragionevole”.

 

Non mancano vertiginosi giochi di parole (il welfare che rischia di diventare badware), sbigottite prese d’atto (“ci sono ancora sacche di disuguaglianza e orrore nel mondo”), domande coraggiose lanciate nel baratro della coscienza collettiva (“è proprio necessario che tutti i comuni abbiano il loro aeroporto, ospedale, teatro, università?”). Detto della lingua - che comunque, come si sa, in letteratura “è la cosa” - conviene capire perché il nostro si presenti ora, coraggiosamente, al mondo nell’inedita veste di capo partito, ma moderno e inclusivo (si veda il paragrafo “Una nuova leadership”).

 

Ce lo dice lui stesso, nel capitolo iniziale, saggiamente dedicato al tema: “Perché questo libro”. Per farla breve: s’era in febbraio e Passera aveva offerto il suo programma (rivoluzionario, ovviamente) a Matteo Renzi. Solo che “quell’offerta è caduta nel vuoto”. E lì - non si sa se proprio a lui o ai suoi consiglieri Lelio Alfonso (ex Rcs) e Carlo Fusi (ex Messaggero) - è venuto in mente che bisognava fare una cosa davvero nuova: un bel partito. Italia Unica, appunto.

il pupazzone di matteo renzi protesta a bruxelles durante il g sette il pupazzone di matteo renzi protesta a bruxelles durante il g sette

 

Stordente il viaggio in Italia in trenta tappe affrontato per parlarne in giro: da Pistoia (“coi florovivaisti”) a Genova, “Rutigliano e Napoli” - incalza Passera - “con gli artigiani ad Apecchio o gli imprenditori vitivinicoli a Grazzano Badoglio”. Tappa conclusiva? Dopo tutto quello spostarsi al Salone del Mobile, ovviamente.

 

Per rispondere alla domanda di senso scoperta ad Apecchio e Rutigliano, l’uomo responsabile del “Miracolo alle Poste” (vedi il relativo paragrafo) ha sparato il suo programma che prevede - oltre a inaudite sorprese come la riforma della giustizia, la semplificazione amministrativa, una vera spending review, la libertà di licenziare e tanta tanta meritocrazia - un piano choc per l’economia da 400 miliardi di euro. Potevano essere 500, ci informa Passera stesso, ma ha voluto tenersi basso. Avvertenza: nel riassunto qualcuno potrebbe avvertire tracce di già sentito.

 

MARIO MONTI VOTA PER IL QUIRINALE MARIO MONTI VOTA PER IL QUIRINALE

Cento miliardi sono fondi europei da investire in infrastrutture, risparmio energetico e lavori contro il dissesto idrogeologico; altri cento da decontribuzione degli straordinari, welfare aziendale e anticipi del Tfr; altri cento ancora sono pagamenti dei debiti della P.A. da realizzare attraverso una società ad hoc con 30 miliardi di capitalizzazione; altri cento miliardi sono maggior credito alle imprese garantito da Cdp.

 

Poi ci sarebbero un’altra cinquantina di miliardi di tagli di tasse (compresi i contributi previdenziali degli autonomi, incidentalmente aumentati dal governo in cui Passera era ministro) e una proposta un po’ vaga per mettere a rendita il patrimonio pubblico (vale “probabilmente” mille miliardi, ma “c’è chi dice meno, chi molto di più”, sic). Solo così, ci dice Passera, si torna alla crescita. Ma perché dovrebbe funzionare? Risposta: “Perché io siamo davvero speciali” (col che diviene chiaro che l’antecedente letterario di Passera è il Checco Zalone di “siamo una squadra fortissimi”).

 

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