“FERMEREMO SOLO I RAVE, IL DECRETO NON SARÀ ESTESO A OCCUPAZIONI E ASSEMBRAMENTI” – PARLA IL MINISTRO PIANTEDOSI: “IN OGNI CASO LA CONVERSIONE DEI DECRETI SI FA IN PARLAMENTO, NON SUI SOCIAL. PREDAPPIO? UNA PAGLIACCIATA CHE DEPLORO - I MIGRANTI? NON CI FAREMO CARICO DI QUELLI DELLE NAVI ONG” – E SULLA CURVA SVUOTATA ALLO STADIO DI MILANO DICE CHE…

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Fiorenza Sarzanini per corriere.it

 

Ministro Matteo Piantedosi, il suo decreto sui rave ha creato polemiche e proteste. Era proprio necessario?

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«L’obiettivo di queste norme approvate dal Consiglio dei ministri è allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei anche ai fini di dissuadere l’organizzazione di tali eventi che mettono in pericolo soprattutto gli stessi partecipanti — ricordo che a Modena si ballava in un capannone pericolante e si rischiava una strage — e finiscono per tenere in scacco intere zone, pregiudicando attività commerciali e viabilità. Dobbiamo garantire, in primo luogo, che i giovani possano divertirsi senza esporsi a pericoli per la loro incolumità e poi tutelare gli imprenditori che subiscono la concorrenza di chi agisce in spregio a qualsiasi regola».

 

Lo applicherete anche per le occupazioni nelle scuole e gli altri assembramenti?

«Credo sia interesse di tutti contrastare i rave illegali. Trovo invece offensivo attribuirci la volontà di intervenire in altri contesti, in cui si esercitano diritti costituzionalmente garantiti a cui la norma chiaramente non fa alcun riferimento. In ogni caso la conversione dei decreti si fa in Parlamento, non sui social. In quella sede ogni proposta sarà esaminata dal governo». In una settimana lei ha inviato una direttiva alle navi ong, bloccato una manifestazione all’università, ordinato lo sgombero di un rave.

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L’interventismo è la sua cifra?

«Il mio ruolo costringe ad affrontare situazioni contingenti e immediate. Non sempre si può programmare ciò che attiene alla sicurezza e all’ordine pubblico».

 

Perché non vuole essere chiamato prefetto di ferro?

«Il mio modello di gestione della sicurezza è: fermezza e dialogo, lasciando l’uso della forza pubblica come opzione estrema per evitare rischi peggiori. È il mio modo di agire da sempre. Come prefetto di Roma, ho gestito il tema degli sgomberi in questo modo, ottenendo senza tensioni risultati importanti: restituzione degli immobili occupati da anni ai legittimi proprietari, preoccupandoci di dare una casa a tutti coloro che ne avevano diritto e bisogno.

 

E senza utilizzare la forza pubblica. Per me ciò che più conta è il rispetto, soprattutto delle regole, dell’altro diverso da te, dello Stato e di chi lo rappresenta con una divisa, una toga, un camice, o svolgendo un servizio di pubblica utilità».

matteo piantedosi matteo piantedosi

 

Marca la discontinuità?

«Questo governo ha ottenuto un forte mandato elettorale dai cittadini su temi precisi. So cosa devo fare. La tutela della sicurezza è una priorità per la coalizione che ha vinto le scorse elezioni. Occorre agire su più fronti contemporaneamente, rafforzando la presenza delle forze di polizia nelle nostre città ma anche affrontando questioni come il degrado urbano, le fragilità e le marginalità, le difficoltà dei nostri giovani, operando insieme con il mondo della scuola e della cultura».

 

Molti analisti temono proteste di piazza e tensioni sociali.

«Gestire le piazze è sempre un compito estremamente delicato. Abbiamo delle forze di polizia che hanno dimostrato anche recentemente durante le manifestazioni nella fase pandemica di saperlo fare con equilibrio ed autorevolezza. Da parte mia ho richiamato l’esigenza di proseguire lungo questa strada garantendo a chiunque il diritto di esprimere il proprio pensiero a maggior ragione se di dissenso, purché avvenga nel rispetto della legalità e soprattutto senza pregiudicare le libertà altrui».

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Però a Predappio non siete intervenuti.

«Si tratta di una manifestazione, una pagliacciata, che deploro nella maniera più assoluta. Si svolge da anni, senza incidenti e sotto il controllo delle Forze di polizia. È accaduto con analoghe modalità e numeri anche in anni in cui al governo vi erano personalità politiche che ora esprimono indignazione. Posso assicurare che le forze di polizia segnaleranno all’autorità giudiziaria tutti gli eventuali comportamenti in violazione delle disposizioni vigenti».

 

Non crede che ci sia una nostalgia pericolosa?

«Viviamo in un Paese democratico con istituzioni solide e una Costituzione repubblicana in cui si riconoscono tutti i partiti politici. Abbiamo gli anticorpi per sconfiggere chiunque voglia andare in un’altra direzione».

 

Crede davvero che alla Sapienza fosse necessario l’uso della forza?

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«C’era da impedire l’assalto a un convegno regolarmente autorizzato. Le forze di polizia sono intervenute per evitare il contatto rischioso tra gli organizzatori del convegno e i manifestanti. La professionalità e la sensibilità di chi opera sul campo e deve prendere decisioni in pochi istanti va sempre rispettata e le decisioni assunte non possono pregiudizialmente essere messe in discussione.

 

Pur di fronte alle spiacevoli immagini del contatto fisico tra poliziotti e manifestanti, non abbiamo avuto nessun ferito tra i manifestanti. Io continuerò a garantire che nelle università, nelle piazze, nei confronti pubblici ognuno possa liberamente manifestare il proprio pensiero in piena sicurezza».

 

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Perché non lo avete garantito allo stadio di Milano quando i capi ultras dell’Inter hanno sgomberato la curva?

«In alcuni casi se la forza pubblica non interviene nell’immediatezza è solo perché viene effettuata una valutazione ponderata sul rischio di tale scelta. In uno stadio è sempre preferibile evitare interventi che potrebbero generare situazioni di gravissimo pericolo. Quando sono presenti decine di migliaia di persone la prudenza è d’obbligo.

 

La recente tragedia a Seul insegna che la calca può portare a conseguenze drammatiche. La questura di Milano sta svolgendo approfonditi accertamenti anche utilizzando il sistema di videosorveglianza di cui lo stadio milanese è capillarmente dotato che stanno già indirizzando verso l’individuazione di eventuali responsabili dell’accaduto».

 

Al largo dell’Italia ci sono due navi cariche di migranti. Consentirete lo sbarco?

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«Abbiamo agito sin da subito per dare un segnale immediato agli Stati di bandiera: non possiamo farci carico dei migranti raccolti in mare da navi straniere che operano sistematicamente senza alcun preventivo coordinamento delle autorità.

 

Al momento questi eventi rappresentano il 16% delle persone sbarcate in Italia. Ma poiché ci facciamo già carico del restante 84% dei migranti arrivati sulle nostre coste, con altri mezzi o salvati da noi, auspichiamo che la tanto sbandierata solidarietà europea si realizzi. E non solo attraverso i ricollocamenti, peraltro finora sostanzialmente falliti, ma anche accettando di farsi carico dell’accoglienza di quella minima parte che sostanzialmente mette piede per la prima volta in quegli stessi Paesi europei ai quali appartengono le navi che li raccolgono in acque internazionali. Non derogheremo mai ai nostri doveri di salvataggio delle persone in mare, ma crediamo sia arrivato il momento che la solidarietà europea diventi finalmente concreta».

 

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E al di là dei divieti, come pensa di affrontare i flussi di migranti?

«Io sono convinto che sia necessario bloccare le partenze e verificare nei Paesi di origine e di transito chi può e chi deve arrivare, assicurando un trasferimento ordinato e un vero inserimento sociale. Credo che questa azione vada accompagnata dalla programmazione e dalla offerta di adeguati ingressi legali. Sono gli Stati che devono governare i flussi di ingresso che, se regolari, servono anche al nostro Paese».

 

Lei è un tecnico ma è stato indicato dalla Lega. Si sente in quota?

«Sono un prefetto, non ho una storia di partito. Sento di essere un servitore dello Stato e sono consapevole di essere stato chiamato a svolgere un ruolo importante nell’ambito di governo con una precisa linea politica fondata sul voto degli elettori. A Matteo Salvini mi lega un rapporto di amicizia oltre che di gratitudine per la fiducia che mi ha sempre dimostrato».

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