LO SCHIAFFONE DI LUIGI DI MAIO A GIUSEPPE CONTE
1 - GIUSEPPE CONTE "NON MANDO VIA LUIGI, SI CACCIA DA SOLO PARLARE CON DRAGHI NON È POSSIBILE"
Federico Capurso per “la Stampa”
Deve aver vissuto un déjà vu, Giuseppe Conte, quando ieri mattina ha visto le immagini di Luigi Di Maio attorniato dai cronisti in piazza del Parlamento. Lo stesso luogo in cui, nel gennaio scorso, dopo la rielezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica, si era consumato il primo strappo tra i due. Stesso luogo, stessi toni incendiari.
Ma stavolta nessuno intorno a Di Maio, nemmeno tra i suoi fedelissimi, si spinge a dire: «Luigi non lascerà mai il Movimento». Una frase che negli anni più turbolenti vissuti dall'ex capo politico M5S era diventata un punto fermo di ogni prospettiva politica, una convinzione incrollabile su cui si infrangevano polemiche e schermaglie interne. E che in queste ore, invece, non si vuole ripetere.
luigi di maio giuseppe conte meme by carli
Conte è spiazzato, «ma non lo cacciamo via», assicura parlando con La Stampa, perché «in realtà Di Maio si sta cacciando da solo». Aveva notato, in mattinata, la dichiarazione con cui il senatore del Pd Andrea Marcucci benediva la possibilità di un'alleanza con «un Movimento di Di Maio». I suoi collaboratori gli avevano portato l'agenzia e Conte, adesso, unisce i puntini: «È un assist centrista, un bacio telematico. Si parla di movimenti al centro, si vedrà cosa succederà».
L'ex premier è convinto che Di Maio elettoralmente non abbia peso. Potrebbe entrare nel grande centro, è vero, ma un conto è farlo al fianco di Carlo Calenda, Giancarlo Giorgetti e Mara Carfagna, con cui - sostiene Conte - non avrebbe davanti a sé floridi orizzonti elettorali. Diverso, invece, sarebbe se in questa forza politica entrassero anche governatori di peso come i leghisti Massimiliano Fedriga e Luca Zaia.
L'ipotesi di una scissione è davvero concreta. Si potrebbe consumare il 21 giugno, quando Mario Draghi sarà in Parlamento e la maggioranza dovrà votare una risoluzione in cui Conte vorrebbe inserire lo stop all'invio di altre armi all'Ucraina. Qualcuno ventila anche l'ipotesi che i Cinque stelle, in quell'occasione, possano provocare una crisi, ma l'ex premier allontana certe suggestioni: «Macché usciamo! È vero, tutti mi chiedono di farlo, ma io non sono uno che gioca partite doppie. E vi sembro poi un antiatlantista e antieuropeista? Non lo sono affatto e non lo sono mai stato».
I rapporti con palazzo Chigi però sono ridotti all'osso, lo riconosce lo stesso leader M5S: «Il problema vero, con Draghi, è che manca una dialettica politica.
Noi abbiamo un gigantesco problema di politica economica, ma che cosa vuole fare il governo, qualcuno lo ha capito? Io no, perché Draghi non lo spiega».
Per Conte, sopra ogni cosa, «manca un luogo nel quale discutere. Ormai sono saltate anche le cabine di regia, mentre c'è una recessione alle porte. È questa una sana democrazia?».
Niente di personale, assicura, «io non ce l'ho con Draghi, ma lui deve ascoltarci e trovare luoghi nei quali questa dialettica politica si deve sviluppare, perché altrimenti, così, non possiamo andare avanti».
LUIGI DI MAIO - BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE
L'ex premier è concentrato sull'attività di governo e sulle risposte che il Movimento deve dare ai cittadini, perché anche da qui passa il risultato deludente delle Amministrative. Conte a La Stampa non nasconde che «abbiamo avuto una scarsa performance elettorale alle Amministrative, su questo non ci sono dubbi».
Lo ripete anche per scacciare l'accusa di non volersi assumere la responsabilità della sconfitta, lanciata ieri da Di Maio. Però, aggiunge, «abbiamo studiato un'analisi molto approfondita del voto e quello che viene davvero fuori con forza è il peso dell'astensionismo», dice. Un peso che grava soprattutto sulle spalle dei Cinque stelle: «I nostri elettori sono i più astensionisti, rispetto a tutti gli altri partiti, ma questo è un problema che riguarda tutta la nostra democrazia».
luca zaia e massimiliano fedriga 3
L'astensione in alcune città, come a Palermo, «è arrivata al 60% - fa notare ancora Conte -. Dobbiamo tutti fare una grande riflessione». Nel frattempo, i tentativi di riallacciare i fili tra Conte e Di Maio falliscono, uno dopo l'altro. Interviene anche Beppe Grillo, ma il Garante non ha certo il carattere più adatto a smussare gli angoli e ricomporre le fratture. Ieri mattina ha cercato Di Maio, senza riuscire a parlarci.
Poi nel primo pomeriggio ha chiamato Conte e il senso del messaggio recapitato è questo: «Se non vuoi ricucire con Luigi, ne hai tutto il diritto, ma preparati alle conseguenze. La responsabilità è tua». Un via libera ruvido, in cui resta sommersa una marea di obiezioni, ma il leader M5S di più non poteva chiedere.
2 - LE DUE VISIONI INCONCILIABILI SU GOVERNO E FUTURO DEL M5S CON L'OMBRA DI UNA SCISSIONE I DUELLANTI A 5 STELLE
Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera”
LUIGI DI MAIO E GIANCARLO GIORGETTI AD ATREJU
Quello di ieri è solo il gong: è l'inizio di un duello che potrebbe protrarsi a lungo (e che ha radici antiche, che partono dal governo gialloverde). Giuseppe Conte e Luigi Di Maio sono metaforicamente come due pugili pronti a darsele di santa ragione, tutti e due in nome del Movimento.
Stavolta il ministro degli Esteri ha atteso, non ha agito d'impulso come fu a gennaio per il Quirinale: ha soppesato le parole del presidente. Ha guardato i risultati elettorali, ipotizzato l'andamento dei Cinque Stelle, sentito le giustificazioni del leader (comprese le interferenze dovute alle tensioni interne), ascoltato i parlamentari a lui vicini. E si è mosso.
luigi di maio giuseppe conte gaetano manfredi alla pizzeria da michele
I vertici sono rimasti «sorpresi» dalla tempistica, visto che le dichiarazioni del ministro sono state rilasciate in un «giorno importante» per la politica estera e sottolineano anche come siano sembrate inappropriate le frasi sulla democrazia interna.
Secondo l'inner circle che guida il M5S a spingere il titolare della Farnesina sono le votazioni sul tetto dei due mandati (la norma che vincola gli stellati a fare solo due legislature da politici di professione, limite che molti M5S hanno raggiunto) e il fatto che Conte non abbia voluto esprimersi in difesa dei big. I dimaiani fanno spallucce: sorridono all'idea che Di Maio possa essere spaventato dai due mandati. E aprono una questione politica: c'è chi parla di visione del Paese, chi di mancata inclusività, chi di «progettualità assente».
giuseppe conte e luigi di maio con la card del reddito di cittadinanza
La sensazione che circola nel Movimento è che ci siano due idee radicalmente diverse, inconciliabili, della rifondazione stellata (voluta anche da Di Maio).«Luigi ha detto cose giuste, ma nel modo sbagliato», dicono alcuni insospettabili. Di sicuro il tema dei due mandati infiamma anche chi si è schierato con Conte ed è alla seconda legislatura. Diversi sono i big a rischio. Il presidente è deciso ad andare avanti: vuole un partito compatto con volti nuovi e una nuova identità. Il ministro, invece, teme che gli stellati si stiano infilando in un vicolo cieco, con una identità indefinita e con un blocco monolitico ai vertici miope nei confronti delle altre sensibilità.
Cosa accadrà ora? Le espulsioni non sono una carta sul tavolo. E poi, viste le controversie legali in atto che indirettamente limitano l'azione dei probiviri, al momento la sanzione più probabile potrebbe essere una sospensione per eventuali dissidenti. La scissione è una carta che va tenuta in considerazione, ma non con tempi rapidi. Ciò che è certo è che una scissione spaccherebbe in modo irrimediabile il Movimento.
Ci saranno altri round. Il primo, che potrebbe far precipitare la situazione, è tra soli quattro giorni. La risoluzione sull'Ucraina del 21 giugno potrebbe essere uno spartiacque. Le frasi sull'antiatlantismo contiano sono solo l'antipasto.
luigi di maio giuseppe conte by osho
Le due visioni si scontreranno e potrebbero nascere polarizzazioni con percorsi opposti. «L'Italia ha bisogno di un sistema politico che sappia mettersi in discussione per dar vita a una fase costituente e affrontare le riforme di cui il Paese ha bisogno. Il leaderismo ha fallito», dice Vincenzo Presutto. Per il senatore «il Movimento è morto, quello che sta nascendo è qualcosa di anacronistico».
LUIGI DI MAIO GIANCARLO GIORGETTI
Il round successivo potrebbe arrivare una settimana dopo proprio con la votazione sul limite dei due mandati. Al momento, secondo le indiscrezioni, l'ipotesi più probabile è che agli attivisti venga prospettata una possibilità di inserire eventuali deroghe per meriti. «Una lista di nomi ancora non c'è», assicurano nel partito.
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