Mattia Feltri per “La Stampa”
Che l'onestà in politica sia una questione largamente sopravvalutata o quantomeno mal posta, noi qui lo sappiamo da tempo.
La mistica delle mani pulite è una cretinata da podio olimpico: fare politica significa sporcarsele, e lo si scopre studicchiando qua e là, oppure dandosi da fare, come dev' essere successo al nostro Luigi Di Maio, indicato dal premier albanese Edi Rama come un contrabbandiere fatto e finito.
Non un banale abuso d'ufficio, per mandare avanti una pratica utile a tutti, tranne alla legge, ma proprio un contrabbandiere, e di vaccini.
Rama ha raccontato che l'Albania ne era priva, la popolazione terrorizzata, e così chiese a Di Maio di fargliene avere un po' sottobanco. Il contratto con Pfizer ci impediva infatti di ridistribuirne e Di Maio - uomo di marmorea rettitudine - disse no, sarebbe un reato gravissimo, ma infine fu mosso da pietà e solidarietà e infranse la legge.
Ora io spero soltanto che qualche magistrato con molto tempo libero non si industri a fare luce, e non infili il potenziale inquisito in qualche pluriennale indagine, mentre sono certo che Di Maio avrà compreso il concetto della separazione fra politica e morale, e soprattutto fra morale e giustizia: non dare i vaccini agli albanesi sarebbe stato morale perché un politico è tenuto a rispettare la legge più di un cittadino comune, darglieli è stato morale perché esiste una legge di fratellanza umana superiore a qualsiasi legge scritta nei codici.
Un uomo che rispetta la legge non è necessariamente un uomo migliore: se Di Maio l'avesse rispettata, ora avrebbe le mani pulite; non l'ha rispettata, e le ha pulitissime.
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