“LA MORTE DEL CAV È USATA COME ARIETE PER DESTABILIZZARE FORZA ITALIA, L’INTERO CENTRODESTRA E IL GOVERNO” - BELPIETRO ANNUSA UN TENTATIVO DI FAR CROLLARE L’ESECUTIVO MELONI: “LA STRATEGIA RIMANE QUELLA CHE HA SEGNATO GLI ANNI DI BERLUSCONI: UN ATTACCO SU PIÙ FRONTI, CERCANDO DI OTTENERE LA CADUTA DI UN ESECUTIVO LEGITTIMAMENTE ‘ELETTO’ DAGLI ITALIANI E LA SUA SOSTITUZIONE CON UNA FIGURA ISTITUZIONALE CARA ALLA SINISTRA, AI POTERI FORTI E A BRUXELLES. TUTTO GIÀ VISTO E SPERIMENTATO. MA QUESTA VOLTA, A DIFFERENZA CHE CON MONTI, NESSUNO DI NOI HA VOGLIA DI FARE I COMPITI A CASA.

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1 maurizio belpietro tommaso gentile 1 maurizio belpietro tommaso gentile

Estratto dell’articolo di Maurizio Belpietro per “la Verità”

 

Dopo averlo avversato per oltre un quarto di secolo, ora che è morto non solo la sinistra forcaiola non si rassegna a rispettarne la memoria, e provvede a insultarlo e attaccarlo come se fosse ancora un avversario da temere, ma addirittura spera di poterlo usare in funzione anti Meloni. L’avvisaglia di ciò che ci aspetta, ovvero un soffiare sul fuoco per far divampare l’incendio dentro Forza Italia e dare alle fiamme l’intero governo lo ha fornito l’altro ieri Repubblica […]

 

silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

[…] il quotidiano della famiglia Agnelli ha voluto sottolineare che dalla crisi del partito fondato dal Cavaliere potrebbe derivarne una del governo. Fin dalla prima pagina, il giornale diretto da Maurizio Molinari agitava lo spettro di un esecutivo tecnico, «dopo il terremoto che travolgerà Forza Italia».

 

[…] Più o meno quel che successe nel 2011, quando Silvio Berlusconi fu costretto a farsi da parte dopo la scissione provocata da Gianfranco Fini con lo zampino di Giorgio Napolitano. Al Cav mancarono i numeri.

 

giorgia meloni silvio berlusconi matteo salvini giorgia meloni silvio berlusconi matteo salvini

O meglio: per un soffio, grazie agli Scilipoti arruolati da Denis Verdini, riuscì a evitare il voto di sfiducia, ma subito dopo iniziò un’altra offensiva, con la Borsa e i titoli di Stato sotto pressione e la traballante maggioranza fu costretta alla resa. Berlusconi salì al Colle per gettare la spugna e il suo posto fu preso da Mario Monti, che nessuno aveva eletto, ma il cui mandato era benedetto da Bruxelles e sostenuto da quell’establishment di cui il Cavaliere non ha mai fatto parte. Fu l’inizio dei governi del presidente, ribattezzati anche di unità nazionale, un’ammucchiata necessaria per evitare le elezioni e utile a non rendere conto del proprio operato agli italiani.

silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

 

[…] In pratica, si tratterebbe di soffiare sul fuoco dei conflitti interni, magari agevolando l’uscita di qualche onorevole scontento del nuovo corso, cercando di indirizzarlo verso lidi esterni al centrodestra. Sottomano c’è sempre Azione di Carlo Calenda, dove sono da tempo approdate Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna, ma a cercare di sedurre i parlamentari in uscita potrebbe essere anche Matteo Renzi, il cui sogno resta quello di prendere il posto di Berlusconi e di spostarsi al centro per essere l’ago della bilancia fra i due poli. Riuscire a far franare un pezzo di centrodestra renderebbe instabile la maggioranza […]

 

MATTEO RENZI CARLO CALENDA MATTEO RENZI CARLO CALENDA

[…] La morte del Cav è usata come ariete contro la sua creatura e anche contro il suo impero. Obiettivo, destabilizzare l’intero centrodestra, alimentando sospetti e conflitti. Far vacillare il partito più debole della coalizione, paventando anche il rischio che il gruppo di controllo di Mediaset non sia così saldo e possa essere minacciato da una scalata, equivale a mettere nel mirino il partito-azienda, con le possibili ricadute sul governo di Giorgia Meloni.

 

Insomma, la strategia rimane quella che ha segnato gli anni di Berlusconi: un attacco su più fronti, cercando di ottenere la caduta di un esecutivo legittimamente «eletto» dagli italiani e la sua sostituzione con una figura istituzionale cara alla sinistra, ai poteri forti e a Bruxelles. Tutto già visto e sperimentato. Ma questa volta, a differenza che con Monti, nessuno di noi ha voglia di fare i compiti a casa.

 

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