“NON SCALDO LA SEDIA, NON MI FARÒ INTRAPPOLARE DA QUELLI LÌ” - SBIRCIATI I SONDAGGI CHE NON ESCLUDONO IL CAPITOMBOLO ALLE EUROPEE, GIORGIA MELONI IN PIENO DELIRIO DA OTOLITI IN SUBBUGLIO “SCOATTA” CONTRO I POTERI FORTI EVOCANDO IL SOLITO COPIONE FATTO DI TRAME, OMBRE E FANTASMI – DOPO L’ATTACCO DI SALVINI A MATTARELLA LA DUCETTA RESTA IN SILENZIO PER NON DIVIDERE ULTERIORMENTE LA DESTRA, MA DEVE FARE I CONTI COL POSSIBILE FLOP DEL G7, LA VOGLIA DI FUGA DI GIORGETTI E GLI ALLARMI DI BANKITALIA PER L’ALTO DEBITO  – LA SORA GIORGIA, COI NERVI A FIOR DI PELLE, NON ESCLUDE DI PORTARE TUTTI AL VOTO
A INIZIO 2025. UN PESSIMO RISULTATO ALLE EUROPEE LA RENDEREBBE PIÙ IRRILEVANTE NELLE…

Condividi questo articolo


 

Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti

 

giorgia meloni urla giorgia meloni urla

È un periodaccio. Di tensione e cattivi pensieri. Di sondaggi riservati che fortunatamente nessuno può pubblicare. Non ne va bene una. L’ultima, ieri, gravissima, con Matteo Salvini che attacca Sergio Mattarella. Una follia, per Giorgia Meloni. Un conto è mostrarsi sovranisti e nazionalisti, come fa la premier a dispetto del Presidente, un altro scagliarsi contro il Colle.

 

Per ore, valuta se difendere il Capo dello Stato. Ha un contatto con il suo vicepremier, aspro, chiedendogli di correggersi. Alla fine, evita di esporsi pubblicamente. Non ci sarà neanche, almeno fino a sera, un colloquio telefonico con il Presidente per esprimergli solidarietà e dissociarsi dai leghisti.

 

 

La verità è che resta in silenzio per non dividere la destra. Contestare l’alleato costerebbe troppo in termini politici, costringendola in vesti istituzionali che da giorni prova a scrollarsi di dosso. Ma quanto imbarazzo, nel suo tacere.

 

 

 

Fosse solo per Salvini, poi. Cattivi pensieri ruotano attorno a un G7 che sta facendo impazzire gli sherpa e che rischia di trasformarsi in un mezzo flop. Pessime vibrazioni arrivano dal Tesoro, che ha comunicato in via riservata a Palazzo Chigi un dato incontrovertibile e brutale: non c’è un euro in cassa, allacciamo le cinture per la prossima legge di bilancio. Non ne va bene una e Meloni è comunque lì, consapevole e arrabbiata, a giocarsi tutto.

GIORGIA MELONI - IGNAZIO LA RUSSA - SERGIO MATTARELLA - LORENZO FONTANA GIORGIA MELONI - IGNAZIO LA RUSSA - SERGIO MATTARELLA - LORENZO FONTANA

 

 

Ha trasformato il voto in un referendum, il 10 giugno come Festa della Consacrazione: la premier contro il resto mondo. Sogna un plebiscito, ma teme un capitombolo. Deve urlare, strappare, provocare. Se vince, nessun prigioniero. Se perde, chissà. Ormai non esclude neanche una tentazione per ora indicibile, che inizia a circolare come sfogo: imitare Pedro Sanchez e Rishi Sunak, portare tutti al voto all’inizio del 2025. Per adesso, basti lo slogan ripetuto a chiunque la incroci: «Non scaldo la sedia, non mi farò intrappolare da quelli lì». Sarebbero i soliti, innominabili poteri forti, nemici esterni e finti amici annidiati tra le mura del palazzo. Fantasmi.

festa al quirinale 2024 giorgia meloni sorseggia festa al quirinale 2024 giorgia meloni sorseggia

 

Sabato sera, in un angolo poco illuminato dei giardini del Quirinale, c’è la sorella Arianna. La cerca: «Ma Giorgia dove sta?». Telefona, la rintraccia. La leader è comoda su una poltroncina. Qualcuno le allunga un calice pieno fino all’orlo. Bollicine. Meloni ci pensa un attimo. Da settimane si tormenta con una dieta ferrea, è tornata anche ad allenarsi in palestra, capita che si presenti a Palazzo Chigi attorno alle 11. Guarda il calice, di nuovo. Cede. In un lungo, unico sorso.

 

 

Tutti domandano in queste ore: perché il plebiscito? Perché personalizzare, buttare a mare ogni remora istituzionale, alzare la voce? Intanto per le previsioni che circolano nel partito. 

 

 

(...) Un segnale concreto è invece arrivato dal Tesoro. Non c‘è un euro per fare politica, il senso dell’allarme. La voglia di fuga di Giancarlo Giorgetti di solito anticipa sconvolgimenti politici: è andata così con il Conte uno, il Conte due e l’esecutivo Draghi. Bankitalia tre giorni fa ha avvertito del rischio per l’alto debito, frutto di una congiutura a tenaglia: basta con la flessibilità dell’era Covid, c’è una procedura d’infrazione in arrivo e le nuove regole del Patto a strozzare i sogni di gloria di Palazzo Chigi. «I ministeri sono in affanno da tempo, non va bene», è l’analisi che spesso Meloni consegna allo staff.

 

giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale

 

E poi c’è il G7. Ne parla poco anche la premier, ormai, dopo averne fatto una bandiera di consenso. C’è una ragione, nota alle diplomazie alleate: finora gli sherpa hanno mancato gli obiettivi prefissi. Non riescono a trovare un compromesso ragionevole sugli asset russi, a causa delle resistenze degli europei. Gli americani, che premono per gli “Ukraine bond”, sono furiosi. Per non parlare della linea italiana sulle armi, le uniche che devono frenare la gittata e non possono oltrepassare il confine ucraino. Roma sembra isolata, ma c’è poco da fare. “Noi dobbiamo pensare anche alle decine di imprese italiane che operano in Russia”, confidava Antonio Tajani parlando con Guido Crosetto al Colle. «La linea non cambia», annuiva il ministro.

arianna meloni arianna meloni

 

Meloni e il richiamo della foresta

 

Ecco perché Meloni spinge sui social, gioca a “TeleMeloni” e attacca La7, urla contro “Elly” e si presenta come “la stronza” a Vincenzo De Luca: non può rischiare il fallimento, non può restare sotto il 26%. Ha anche accelerato sui decreti, ignorando i dubbi del Colle e sfidando i giudici, generando tensioni tra emissari del governo e del Quirinale (raccontano fonti dell’esecutivo di un recentissimo e movimentato colloquio telefonico tra Alfredo Mantovano e il segretario generale del Colle Ugo Zampetti). Tutto, pur di difendere il consenso.

 

giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 7 giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 7

Quando le cose vanno male, soltanto i voti possono placare le vendette e arrestare la disgregazione. Non è ancora quel tempo, sia chiaro. La maggioranza è ampia, l’interesse comune è restare al potere. Ma per la prima volta da molti mesi, uno scenario inizia a solleticare le fantasie di Palazzo Chigi, scuotendo come scossa elettrica il potere dei boiardi di Stato, dei capi di gabinetto, dei vertici politici e istituzionali del Paese, quelli che sabato sera chiacchieravano proprio di questa voce sul prato del Colle. Si può riassumere in uno stato d’animo: insofferenza.

 

GIORGIA MELONI - ME NE FREGO - MEME BY EDOARDO BARALDI GIORGIA MELONI - ME NE FREGO - MEME BY EDOARDO BARALDI

La premier non è più così certa di vincere bene queste elezioni. Pensa ancora di avvicinarsi a “quota trenta” con uno sprint dell’ultima settimana, ma mette in conto anche un brutto risultato. A quel punto, non accetterebbe di finire nelle sabbie mobili dell’immobilismo. Insofferente al rischio di logoramento, dunque, potrebbe tornare a immaginare di ribaltare il tavolo. Anche perché un pessimo risultato alle Europee la renderebbe ancora più irrilevante nelle trattative per la nuova Commissione a Bruxelles. Dove, tra l’altro, ha in mente il nome di un possibile commissario. L’ha accennato l’altro giorno, senza svelarne il nome. A Palazzo Chigi sostengono che potrebbe essere quello di Elisabetta Belloni.

giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 5 giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 5 giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 4 giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 4 giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 2 giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 2 giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 6 giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 6 giorgia meloni meme giorgia meloni meme GIORGIA MELONI - VIGNETTA VUKIC GIORGIA MELONI - VIGNETTA VUKIC giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 3 giorgia meloni e il comizio di chiusura della campagna elettorale 3

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

SULLA RAI ELLY NON SI È FATTA INFINOCCHIARE – IL MOTIVO CHE HA SPINTO SCHLEIN ALL’AVENTINO, OLTRE ALLA MANCATA RIFORMA DELLA GOVERNANCE DI VIALE MAZZINI, RIGUARDA LO STATO DELL’ARTE DEL PD – IL DUPLEX BOCCIA-FRANCESCHINI PUNTAVA A PIAZZARE UN PRESIDENTE DI GARANZIA CHIAMATO GIOVANNI MINOLI. UN NOME SU CUI ERA STATO TROVATO UN ACCORDO CON GIORGIA MELONI, GRAZIE AI CONTATTI DEL MARITO DI NUNZIA DE GIROLAMO CON GIAMPAOLO ROSSI – MA LA SEGRETARIA MULTIGENDER SI È RIFIUTATA DI PRENDERSI IN CARICO UN “INAFFIDABILE” COME IL MULTI-TASKING MINOLI – IL PROBLEMA DI ELLY È CHE NON HA NESSUN UOMO DI FIDUCIA IN RAI. PIUTTOSTO CHE INFILARSI IN QUEL LABIRINTO PIENO DI TRAPPOLE, HA PREFERITO CHIAMARSI FUORI – LA MOSSA DI NARDELLA: HA LANCIATO LA SUA CORRENTE PER STOPPARE FRANCESCHINI, CHE PUNTA A PASSARE IL TESTIMONE ALLA MOGLIE, MICHELA DI BIASE...

DAGOREPORT - RICICCIANO LE VOCI SU UNA FUSIONE TRA RENAULT E STELLANTIS. MA QUESTA POTREBBE ESSERE LA VOLTA BUONA – E' MACRON CHE SOGNA L'OPERAZIONE PER CREARE UN COLOSSO EUROPEO DELL'AUTOMOTIVE (LO STATO FRANCESE È AZIONISTA DI ENTRAMBI I GRUPPI) E, CON IL GOVERNO DI DESTRA GUIDATO DA BARNIER, A PARIGI NESSUNO OSERA' OPPORSI - E JOHN ELKANN? NON GLI PARE IL VERO: SI LIBEREREBBE DI UNA "ZAVORRA" E POTREBBE VELEGGIARE VERSO NEW YORK O LONDRA, PER FARE QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE (E IN CUI È BRAVISSIMO): INVESTIMENTI E ACQUISIZIONI TRA LUSSO E TECH. TOLTASI DAI COJONI L'EX FIAT, NON AVREBBE PIÙ RAGIONE DI TENERSI “REPUBBLICA” E “STAMPA" E LE FAIDE CON IL COMITATO DI REDAZIONE

È ARRIVATA L’ORA DI PIER SILVIO? SEGNATEVI QUESTA DATA SUL CALENDARIO: APRILE 2025. POTREBBE ESSERE IL MOMENTO DELLA DISCESA IN CAMPO DI BERLUSCONI JR – “PIER DUDI” POTREBBE APPROFITTARE DI UNA SCONFITTA DEL CENTRODESTRA AL REFERENDUM SULL’AUTONOMIA PER RIPERCORRERE LE ORME DEL PADRE: METTERE IN PIEDI UNA NUOVA FORZA ITALIA, APERTA A DIRITTI E MINORANZE, EUROPEISTA E ATLANTISTA. A QUEL PUNTO, LE ELEZIONI ANTICIPATE SAREBBERO INEVITABILI – ORMAI È CHIARO CHE IL GOVERNO MELONI NON CADRÀ MAI PER MANO DELL’OPPOSIZIONE, SPOMPA E INETTA, MA SOLO ATTRAVERSO UN’IMPLOSIONE DELL’ALLEANZA DI DESTRA-CENTRO - LA DIFFIDENZA DI MARINA, TERRORIZZATA DALL'IPOTESI CHE IL FRATELLO FINISCA FAGOCITATO DA BATTAGLIE MEDIATICHE E GIUDIZIARIE, COME IL PADRE...