“SEMMAI QUI C’È IL PROBLEMA DELLA DITTATURA DELLE MINORANZE, NON IL CONTRARIO” – SALVINI VA ALL’ATTACCO DI MATTARELLA, CHE IERI HA LANCIATO UN APPELLO CONTRO “L’AUTORITÀ SENZA LIMITI DELLA MAGGIORANZA”: “SIAMO IN DEMOCRAZIA. IL POPOLO VOTA, IL POPOLO VINCE. NON FACCIO FILOSOFIA, MA POLITICA. CHI PRENDE VOTI, GOVERNA, PENSO SIA UN RICHIAMO FATTO AD ALTRI, NON ALL’ITALIA. QUI, ANZI, C’È LA MINORANZA CHE SPESSO SI COMPORTA DA MAGGIORANZA”

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1. SALVINI, ASSOLUTISMO MAGGIORANZA?SEMMAI PROBLEMA CONTRARIO

matteo salvini matteo salvini

(ANSA) - "Assolutismo? Siamo in democrazia, il popolo vota, il popolo vince. Non faccio filosofia, ma politica. Semmai qui c'è il problema della dittatura delle minoranze, non il contrario". Lo ha detto il vice premier Matteo Salvini, commentando i il richiamo sui rischi di "assolutismo della maggioranza" fatto dal presidente Mattarella.

 

"In Italia come in Francia - ha aggiunto - chi prende voti governa, nel risetto delle regole, della democrazia, delle minoranze. Penso sia un richiamo che può essere fatto ad altri, non alla situazione italiana. Qui, anzi, c'è la minoranza che spesso si comporta da maggioranza".

 

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2. POTERI DELLA MAGGIORANZA IL «FERMO NO» DEL COLLE «ALL’AUTORITÀ SENZA LIMITI»

Estratto dell’articolo di Marzio Breda per il “Corriere della Sera”

 

«Battersi affinché non ci possano essere “analfabeti di democrazia” è una causa primaria, nobile, che ci riguarda tutti». È il presidente della Repubblica a lanciare questa esortazione, che cade in una fase nella quale il funzionamento delle democrazie è in difficoltà e a volte «persino in affanno», per nuove criticità e per vecchie e sbagliate soluzioni riproposte oggi.

 

Accade, spiega, in quelle «democrazie imperfette» dove si ha una modesta presenza alle urne oppure «dove il principio “un uomo un voto” venga distorto attraverso marchingegni che alterino la rappresentatività e la volontà degli elettori».

 

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Riferimento non casuale. Perché il termine «marchingegno», associato alla parola «rappresentatività», riassume certe scorciatoie che hanno portato a varie forme di «libertà vulnerate». Così, Mattarella si tiene in bilico tra passato (vedi la legge Acerbo con cui nel 1924 fu spalancata la porta al fascismo) e presente, citando en passant le «democrazie illiberali» (così l’ungherese Orbán definisce il regime del proprio Paese) o «depotenziate e affievolite».

 

Una riflessione, la sua, che non sembra abusivo riferire anche al futuro dell’Italia. Con l’avvertimento preventivo, ma non necessariamente polemico, andando per esempio alla legge elettorale che si renderà necessaria a margine del premierato, a non esagerare giocando su soglie spropositate del premio di maggioranza. Un altolà che, del resto, era già stato pronunciato nel 2014 con una sentenza ad hoc della Corte costituzionale di cui il presidente era all’epoca membro.

GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI BY EDOARDO BARALDI GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI BY EDOARDO BARALDI

 

E qui chiama a soccorso un giudizio del filosofo del dubbio e del dialogo Norberto Bobbio «quando ammonisce a non ricorrere a semplificazioni di sistema in nome del “dovere di governare”». Perché «una democrazia “della maggioranza” sarebbe un’insanabile contraddizione, per la confusione tra strumenti di governo e tutela della effettiva condizione di diritti e di libertà». In breve: una forma-Stato con le opacità di una quasi-dittatura.

 

[…] Ed ecco le domande fondamentali, in questi tempi di involuzione dell’intero Occidente. «Ci si può accontentare che una democrazia sia imperfetta o a “bassa intensità”?

Si può pensare di arrendersi, “pragmaticamente’’, al crescere di un assenteismo dei cittadini dai temi della cosa pubblica? Può esistere una democrazia senza il consistente esercizio del ruolo degli elettori?».

 

matteo salvini giorgia meloni matteo salvini giorgia meloni

Sono i problemi che si pongono molti e ai quali il capo dello Stato replica con un preambolo: bisogna stare attenti a «non commettere l’errore di confondere il parteggiare con il partecipare», evocando — senza dirlo — lo spirito di fazione per cui gli anglosassoni qualificano noi italiani come malati di hyperpartisanship.

 

Presupposto di ogni sforzo, sottolinea Mattarella, «elaborare una visione del bene comune in cui si intreccino — perché tra loro inscindibili — libertà individuali e aperture sociali, bene della libertà e bene dell’umanità condivisa». […]

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