LETTA DURA AL CAVALIERE – DALL’IVA ALL’IMU, CERCASI PRETESTINO PER FAR CADERE IL GOVERNINO

La passione berlusconiana per le larghe intese, se mai è sbocciata, è già sfiorita. Dal momento che nulla gli serve per liberarsi del suo macigno, a Silvio del governo non importa più un fico - Riunione pidiellina, soliti scazzi tra falchi e colombe… - -

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1 - REMAKE
Jena per "la Stampa" - E allora Letta Letta di lunga durata Letta continua sarà!

2 - BERLUSCONI PRONTO A FAR SALTARE LA STAGIONE DELLE LARGHE INTESE
Ugo Magri per "la Stampa"

ENRICO LETTA E SILVIO BERLUSCONIENRICO LETTA E SILVIO BERLUSCONI

Lo schiaffo della Corte costituzionale ha messo Berlusconi dinanzi a una cruda realtà: la grande pacificazione come l'intende lui, cioè il riconoscimento dello «status» di vittima dell'ingiustizia, non appartiene al novero delle cose possibili. Né il Colle, né gli alti gradi della magistratura, nessuno insomma, pare disposto al colpo di spugna come contraccambio dell'appoggio al governo. Cosicché è venuta meno una ragione, forse l'unica, che spingeva Berlusconi a sostenere Letta.

CapezzoneCapezzone

A questo punto è possibile che il Cavaliere si astenga dal compiere gesti di rottura, in modo da mantenere un profilo da «statista». Ma è quasi certo che si guarderà bene dal trattenere la muta ringhiosa dei suoi «pasdaran», nel momento in cui verrà provocato il minimo incidente sull'Imu o sull'Iva. Si regolassero come credono. La passione berlusconiana per le larghe intese, se mai è sbocciata, è già sfiorita. Dal momento che nulla gli serve per liberarsi del suo macigno, a Silvio del governo non importa più un fico.

Fabrizio CicchittoFabrizio Cicchitto

Per cui è ineccepibile quanto il portavoce Bonaiuti ha precisato a sera, che mai dalla bocca dell'ex-premier è uscita la parola «crisi». Tuttavia la lunga riunione dell'altro ieri a Palazzo Grazioli, conclusa a notte fonda da una cena per pochi intimi, lascia poche speranze sulla tenuta del governo. Se Letta percorrerà un altro tratto di strada, confida chi si è seduto intorno al desco, sarà solo perché Berlusconi non ha ancora ben individuato il «casus belli», o il pretesto elettoralmente pagante, per affondare la lama.

Sta soppesando i pro e i contro. E quando riflette a voce alta, si capisce che è tormentato: «Da una parte io so che con questo Parlamento non posso avere un governo più amico di quello che c'è. Dall'altra, ho capito che la persecuzione nei miei confronti può essere frenata solo con gesti rivoluzionari... Ma è questo il momento delle rivoluzioni?». Interrogativo cui l'intero gruppo dirigente dà una risposta univoca: yes, è il momento.

daniela-santanchedaniela-santanche

Pare siano improvvisamente svanite le distinzioni tra falchi e colombe. Dinanzi alla prospettiva di trovarsi tra sei mesi, cioè dopo la sentenza della Cassazione in autunno sui diritti Mediaset, con un leader condannato in via definitiva, e spogliato della possibilità di sedere in Senato, davanti a questa eventualità nemmeno i ministri in carica fanno mostra di difendere la cadrega, anzi sono i primi a segnalare che qualcosa di irreparabile è accaduto.

Testimonia Capezzone, presente alla cena (uno tra i più determinati): «Berlusconi ha risposto in modo responsabile alla provocazione della sentenza. Però poi c'è il partito, che non intende innamorarsi dei propri carnefici. La riunione dell'altra sera ha dato un'ottima risposta convinta e unitaria».

Discussioni in realtà non ne sono mancate. Come al solito, si sono accapigliati ad esempio Cicchitto e la Santanchè. A provocare lo scontro è stato Berlusconi, quando ha additato in Napolitano il suo peggior nemico, che l'avrebbe illuso che una soluzione alle condanne si sarebbe trovata, «salvo lavarsene le mani». A quel punto la Santanchè è intervenuta: «Napolitano d'accordo, ma pure Letta e Franceschini ti vogliono far fuori!».

ALFANO FRANCESCHINI ENRICO LETTAALFANO FRANCESCHINI ENRICO LETTA

E Cicchitto, fuori della grazia di Dio: «Ma non diciamo sciocchezze, Napolitano e Letta sono vittime dei giustizialisti tanto quanto Berlusconi, è stata una sconfitta comune...». Sia come sia, nessuno crede più possibile un colpo d'ala governativo, capace di ricreare la fiducia smarrita.

Un'amnistia collegata all'esigenza di svuotare le carceri forse sarebbe d'aiuto, ma dal Pdl nessuno ha in mente di farsene promotore. Né la invoglia l'apparente nonchalance di Letta, che sminuisce in pubblico gli effetti della sentenza. Se si aggiunge che lunedì arriverà la stangata su Ruby, giovedì forse il rinvio a giudizio per corruzione di senatori, la previsione è facile: l'umore del Cavaliere può soltanto peggiorare.

 

 

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