Matteo Pucciarelli per la Repubblica
Il giorno di San Luigi (Gonzaga), che è anche quello più lungo dell'anno, Luigi Di Maio sceglie di compiere l'azzardo forse più grande della sua carriera politica. Abbandona la casa madre, il partito liquido, così liquido da pescare un giovanissimo signor nessuno a digiuno di politica e portarlo nel giro di pochi anni al ministero degli Esteri, per rendere ufficiale la completa mutazione: da movimentista a stratega di palazzo che fonda un nuovo gruppo parlamentare. Per fare cosa, per andare dove? Intanto va detto che si arriva a questo epilogo non per caso.
Tutto viene deciso in una riunione riservata avvenuta mercoledì sera scorso, dopo il disastro alle amministrative del M5S e dopo l'annuncio di Giuseppe Conte di voler mettere la parola fine sulla diatriba infinita attorno al limite dei due mandati, quando aveva fatto intendere che non c'era aria di deroghe. Di Maio raduna i fedelissimi, gli stessi con i quali aveva anche gestito la partita del Quirinale utilizzando diplomazie parallele a quelle ufficiali del suo partito, e illustra la road map: «Entro due settimane usciamo dai 5 Stelle ».
Invece la situazione precipita prima, la botta definitiva la dà due giorni fa Roberto Fico, altro compagno della primissima ora, quando utilizza parole durissime nei suoi confronti. Forse però a questo punto poco importa: la senatrice Simona Nocerino sorride, «io comunque male che vada un lavoro ce l'ho, torno in Unicredit». La collega Antonella Campagna fa lo stesso: «È una liberazione ».
Così il salto nel buio mette quasi di buonumore e, mentre Mario Draghi parla, il ministro ha una specie di sorriso sulle labbra che dissimula con fatica. Nella sala dell'albergo nel centro di Roma affittata al volo per la conferenza stampa a fine giornata l'aria è frizzante, non sembra una scissione ma un party, i parlamentari con il posto riservato davanti al palchetto si abbracciano tra loro. «Ma vi assicuro che la scelta è stata sofferta, si rompono amicizie e rapporti», dice Primo Di Nicola.
Quando arriva Di Maio si alzano tutti in piedi e lo applaudono per oltre un minuto. Parte la diretta social, nel video appaiono le facce dei presenti e nel giro di qualche secondo nelle chat del M5S vengono rimossi i transfughi intravisti e che erano in dubbio: le scissioni oggi si consumano anche così.
Comunque, il piano - assicurano i suoi - c'è: prima la creazione dei gruppi, comunicata dallo stesso Di Maio dopo il voto sulla risoluzione in aula prima a Maria Elisabetta Casellati e poi, guarda la vita, a Fico. Le due componenti di Senato (dove si tratta con Centro democratico, Maie e Italia al centro per avere un simbolo necessario alla formazione del gruppo) e Camera cercheranno di pescare a piene mani nel centro e non solo tra gli ormai ex 5 Stelle; e anche nelle regioni e nei consigli comunali dove c'è il M5S in queste ore si stanno registrando gli stessi addii, perché la scissione è verticale e va a cascata, la prima volta nella loro storia.
E poi c'è il progetto politico vero e proprio da lanciare a settembre, ottobre. Beppe Sala e il finanziatore Gianfranco Librandi, Federico Pizzarotti, Bruno Tabacci, Luigi Brugnaro: gli interlocutori principali sono questi, ma un occhio speciale va a ciò che avviene nella Lega, all'amico Giancarlo Giorgetti e a tutto il gruppo di insofferenti alle paturnie di Matteo Salvini. «La prima forza politica in Parlamento ha messo in discussione il lavoro del governo per racimolare pochi punti di consenso », sono le parole di Di Maio.
LUIGI DI MAIO GIANCARLO GIORGETTI
Nel suo intervento per motivare la scissione cita David Sassoli, dice che «noi siamo dalla parte giusta della storia», tira in mezzo anche la pandemia, i no vax, i no Green pass: «Chi dà soluzioni semplici e problemi complessi non avrà la fiducia dei cittadini».
Il «percorso di maturità» del M5S si era ormai interrotto, per cui eccoci arrivati al bivio nel quale Di Maio e i suoi si sono ritrovati: «In questi giorni travagliati ho tenuto a mente di aver giurato sulla Costituzione della Repubblica, gli interessi del Paese vengono prima di quelli del tuo partito». Così Di Maio quasi si commuove quando ringrazia il suo ormai ex Movimento, ma «da oggi ci mettiamo in cammino assieme ad altri interlocutori che lavorano nei comuni». Il tutto si chiude l'abiura, una consapevolezza, un capovolgimento dell'idea che aveva fatto grande il M5S: «Ora posso dire che uno non vale l'altro».
LUIGI DI MAIO E GIANCARLO GIORGETTI AD ATREJU luigi di maio 1 CALENDA DI MAIO 1