dibattito las vegas cruz trump
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
La campagna elettorale di Hillary Clinton ha le casse piene (163 milioni ricevuti nel 2015, 38 dei quali nell'ultimo trimestre), ma il vero fenomeno, tra i democratici, è il socialista Bernie Sanders che, sulle ali dell’entusiasmo dei suoi giovani sostenitori e sfruttando i meccanismi del crowdfunding via Internet (come già fece Obama nel 2008), ha raccolto ben 20 milioni di dollari nell’ultima settimana.
In campo repubblicano fanno il pieno di finanziamenti l’integralista religioso Ted Cruz, sostenuto dagli imprenditori della destra radicale (soprattutto Farris Wilks, strana figura di petroliere miliardario texano diventato ricco con la tecnica di estrazione del «fracking», che è anche un pastore evangelico) e Marco Rubio, sul quale stanno convergendo molti imprenditori che fin qui avevano sostenuto Jeb Bush. Il figlio e fratello di presidenti, candidato naturale dell’«establishment», ha fatto il pieno di finanziamenti nella prima fase della campagna, ma il successivo crollo nei sondaggi sta facendo il deserto attorno a lui anche nella raccolta fondi.
bernie sanders hillary clinton
Nei guai anche il governatore del New Jersey, Chris Christie, altro candidato centrista che ha in cassa appena un milione di dollari. Come il radicale libertario Rand Paul la cui stella si è appannata con l'arrivo di Donald Trump.
E proprio il magnate di New York, l'uomo che sta sconvolgendo la politica Usa con una campagna fuori dagli schemi, altera tutte le dinamiche anche sul piano finanziario. La politica americana, si sa, costa molto, e su di essa hanno molta influenza le lobby della grande finanza, soprattutto dopo la sentenza del 2010 della Corte Suprema (Citizens United) che ha eliminato molti vincoli e controlli sul finanziamento diretto e indiretto dei candidati.
Trump stravince, almeno nei sondaggi, senza avere sostegni economici. Perché è ricco di suo, certo (nell’ultimo trimestre dei 13,5 milioni raccolti, 10,8 sono venuti da un prestito che il Donald immobiliarista ha fatto al Donald candidato mentre le folle che lo acclamano ovunque hanno versato solo 2,7 milioni), ma anche perché spende pochissimo in pubblicità, abilissimo com’è nell’«obbligare» i media ad occuparsi sempre e comunque di lui.
la prossima copertina del national geographic by rupert murdoch david koch e le gioie del carbone
E i fratelli Koch, i miliardari dell’energia considerati gli «uomini neri» della politica Usa per aver segretamente inondato la campagna repubblicana 2012 con 400 milioni di dollari di finanziamenti, ora vengono guardati con più considerazione anche dalla stampa progressista, nonostante si siano detti pronti a spendere più del doppio (889 milioni in una coalizione di ricchi conservatori) per il voto 2016. Il motivo?
I Koch osteggiano Trump e, comunque, stavolta i loro soldi non sembrano così decisivi: il candidato che apprezzavano di più, il governatore del Wisconsin Scott Walker, è già svanito nel nulla. Scottati, i Koch hanno deciso di non fare una scelta netta nelle primarie, ma si sa che guardano con favore gli esponenti pragmatici, da Rubio a Christie, e il radicale Rand Paul, per ora schiacciati tra Trump e Cruz: due personaggi assai poco amati dai miliardari per la loro tendenza ad affogare le regole del capitalismo in una salsa populista (Trump vuole aumentare le tasse, attacca Wall Street, è a favore dei sussidi pubblici all’etanolo).
rand paul prende per il culo gli stivali di marco rubio
Nel weekend scorso, in un summit di ricchi conservatori per la prima volta parzialmente aperto alla stampa, i Koch hanno cominciato a valutare la possibilità di un’offensiva finanziaria anti-Trump.
marco rubio stivaletti col tacco