1 - «MA PERCHÉ MADIA, BOSCHI O GELMINI AVEVANO FORSE PIÙ ESPERIENZA?»
A.C. per “la Stampa”
«Di Maio vincitore scontato delle primarie M5S? Certo e che male c' è? Nel Pd c' era davvero la possibilità che Renzi non vincesse?». Domenico De Masi, sociologo, ha collaborato alla stesura del programma del Movimento senza però aderire. «Per uno che fa il mio mestiere un movimento di questo tipo è interessantissimo. Direi una ghiottoneria...».
luigi di maio e la fidanzata silvia virgulti
Torniamo alla candidatura Di Maio. Più che una competizione tra pari, com' era alle origini, pare un' incoronazione...
«Ripeto, dal Pd al M5S non si esce da queste finte competizioni. Nel Movimento quattro anni fa sono effettivamente partiti tutti alla pari. Poi qualcuno tra loro si è distinto e io credo che Grillo abbia scelto sulla base di qualità oggettive, non per simpatie personali».
Quali sarebbero?
«Il ragazzo in questi anni si è preparato, è stato in giro per l' Europa, negli Usa, ha fatto tanta politica in Italia. E poi scusi, la Boschi, la Madia o la Gelmini cosa avevano fatto prima di diventare ministre? Avevano brillato per qualche competenza? Il problema è che ci stiamo abituando all' incompetenza in politica».
Vale anche per Di Maio?
«Certamente, si vede in tutti i partiti. Quando fa comodo l' accusa di incompetenza viene scagliata contro gli avversari, ma la sostanza non cambia».
Se il programma del M5S è uno solo e viene votato sul blog, sulla base di cosa viene scelto un candidato premier?
«Sulla base della capacità di tradurlo in pratica. Si sceglie la persona che ha più chance di ottenere risultati concreti».
Poi c' è il rischio che un programma sul lavoro di sinistra come quello cui lei ha lavorato venga interpretato da un leader come Di Maio che mostra simpatie di destra. Non viene fuori un pasticcio?
«Certo che questo rischio c'è. Ma è un problema che riguarda tutti i partiti. L' esempio del Pd mi pare perfettamente calzante».
Nel Pd però i candidati a segretario hanno avuto dei confronti pubblici. Gli elettori li hanno potuti misurare prima di scegliere.
«Nel Movimento sono almeno quattro anni che i potenziali leader sono sulla scena pubblica. Sappiamo quali sono le differenze culturali e politiche tra Fico e Di Maio. Certo, sarebbe stato meglio avere un confronto alla vigilia del voto. Ma non mi pare una consultazione al buio. E poi tra Renzi e Andrea Orlando il confronto non ha spostato nulla».
Per un Movimento che si proclama innovativo pare che le similitudini coi vecchi partiti siano persino troppe, non crede?
«Sono la prima compagine politica che usa Internet per consultare la base. È una forma embrionale e ancora rozza, ma sono convinto che tra pochi anni tutti i partiti li seguiranno.
La Rete prenderà il posto delle vecchie sezioni».
2 - DI MAIO CORRE DA SOLO, NESSUN BIG LO SFIDA L' IRA DI FICO E LE ACCUSE A CASALEGGIO
LUIGI DI MAIO DAVIDE CASALEGGIO
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
Un predestinato, Luigi Di Maio, una senatrice misconosciuta, Elena Fattori, e sei carneadi. Dopo diverse ore di verifica dei requisiti, il blog di Beppe Grillo ha pubblicato i nomi dei partecipanti alle primarie M5S per la scelta del candidato premier. Sfida che fa già gridare gli altri partiti al voto «bulgaro» o «coreano» e che suscita più di un mal di pancia tra i 5 Stelle più avveduti, che si erano accorti per tempo del rischio e che accusano, dietro le quinte, l'autore delle regole: Davide Casaleggio.
Il figlio del cofondatore ha deciso di evitare il doppio turno, ripetendo uno schema già visto. Per paura degli hacker, ma anche perché incurante di possibili accuse sul «plebiscito» in stile coreano. In diversi nel Movimento ritengono la sicura vittoria di Di Maio una vittoria depotenziata dalla corsa in solitaria. Anche se un post dei 5 Stelle difende la scelta: «I giornali volevano delle primarie fiction, noi gli abbiamo dato la realtà. Questo fa il M5S: dare l'opportunità a chiunque di farsi Stato ed occuparsi della cosa pubblica. È il principio base della democrazia diretta».
Un pasticcio, che lo stesso Grillo, con la discesa a Roma, ha cercato di evitare, provando a convincere esponenti di peso a scendere in campo. Ma ormai la situazione era compromessa, con Di Maio lanciato e gli altri messi a tacere. Il vero sfidante, Roberto Fico, ha disertato. Il suo malumore è ben noto: non ha apprezzato l'abbinamento della carica di candidato a quella di capo M5S (Luigi Gallo ha ribadito le critiche). E neanche la possibile esclusione dal palco di Italia 5 Stelle.
C'è chi pensa che potrebbe disertare Rimini e rompere con M5S. Ma Fico è animale politico e la defezione potrebbe essere causata dal timore di contarsi, in vista delle candidature alle Politiche. Meglio abbozzare e combattere nelle retrovie. Nella stessa brigata di Di Maio, invece, milita Alessandro Di Battista, che ha siglato un patto di non belligeranza. Spiegherà a Rimini i motivi del suo no.
LUIGI DI MAIO - ALESSANDRO DI BATTISTA
A sorpresa, invece, ecco Elena Fattori. Senatrice impegnata su vaccini e Ogm, considerata un tempo dissidente (votò a favore di Grasso per la presidenza del Senato), ma che ha confermato più volte la sua lealtà a Grillo. Su Facebook mette le mani avanti: «Per candidarsi ci vuole coraggio, cuore, passione, impegno. Io ho voluto metterci la faccia, come hanno fatto Luigi Di Maio e gli altri. Chi è nel Movimento non usa il voto per "pesarsi" e organizzarsi in correnti interne, come fanno gli altri partiti. Semplicemente chi se l' è sentita lo ha fatto».
beppe grillo e roberto fico a napoli
Se la sono sentita anche altri sei militanti, ignoti ai più: il fruttariano di Monza Gianmarco Novi, la laureata in ingegneria spaziale Nadia Piseddu, Vincenzo Cicchetti, Andrea Davide Frallicciardi, Domenico Ispirato e Marco Zor-dan. Quando cominceranno le votazioni? Non è chiaro. Il responsabile della comunicazione Rocco Casalino non comunica alcunché. Non è dato sapere ufficialmente neanche quanti siano gli iscritti certificati, con diritto al voto. L' ultimo dato noto è di 130 mila, riportato anche dal Financial Times . Opacità di cui il quotidiano britannico accusa anche Casaleggio, per aver «svelato poco sul ruolo e sull' azienda».