Jacopo Iacoboni per www.lastampa.it
Per trovare lampi di sincerità bisogna cercare col lumicino. Ma nel Movimento 5 stelle qualcuno che, sia pure senza trarne gravi conseguenze, eccepisce sullo spettacolo delle ultime nomine nelle aziende pubbliche c’è: «Ero partito rivoluzionario in compagnia di tanti che come me volevano giustizia. Mi trovo cosparso di laido e mediocre profumo ed in compagnia dei carmelitani descalzi. Io che ero nato francescano. Mah!», dice sobriamente il senatore Nicola Morra, che assieme a Alessandro Di Battista ha firmato una vana lettera per convincere il M5S a tirarsi fuori dalla spartizione, se Claudio Descalzi fosse stato confermato all’Eni. E’ prevalsa, come dire, una linea più pragmatica. Un Cencelli senza remore: se resta Descalzi, al M5S andrà questo questo e questo.
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Cantavano «non siamo un partito/ non siamo una casta/ siamo cittadini punto e basta», Grillo gridava «vaffanculo alle vostre lottizzazioni». Alla prima tornata di nomine dove hanno potuto incidere se lo sono presto scordato. Ad aiutare a digerire il boccone ritenuto più indigesto – in realtà si contano sulle dita di una mano le voci grilline che davvero hanno fatto battaglia contro la permanenza di Claudio Descalzi al timone operativo dell’Eni – è arrivata la nomina di Lucia Calvosa – professoressa di diritto commerciale a Pisa, finora non notissima, già nel consiglio di amministrazione della società che edita il Fatto Quotidiano. Il presidente Eni – che gestisce l’audit interno, e dunque non è sprovvisto di poteri –ha buon rapporto con l’ex consigliere Luigi Zingales.
I grillini si difendono: i posti toccati a noi sono per lo più decorativi. Ma non è esattamente così. Forse l’uomo più importante per il mondo grillino nelle aziende partecipate è stato in questi anni Stefano Donnarumma. Lo si manda ad a Terna (al posto di Luigi Ferraris, trasversalmente apprezzato ma, mal per lui, non sostenuto da partiti).
Manager stimato dal costruttore Francesco Gaetano Caltagirone, Donnarumma fu nominato da Virginia Raggi nella confusa stagione-Lanzalone, quella nella quale l’avvocato, poi finito arrestato nello scandalo dello stadio della Roma (la vicenda è ancora in corso, e noi presumiamo fino alla fine che sia innocente), asseriva in telefonate intercettate di essere in grado di dire alla sindaca le cose da fare.
Luca Lanzalone è stato, per il M5S, un punto di riferimento ideale, assieme a Raffaele Marra in Comune, benché oggi sembra che nessuno li abbia mai neanche conosciuti. In quella inchiesta finirono agli atti alcune chat di Lanzalone, uscite poi su tutti i giornali, in cui teorizzava: «Se potessi avere influenze sulle nomine penso prima a te, poi a quelli dello studio e se avanza a chi offre di più», scriveva nel maggio 2018 a un suo collega di studio. Fu chiamato da qualcuno il sistema-Lanzalone.
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Donnarumma in quell’inchiesta fu molto presto archiviato. Ma la vicenda mise a nudo pezzi di funzionamento della politica e delle relazioni romane sui quali si era facilmente accomodato un Movimento sempre a metà tra i proclami propagandistici e social di pulizia antipolitica e anticasta, e la brama di potere coniugata con un’ingenuità talora sul confine dell’incapacità.
All'Enav sbarca un candidato scelto dal M5S, Paolo Simioni, amministratore al posto di Roberta Neri. Anche lui è emerso molto nella Roma degli ultimi anni, o meglio, nel triangolo Livorno-Roma-Genova. Virginia Raggi dice di lui: «E’ un fuoriclasse. Simioni ha salvato Atac da un abisso senza fine che era quello del fallimento». In realtà, proprio il 19 aprile, due giorni fa, Simioni ha inviato una lettera al Campidoglio in cui avvisa il Comune che c’è liquidità in azienda solo fino a maggio, si rischia «una perdita di 112 milioni» che riporterebbe i conti in rosso (meno 140 milioni), e consentirebbe ad Atac di resistere solo «fino al 31 maggio». Insomma, il tracollo è tutt’altro che scongiurato.
Un po’ di background – politico, non penale, sia chiaro – viene sempre nell’inchiesta Lanzalone. Finì sui giornali che l’ex assessore alle partecipate della Raggi, Massimo Colomban – non indagato, e anzi, aveva aiutato le indagini – mise a verbale davanti ai carabinieri del nucleo investigativo questa ricostruzione di relazioni: «Lanzalone e Giampaoletti (direttore generale Campidoglio, ndr) mi avevano espresso il desiderio di conoscerlo – io ho chiesto a Grillo se lui era disponibile ad incontrarli. Quella sera a cena, il 20 marzo 2017, oltre a me, Grillo, Lanzalone, c'erano anche altre persone al tavolo, tra cui parlamentari M5s, nonché Paolo Simioni».
Alla presidenza dell’Enel va Michele Crisostomo, l’avvocato leccese che difese con successo Banca popolare di Bari nella causa contro il tribunale Ue, che era convinto ci fossero aiuti di Stato nell’operazione della Popolare di Bari (con l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi) per l’acquisizione della Cassa di Teramo. Vicende cruciali per la politica e il sistema del consenso pugliese di questi anni. La Puglia è stata un incubatore non solo del M5S, ma delle relazioni che poi trovano sbocco nel governo Pd-M5S.
Nelle banche, il M5S voleva Mauro Salvetti al Monte dei Paschi di Siena, la cosa è stata stoppata dal ministro Gualtieri e da Alessandro Rivera, ottimo direttore generale del Tesoro, e i 5 stelle allora hanno indicato Guido Bastianini, ex Carige, finito di recente nel mirino dell’azionista di controllo Vittorio Malacalza, che gli ha scritto e diffuso pubblicamente una lettera di accuse durissima, tra cui il «mancato riporto» agli amministratori «di comunicazioni dell’autorità di vigilanza in merito alla necessità di un aumento di capitale di circa 600 milioni».
Molto importante la nomina alla presidenza di Leonardo del generale Luciano Carta, direttore dell'Aise, i servizi segreti per l'estero. Importante non tanto per Leonardo, forse, ma per ciò che ci dice dei servizi. Fonti parlamentari a conoscenza della materia raccontano che la promozione di Carta, militare integerrimo e universalmente stimato, sia il classico promoveatur ut amoveatur, epilogo di una stagione di differenti vedute con gli attuali vertici dell’intelligence italiana, assai vicini al presidente del Consiglio Conte. Ovviamente la cosa non vi verrà mai confermata.
Naturalmente, in una partita così complessa e varia, ci sono anche momenti quasi divertenti, in cui i grillini suscitano simpatia. Per esempio Carmine America, ex compagno di liceo di Di Maio, che andrebbe nel cda di Leonardo (come ci andrà anche Paola Giannettakis – la ex candidata ministro dell’Interno dei 5S, direttrice di un dipartimento alla Link University d Vincenzo Scotti. Da cogliere assolutamente è la nomina di Emanuele Piccinno, che dall’ufficio legislativo dei 5S alla Camera, e dalla segretaria dell’allora sottosegretario allo sviluppo Davide Cripp (oggi presidente dei deputati 5S), arriva nel consiglio dell’Eni a coprire la casella di Umberto Saccone, l’ex responsabile della sicurezza dell’azienda, che aveva un posto di enorme e poco appariscente potere.
giannetakis PAOLA GIANNETAKIS DI MAIO