Una vittoria travolgente dopo anni di prigionia e opposizione silenziosa. La premio Nobel per la pace birmana Aung San Suu Kyi si avvia a diventare il primo ministro di Myanmar dopo le prime elezioni libere in 25 anni nel paese asiatico da sempre sottoposto a regime militare.
Aung invita ancora alla prudenza sostenendo che "è troppo presto per festeggiare". Ma i membri del suo partito, Lega Nazionale per la Democrazia, hanno annunciato di essere certi di aver conquistato il 70% dei voti.
Se il dato trovasse conferma Suu Kyi avrebbe la maggioranza necessaria per formare il governo e diventare premier. La soglia è del 67% dei voti considerando che alla giunta militare è riservato un 25% dei seggi). Valutazioni di fonte democratica indicano una vittoria con oltre l'80% in diverse aree urbane, mentre attorno al 65% in quelle rurali e in stati etnici, come quelli Mon e Kayin.
Nessuna conferma finora dalla commissione elettorale, anche se in giornata sono attesi i primi risultati, ma la Lega nazionale per la democrazia avrebbe conquistato la maggioranza nella maggiore città del paese, Yangon, e in importanti centri, come Mandalay e Bago, roccaforti del partito per l'unione, la solidarietà e lo sviluppo erede del regime militare durato dal 1962 al 2010.
Il presidente dell'Usdp, il partito del presidente birmano Thein Sein, ha ammesso la sconfitta e ha aggiunto che accetterà il risultato delle elezioni, le prime libere in 25 anni. "Abbiamo perso", ha dichiarato Htay Oo. Lo spoglio delle schede è ancora in corso e non sono stati annunciati risultati ufficiali, ma i primi dati ancora parziali indicano un ampio margine di vittoria per la Lega Nazionale per la Democrazia della 'pasionaria' birmana.
"Dobbiamo capire le ragioni per cui abbiamo perso", ha aggiunto, Htay Ooo, stretto alleato del presidente Thein Sein. "In ogni caso accettiamo il risultato senza alcuna riserva". Htay Oo si è detto inoltre sorpreso dell'entità della sconfitta subita nella sua circoscrizione, a Hinthada, nel delta della regione, considerata la roccaforte del sostegno di base al partito. "Non me l'aspettavo perché avevamo fato tantissimo per le genti di quella regione. In ogni caso è una decisione del popolo".
2. SUU KYI VERSO IL TRIONFO IN BIRMANIA
Alessandro Ursic per “la Stampa”
I primi risultati ufficiali arriveranno oggi. Ma già ieri sera era chiaro che la «Lega nazionale per la democrazia» (Nld) di Aung San Suu Kyi è avviata a un trionfo nelle prime vere elezioni birmane dal 1990. A spoglio ultimato, in decine di collegi il partito della «Signora» ha staccato con divari netti - fino a dieci volte il numero dei voti - l' Usdp del presidente Thein Sein.
I grandi centri urbani Alcuni exit poll danno a Suu Kyi oltre il 90 per cento. L' intera provincia di Mandalay - la seconda città più popolosa - è andata all' Nld. Persino a Pyin Oo Lwin, dove si formano i quadri militari, l' opposizione è in grande vantaggio.
I dati dalle campagne e soprattutto dalle aree etniche, dove Suu Kyi è meno popolare, potrebbero modificare il quadro. A Yangon intanto è festa; già dal pomeriggio, migliaia di sostenitori dell' Nld sono confluiti davanti sede del partito in un' atmosfera da concerto rock.
Chi ha votato per Suu Kyi lo sbandiera apertamente. Ma a prescindere dall' esito, per tutta la giornata di ieri nell' ex capitale si respirava l' aria della storia che si compie. File di centinaia di votanti, emozionati nel prendere parte a un rito nuovo per milioni di persone, si sono formate prima dell' alba: l' affluenza è stata dell' 80 per cento.
C' era orgoglio nell' esibire l' inchiostro viola sul mignolo, come prova dell' avvenuto voto. Persino i commissari elettorali si mostravano fieri nel dirigere un evento così storico.
La prima volta «La Signora» ha votato a Rangoon di prima mattina: è stato il suo primo voto al seggio di sempre, dato che nel 1990 era già agli arresti domiciliari. Non ha parlato a seggi chiusi; evidentemente aspetta che il preannunciato trionfo sia confermato dai primi risultati ufficiali. Venticinque anni fa, d' altronde, la sua vittoria non fu mai onorata dai militari, e seguirono altri due decenni di dittatura.
Il potere dell' esercito Dato che l' esercito - alleato di fatto dell' Usdp - controlla di diritto il 25 per cento del Parlamento, per ottenere la maggioranza nelle due Camere l' Nld dovrà in sostanza conquistare il 67 per cento dei seggi: un traguardo che sembra alla portata. Ciò non vorrà dire automaticamente un governo guidato dal partito della «Signora», però.
Lei non può diventare presidente, perché glielo vieta la Costituzione, e il Capo di Stato verrà scelto dal Parlamento solo a febbraio, tra un terzetto. Le regole, scritte dai militari, assicurano all' esercito un ruolo influente in ogni caso. Per adesso, chi ha votato Nld può comunque festeggiare.
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