Mattia Feltri per la Stampa
Guarda che ti combina talvolta la vita. Prendete Ferruccio Sansa, qui a La Stampa lo conosciamo bene, è stato dei nostri. E' bravo ma perennemente insoddisfatto, diceva di lui un direttore. Ha trascorso la vita cercando indefesso un altrove luminoso, fino alla candidatura alla presidenza della Liguria con i 5S, in società col Pd, e all' epilogo di uno spossante negoziato.
Ieri su Il Fatto si è accomiatato dai lettori e dalla professione: addio, la politica mi chiama. Per un giornalista, sebbene già proiettato sull' altra sponda, non è mai bello prendere un buco, cioè, in gergo, mancare la notizia.
Ma il colmo è prendere un buco su se stessi. Sempre ieri mattina, La Repubblica aveva in pagina un retroscena sull' ostilità del fondatore e del leader percepito (Beppe Grillo e Luigi Di Maio) alla nomination di Sansa. Poi non ci si opporranno, ma Di Maio ha messo agli atti, per addebitare a Conte quella che si prevede una sconfitta, e Grillo ci ha provato («siamo matti?»), non per elaborate strategie ma per rancori rionali: Sansa gli fu vicino di casa, e quando Grillo annullò le primarie a sindaco di Genova, per cambiare il candidato degli attivisti con il suo candidato, Sansa ardì infiammare il dissenso (avere difeso le primarie e non passare dalle primarie; rischiare la sostituzione per essersi opposti a una sostituzione; non è un mondo esoterico?).
E così Sansa, ignaro del giudizio su di sé, entra nel nuovo mestiere non meglio di come ha lasciato il vecchio, ignaro dello scoop su di sé. Dunque giovedì sera se ne andò a dormire da candidato per risvegliarsi la mattina, kafkianamente, e per una volta l' avverbio non è a vanvera, trasformato in grosso insetto.
ferruccio sansa ferruccio sansa grillo