MONNEZZA CASERTANA - L’ ARTICOLO STRACULT DELLO SCORSO 9 SETTEMBRE DELLA CAPOLISTA AL SENATO DEL PD ROSARIA CAPACCHIONE - SI PARLA DI “RAPPORTI COSTATI IL PROCESSO A NICOLA COSENTINO E MARIO LANDOLFI, PARLAMENTARI DI CUI IL PENTITO GAETANO VASSALLO HA DETTO CHE “FACEVANO PARTE DEL NOSTRO TESSUTO CAMORRISTICO”, AGGIUNGENDO ANCHE I NOMI DI ITALO BOCCHINO E GENNARO CORONELLA” - LA REPLICA DI SONIA ALFANO…

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rosaria capacchionerosaria capacchione

1- BIDOGNETTI, L'ATTACCO AI POLITICI: "MOLTI SONO MAFIOSI COME ME"
Rosaria Capacchione per Il Mattino 9 settembre 2012


Irriducibile. Abituato al carcere e a governare dall'interno i camorristi imprigionati, capozona dei reclusi per fatalità e per vocazione, lui che aveva sfiorato il comando dei Casalesi e che l'imprevista liberazione di Francesco Schiavone-Sandokan, diciannove anni fa, aveva costretto a un ruolo di apparente subalternità. Conosce il linguaggio dei segni, necessario ad aggirare i controlli del 41 bis.

Italo BocchinoItalo Bocchino

Conosce quello dei processi, ai quali continua a partecipare nonostante la condanna definitiva all'ergastolo escluda una, sia pur remota, scarcerazione. Usa quello subliminale dei messaggi trasversali, con i quali quattro anni fa autorizzò la stagione stragista affidata alla mano del fedelissimo Giuseppe Setola.

Si chiama Francesco Bidognetti, ha 61 anni, è casalese di origine geografica e camorristica. Il 4 luglio, due mesi fa, è stato uno dei tre interlocutori dei parlamentari Giuseppe Lumia e Sonia Alfano, nel carcere di Parma. E ancora una volta ha mandato un messaggio: ai parlamentari «colpevoli quanto lui» e che devono essere arrestati.
La conversazione è riportata in diciotto righe delle tre pagine di verbale e che riassumono trentasette minuti di conversazione, dalle 18,51 alle 19,28. Un verbale sintetico, nessun virgolettato. Prima, c'è la conversazione tra Lumia, Alfano e il capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano; dopo, quella con Antonino Cinà, il medico dello stesso Provenzano e di Totò Riina.

boss Francesco Schiavone boss Francesco Schiavone

E ancora una volta ha mandato un messaggio: ai parlamentari «colpevoli quanto lui» e che devono essere arrestati. La conversazione è riportata in diciotto righe delle tre pagine di verbale e che riassumono trentasette minuti di conversazione, dalle 18,51 alle 19,28. Un verbale sintetico, nessun virgolettato.
Prima, c'è la conversazione tra Lumia, Alfano e il capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano; dopo, quella con Antonino Cinà, il medico dello stesso Provenzano e di Totò Riina. Colloqui con strascico polemico che un mese fa avevano infiammato le cronache giudiziarie.

FRANCESCO BIDOGNETTIFRANCESCO BIDOGNETTI

A differenza di Provenzano, che ha rifiutato per non fare «malafigura» a causa della sua cattiva memoria (così ha detto) l'invito a collaborare con la giustizia, Bidognetti ha risposto. E ha colto l'occasione per lanciare un messaggio obliquo ai due interlocutori ma anche all'esterno, consapevole del fatto che prima o poi il contenuto di quel colloqui sarebbe diventato di dominio pubblico.

A Lumia, che aveva accennato «alla possibilità per i detenuti di potersi avvalere di uno strumenti di legge messo a disposizione dello Stato» e cioè la collaborazione, ha risposto: «I collaboratori di giustizia non sono uno strumento attendibile, perché la legge attuale è carente in quanto non prevede riscontri alle loro dichiarazioni».

Ma è a Sonia Alfano che ha affidato il messaggio, annotato dall'ufficiale della polizia pentenziaria che assisteva alla conversazione: «A suo parere tanti parlamentari che sbagliano, così come ha sbagliato lui, dovrebbero essere arrestati».

Il verbale, che il Dap (il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria) ha trasmesso agli uffici investigativi e inquirenti della Campania, dà atto della risposta di Lumia, che però non è entrato nel merito della singolare affermazione. «Il senatore Lumia, vista la sfiducia mostrata da Bidognetti sulla magistratura gli propone un paragone con la medicina, facendo risaltare le differenze di professionalità e competenza tra i diversi chirurghi, assimilabile a quella dei magistrati, chiudendo la conversazione con un chiaro invito ad "affidarsi a un bravo chirurgo"». Della replica di Bidognetti non c'è traccia.

SONIA ALFANOSONIA ALFANO

Fin qui il contenuto dell'annotazione della polizia penitenziaria, anticipata un mese fa dal Corriere della Sera. Il quotidiano milanese aveva dedicato particolare attenzione all'incontro tra i parlamentari, componenti della commissione antimafia, e due dei personaggi-chiave della trattativa tra Stato e mafia su cui stanno indagando le Procure di Palermo e Caltanissetta. La frase di Francesco Bidognetti era passata praticamente sotto silenzio, liquidata come un attacco ai pentiti e nulla più.

Ma i magistrati della Dda di Napoli, che ben conoscono il personaggio e che sono abituati a sentirlo parlare nei processi, ritengono che il boss abbia voluto dire altro. E che quell'ammissione di mafiosità estesa ai «tanti parlamentari che sbagliano e che dovrebbero essere arrestati» non sia affatto casuale. Bidognetti non è persona che parla a caso. Camorrista di vecchissima fede bardelliniana, è abituato alle carceri. Detenuti sono anche i figli Aniello, Raffaele e Gianluca e il genero Giovanni Lubello. La sua compagna, Anna Carrino, collabora con la giustizia così come il cugino Domenico Bidognetti. Suoi affiliati gli esecutori della strategia del terrore, affidata a Setola.

MARIO LANDOLFIMARIO LANDOLFI

Suo il mandato delle vendette trasversali contro cugino e compagna. A rigor di logica, non avrebbe più alcun interesse a partecipare alle dinamiche processuali, eppure, dal carcere di Parma, collegato in videoconferenza, continua a intervenire replicando ai pentiti ma anche agli imprenditori che lo hanno denunciato.

Nelle inchiesta su politica e camorra in terra casalese, il nome di Bidognetti è accostato ai fratelli Sergio e Michele Orsi, i titolari di Ecoquattro - braccio operativo del consorzio di bacino Ce4 - che, nell'ipotesi di accusa, sarebbero stati i referenti imprenditoriali sia della fazione bidognettiana del clan dei Casalesi sia di parlamentari di primo piano del Pdl. Rapporti costati il processo all'ex sottosegretario ed ex coordinatore regionale del Pdl, Nicola Cosentino e all'ex ministro Mario Landolfi, parlamentari di cui il pentito Gaetano Vassallo ha detto che «facevano parte del nostro tessuto camorristico», aggiungendo anche i nomi di Italo Bocchino e Gennaro Coronella.

Un altro collaboratore di giustizia di fede bidognettiana, Luigi Guida, ha aggiunto quello del presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro. Ma gli investigatori ritengono semplicistico sovrapporre la frase del capoclan ai nomi già emersi nelle inchieste. Sospettano, quindi, che quella frase fosse rivolta ad altri. Resta un fatto, sinora inedito: l'ammissione di mafiosità, a uso e consumo di vecchi e nuovi affiliati rimasti orfani dei vecchi capi, tutti in carcere e senza eserciti.

2-LA RISPOSTA DI SONIA ALFANO ALLA CAPACCHIONE (DAL BLOG)
CHI DIFFONDE I MESSAGGI TRASVERSALI DEL CAMORRISTA BIDOGNETTI?

Non so quale fosse l'obiettivo dell'articolo scritto da Rosaria Capacchione per Il Mattino in merito alla mia visita al carcere di Parma del 4 luglio scorso, nel corso della quale vidi anche il boss Bidognetti, ma di certo il risultato è un racconto farcito di ambiguità da cui il comune lettore potrebbe dedurre solo l'accusa nei miei confronti di essere stata, io, utilizzata dal boss camorrista come mezzo per lanciare un messaggio trasversale all'esterno del carcere. Del tutto falso.

NICOLA COSENTINO jpegNICOLA COSENTINO jpeg

Non è a me, infatti, da imputare la fuga di notizie riguardo a quella visita nel penitenziario di Parma - svolta nell'ambito del mio mandato di eurodeputato - ma a chi ha illegalmente diffuso la relazione redatta dalla Polizia penitenziaria di Parma (relazione che io, al contrario di diversi giornalisti più o meno prezzolati, non ho mai avuto modo di visionare) e a chi, come la stessa Capacchione, si è fatto latore, a mezzo stampa, di quegli eventuali messaggi.

Per loro natura, i messaggi, per giungere a destinazione, devono essere divulgati. Si dà il caso che le cronache sul presunto contenuto delle relazioni sulle mie visite nelle carceri non le abbia fatte io ma Bianconi sul Corriere della Sera del 9 agosto scorso e Rosaria Capacchione sul Mattino di ieri. Sono quindi Bianconi e Capacchione, al più, a poter essere sospettati di voler inviare messaggi trasversali per conto dei boss detenuti.

Ma questo rientra anche nell'esigenza di creare nebbie incerte intorno alle vicende di Cosa Nostra (nel momento in cui parte il processo sulla trattativa mafia-Stato) e della camorra campana. Mi viene da pensare che anche a Rosaria Capacchione, o a chi le ha commissionato quell'articolo, faccia comodo.

Il periodo "Ma è a Sonia Alfano che ha affidato il messaggio, annotato dall'ufficiale della polizia pentenziaria che assisteva alla conversazione: «A suo parere tanti parlamentari che sbagliano, così come ha sbagliato lui, dovrebbero essere arrestati»", infatti, sembra costruito ad arte per indurre in confusione il lettore e fargli credere che io mi sia fatta "cassa di risonanza" di quel messaggio. Questo virgolettato, ovviamente, non mi appartiene. Per questo e per aver tentato di screditarmi,Rosaria Capacchione sarà querelata.

LUIGI CESAROLUIGI CESARO

Ma la sortita del Mattino di ieri è ancor più grave proprio perché porta la firma di Rosaria Capacchione, visti i rapporti che legano il fratello Salvatore all'ex sottosegretario Nicola Cosentino, imputato per concorso esterno con la famiglia mafiosa dei casalesi, della quale Bidognetti, per l'appunto, è uno dei capi. Su Salvatore Capacchione, l'apprezzata Rita Pennarola della storica testata La Voce delle Voci, nel 2009, scriveva: "Si comincia nel 2004: a dicembre dall'ufficio del gip di Perugia Claudia Matteini, su richiesta del pm Sergio Sottani, vengono emesse quattro ordinanze di custodia cautelare a carico di un giudice, due commercialisti di "Roma Capitale" e dell'imprenditore casertano Capacchione.

«L'indagine - scriveva il Mattino - ha preso di mira la gestione dei fallimenti e le molte irregolarita' che la caratterizzavano nella sezione romana. Quasi sempre con la conseguenza di sottrarre quantita' enormi di risorse, in beni immobili e denaro contante, ai legittimi creditori, grazie ad un meccanismo di assegnazione "mirata" dei fascicoli e a un gioco di favori incrociati tra togati e liberi professionisti».

Solo un anno dopo il pm partenopeo Walter Brunetti apre un filone di inchiesta su presunte «logiche corruttive» che avrebbero condizionato il Consiglio comunale di Napoli tra il 2003 e il 2005. Intese trasversali ruotanti intorno ai lavori per alloggi a Ponticelli affidati ad alcune cooperative ritenute legate a Capacchione. 47 anni, napoletano residente a Caserta, Salvatore Capacchione siede ai vertici di numerose sigle attive nell'edilizia e nel calcestruzzo, dalle cooperative Reno, Arno, San Ciro e Irec (di cui risulta amministratore unico), fino al Consorzio Italia Lavori e alla societa' fondiaria Praedia con sede nella capitale.

RITA PENNAROLARITA PENNAROLA

La passione per le Coop l'ha ereditata dal padre Francesco Capacchione, storico presidente campano di Confcooperative fino al brusco stop di meta' anni ottanta, quando finisce in manette nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria sulle cooperative degli ex detenuti. Sua anche la passione per il giornalismo. Sempre a inizio dei rampanti ottanta Capacchione padre aveva fondato il Diario, quotidiano finito dopo solo un anno nell'orbita di Gianni De Michelis e del bancarottiere italo-americano Giancarlo Parretti, poi definitivamente travolto dalle turbolente vicende giudiziarie di quest'ultimo". A Settembre dello stesso anno, poi, Rita Pennarola, con rinnovata accuratezza,tornava su Capacchione e sulle sue "traversie" giudiziarie.

Ecco, non occorre aggiungere altro per capire chi, consapevolmente o meno (che sarebbe anche peggio), può essere sospettato di veicolare i messaggi di Bidognetti. Io ho semplicemente fatto quello che dovrebbero fare tutti i parlamentari: dire chiaramente a tutti i capimafia che l'unica strada è quella di arrendersi alla legge dello Stato e collaborare con la giustizia. Invece, ci sono coloro che (chissà perché) avvertono la collaborazione dei boss con la giustizia come un pericolo da sventare. Poi ci sono coloro che sulla stampa veicolano le notizie riservate per lanciare messaggi.

E infine ci sono i reati: in particolare la rivelazione di segreto d'ufficio, commessa da chi (al Dap o presso qualche ufficio giudiziario) ha fatto filtrare documenti riservati, prima tramite Giovanni Bianconi e ieri tramite Rosaria Capacchione. Ho chiesto che vengano individuati i responsabili di quei reati. Quando verranno fuori i loro nomi, capiremo tutti chi quest'estate ha voluto fare strane trattative e lanciare messaggi trasversali.

 

 

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