Da ansa.it
"E' giusto avere dubbi, è giusta la dialettica, ma dico a chi sta protestando, ai cittadini e intellettuali, concentriamoci sull'obiettivo di completare il Mose" ha aggiunto Conte. "Facciamo in modo che funzioni - ha proseguito -. Di fronte all'ultimo miglio la politica si assume le proprie responsabilità e decide che con un ulteriore sforzo finanziario si completa e si augura che funzioni".
Spitz: 'Non è finito, ci vogliono altri 18 mesi' - "Il Mose non è finito, ci sono 18 mesi di lavori e test, bisognerà avviare il collaudo tecnico funzionale e poi alcuni anni di rodaggio per l'avviamento, per la progressiva ottimizzazione con procedure trasparenti e controllo rigoroso dei costi".
Lo ha detto la commissaria alla conclusione del Mose di Venezia, Elisabetta Spitz, aprendo la cerimonia per il sollevamento delle dighe mobili. L'opera, ha proseguito "ha una storia travagliata e controversa, a noi è stato affidato il compito di portarla a termine. Una lunga pagina si chiude, Ringraziamo i veneziani per la lunga pazienza. Con le prove dei prossimi mesi sarà già possibile dal prossimo autunno il sollevamento in caso di maree altissime e salvare dall'acqua alta la Laguna".
La Laguna di Venezia è stata chiusa completamente al mare, con l'effettuazione del primo test completo delle 78 dighe mobili del sistema Mose, per salvare la città dalle acque eccezionali. Alla prova sono presenti il presidente del consiglio Giuseppe Conte, i ministri Lucia Lamorgese, Paola De Micheli e Federico D'Incà, il presidente del Veneto Luca Zaia e il sindaco Luigi Brugnaro.
Sull'isola artificiale che divide la Bocca di Porto del Lido è stata approntata una 'control room' da cui si possono seguire le operazioni di sollevamento e discesa delle paratoie nelle quattro 'bocche', da nord a sud: Lido-Treporti, Lido-San Nicolò, Malamocco e Chioggia. Per consentire l'intera procedura è prevista l'interdizione completa del traffico marittimo.
Una decina le imbarcazioni che si sono radunate nello spazio acqueo davanti a Piazza San Marco per un'azione di protesta contro il Mose. Guardati a vista da imbarcazioni della polizia, i barchini hanno bandiere contro le grandi navi e contro quella che definiscono un'opera inutile.
MOSE
FABIO POLETTI per la Stampa
Se ne parla dagli Anni Ottanta. I lavori sono iniziati nel 2003. Se tutto va bene sarà finito alla fine dell'anno prossimo. Ma oggi a Venezia, per la prima volta, va in scena il Mose al gran completo, con il test generale di innalzamento di tutte e 78 le paratoie che dovrebbero preservare la città dall'acqua alta. Ci sarà il premier Giuseppe Conte, il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, il governatore Luca Zaia, il commissario al Mose Elisabetta Spitz e ovviamente il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro.
Sindaco Brugnaro, a che punto siamo con l'opera?
«Intanto diciamo che si tratta di un'opera nazionale costruita dallo Stato. La città è sempre stata estromessa dalla costruzione. E questo potrebbe già spiegare alcuni problemi. Ma io non faccio polemiche.
Sono un entusiasta del Mose. Certo davanti al comitatone ho chiesto una cabina di regia in Prefettura. I cittadini devono sapere. E noi siamo stanchi di essere presi in giro. Il progetto è in corso, i lavori sono proseguiti, ci sono ancora problemi per il vecchio meccanismo finanziario, ma si va avanti».
L'altro giorno, nella pre-prova, 6 delle 78 paratoie non sono scese regolarmente. Nessuna paura di un flop?
«Stiamo parlando di un cantiere. Siamo pratici, non c'è da vergognarsi. Stiamo parlando di un'opera gigantesca che non ha mai fatto nessuno al mondo. Un'opera frutto dell'ingegnosità italiana. Quello che è successo l'altro giorno è avvenuto a Punta Sabbioni, dove come dice il nome c'è molta sabbia che ha rallentato la discesa delle paratoie. Speriamo che abbiano sistemato i cassoni, ma si continua a lavorare. Troppo comodo fare polemiche. Io non le ho mai fatte».
Però vent' anni sono tanti.
«Chiaro che non è un tempo congruo. Sono i mali dell'Italia. Io preferisco encomiare chi sta facendo di tutto per finirlo. I veneziani sono arrabbiati. Ma non basta protestare. Per troppi anni la politica è stata gestita da filosofi e intellettuali, dimenticandosi della tecnica. I mari si stanno alzando. Facile dirlo ora. Il Mose è stato pensato tanti anni fa per questo».
A rallentare il progetto e a far lievitare i costi sono state anche le tangenti. Costruttori in galera, il suo predecessore Giorgio Orsoni ci ha rimesso pure la poltrona...
«È un fatto storico. Ci sarà una verità giudiziaria. Ma io oggi devo pensare soprattutto alle case dei veneziani che vanno sott' acqua. Anche senza dimenticare che non si possono più fare opere come questa, finanziate e gestite direttamente dal governo di Roma. Il modello Genova, quello della ricostruzione del ponte Morandi, è il modello giusto: finanziare interamente l'opera e commissario unico. Oggi è arrivato il momento del fare. La politica degli incapaci mi fa abbastanza schifo».
Sicuro che il Mose sarà la soluzione?
«Non ci sono alternative. All'inizio si parlava di ore per innalzare le paratoie. Oggi ci vogliono 20 minuti e altri 20 per stabilizzarle. È come una porta che si apre e si chiude. Può essere una soluzione anche per altri luoghi del mondo».
In piazza ci saranno anche i No Mose.
«No Mose, No Navi, No Vax, i soliti, un partito anarchico. Ma non si può sempre dire di no a tutto. Dobbiamo decidere se stare sempre nel mondo dei sogni o calarci nella realtà».
A proposito delle grandi navi in Laguna, come siamo messi?
«Siamo a niente. La proposta di fermarle a Marghera è sul tavolo da anni. Deve decidere il governo, ma ci sono state le elezioni e il Coronavirus. Era venuto qui anche l'allora ministro Danilo Toninelli. Dopo un giro in elicottero disse: "Ci penso io!". Siamo ancora qui».
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