Andrea Bulleri per il Messaggero - Estratti
(...) Per Schlein in Transatlantico è la giornata delle pacche sulle spalle.
VINCENZO DE LUCA VS ELLY SCHLEIN - ILLUSTRAZIONE IL FATTO QUOTIDIANO
In mattinata sente Giuseppe Conte, con cui la sera della vittoria non c'era stato modo di festeggiare (lei a Perugia a brindare col duo rosso-verde di Avs in un'osteria del centro, lui rimasto a Roma a preparare l'assemblea del 23 e 24 al Palazzo dei congressi). Poi la segretaria si apparta con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli sui divanetti del corridoio fumatori della Camera, per una lunga chiacchierata.
Tra una sigaretta e l'altra si discute anche del futuro della "foto di Terni", lo scatto che ritraeva i protagonisti del centrosinistra con la neo-governatrice umbra Stefania Proietti (ma senza Renzi e Calenda). «Èda quel perimetro che bisogna ripartire», insistono da Avs: «Non è un problema di veti, ma di programmi. E i nostri chiude il verde Bonelli non sono compatibili con quelli di chi dice sì al nucleare e al Ponte sullo Stretto, come Azione e Italia viva».
Insomma: altro che spinta alle alleanze dalla doppia vittoria. Per Schlein la matassa è tutta da sbrogliare. Ma lei non se ne cura, per ora, limitandosi a riconoscere che «non abbiamo pretese di autosufficienza» perché i voti del Pd da soli non bastano. Il mantra però resta «calma e gesso»: sono altri i nodi più urgenti da sciogliere.
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L'altro nodo da sciogliere per la timoniera del Nazareno riguarda le Regionali 2025 in Campania, Toscana, Puglia, Marche e Veneto.
Schlein sogna un'altra spallata a Giorgia Meloni, più dolorosa di quella appena assestata. Ma i piani della segretaria sono messi a rischio da un lato dalla riottosità degli alleati (in Toscana fa discutere un sondaggio commissionato dalla Cgil regionale tra i propri iscritti, secondo cui il centrosinistra perderebbe il 19% se si alleasse con Renzi e Calenda).
Dall'altro, dalle mosse di Enzo De Luca: il governatore "sceriffo" di Salerno, dopo il via libera incassato dal suo consiglio regionale al terzo mandato, non ha alcuna intenzione di farsi da parte, come gli chiede il Nazareno. E ora sarebbe tentato di forzare la mano: dimettersi per tornare alle urne entro 90 giorni. Così da bruciare sul tempo un eventuale ricorso del governo sulla norma che gli consente di correre di nuovo. E da spiazzare il Pd, che si troverebbe o a dover scegliere un candidato alternativo in fretta e furia, oppure a scendere a patti con il «cacicco» De Luca.
E non semplifica il quadro Renzi, che fa sapere a Schlein che alle prossime regionali Iv «starà al tavolo con il centrosinistra. E in Campania profetizza faranno a botte per averci». Peccato che stellati e rosso-verdi da quell'orecchio proprio non ci vogliano sentire.
«Renzi non serve», ripetono: «Vinciamo solo se mettiamo in campo una proposta credibile». L'ex premier però sventola i numeri e tira dritto: «Noi non mettiamo veti, chi ha provato a buttarci fuori ha perso i voti, chiamatela sfiga, karma...». Ce l'ha con Conte, Renzi. Alle regionali, insiste, «poteva essere un 3 a 0 se qualcuno, in Liguria, non avesse sbagliato un rigore e poi fatto autogol. Non diciamo il nome, diciamo il leader del M5S».
Dura la vita da federatrice.