STEFANO MONTEFIORI per il Corriere della Sera
Eliseo, epoca Chirac, ufficio dell'allora segretario generale Dominique de Villepin, 1998. Valérie Pécresse sta per entrare a far parte dell'équipe presidenziale per occuparsi di società dell'informazione, e il futuro premier Villepin le offre, gratis, una profezia: «Comunque lei non farà mai politica. Perché è una donna normale: ha un marito, dei figli. E in politica non esistono donne normali, solo nevrotiche».
Pécresse ha più volte smentito nei fatti quella previsione (da lei raccontata nel libro Et c'est cela qui changea tout scritto con Marion Van Renterghem) e ieri ha vinto anche il congresso dei Républicains, diventando la prima donna candidata all'Eliseo nella storia della destra gollista.
Nata e cresciuta tra Neuilly e Versailles bastioni della Francia agiata e conservatrice, 54 anni, Pécresse ha battuto il deputato di Nizza (con origini di Treviso) Éric Ciotti al ballottaggio, dopo che il favorito Xavier Bertrand e l'ex negoziatore della Brexit Michel Barnier sono stati a sorpresa eliminati al primo turno.
All'annuncio del risultato (61% contro 39%) Pécresse è apparsa in giacca rossa davanti alle grisaglie degli sconfitti per dare qualche parola d'ordine della nuova sfida al presidente Emmanuel Macron: «Autorità, libertà, dignità». Poi, evocando criminalità e oscurantismo islamista: «La mia mano non trema contro i nemici della Repubblica».
E ancora, rivolta agli avversari di estrema destra Marine Le Pen e Eric Zemmour: «Non c'è alcun bisogno di essere estremisti per andare all'attacco». Pécresse ha un percorso impeccabile da prima della classe: le migliori scuole, il diploma all'Ena, la docenza di diritto costituzionale, consigliera di Chirac poi ministra della Ricerca e in seguito del Budget sotto Sarkozy, dal 2015 è presidente dell'Île-de-France, la ragione più ricca e popolosa di Francia, dove ha fatto valere le sue doti di politica «due terzi Merkel, un terzo Thatcher», come si definisce: ossessione per la conoscenza dei dossier e pragmatismo.
«Una donna col cerchietto in testa», la bollò l'avversario socialista poi sconfitto alle regionali Claude Bartolone. Non era vero, «mai portato un cerchietto in vita mia», ma la formula è rimasta a indicare il lato un po' rigido e controllato della borghese di Versailles.
marine le pen ed emmanuel macron
L'esito del congresso dei Républicains è quello meno gradito a Macron: criticato talvolta per avere scelto un entourage soprattutto maschile, privo di un radicamento territoriale profondo, il presidente dovrà confrontarsi con una donna che potrebbe attrarre parte del suo stesso elettorato, con in più un legame forte con la regione di Parigi e una linea marcata su «ristabilimento dell'ordine e dell'autorità», i temi del momento in Francia. Per ora data dai sondaggi al quarto posto (Macron circa 24%, Marine Le Pen 20%, Eric Zemmour 13%, Pécresse 11%), la candidata dei Républicains potrebbe godere di un balzo in avanti grazie alla vittoria di ieri e diventare una concorrente davvero temibile per la primavera 2022.
Con una sinistra per ora relegata ai margini del dibattito, le manovre per conquistare il voto dell'area di destra (dai gollisti all'estrema) vedono oggi il primo grande comizio da candidato di Éric Zemmour, a Villepinte, fuori Parigi. L'ambasciata americana consiglia ai propri cittadini di evitare le zone di Villepinte e di Barbès, dove sono previste manifestazioni antifasciste che potrebbero portare a scontri con i suoi sostenitori.
marine le pen mascherinata emmanuel macron e marine le pen