Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
È stato il primo politico tradizionale a lasciarsi convincere da Emmanuel Macron, il primo socialista a sostenere quel giovane e ancora evanescente candidato dandogli solidità, e il solo a versare lacrime di gioia nel giorno dell' investitura, il 14 maggio 2017 all' Eliseo, come un padre che si commuove alla laurea del figlio.
Per Macron il 71enne Gérard Collomb si era allontanato da Lione, dalla seconda moglie, dalle due figlie appena adolescenti e dalla poltrona di sindaco che occupava da 16 anni, ed era diventato ministro dell' Interno e numero 2 del primo governo «del nuovo mondo», secondo la formula del presidente. Sedici mesi dopo, visto che cos' era il nuovo mondo, Collomb ha deciso di tornare nel vecchio.
macron alle antille con maschioni 2
Ha lasciato il governo nel modo più rocambolesco che la storia della Quinta Repubblica ricordi. Il 18 settembre Collomb ha annunciato che si sarebbe dimesso dopo le europee per ri-candidarsi a Lione alle municipali del 2020. L'opposizione allora lo ha accusato di avere la testa altrove pur rispondendo di questioni decisive come la gestione dell' immigrazione e la lotta al terrorismo.
Lunedì sera, all'improvviso, Collomb ha presentato le dimissioni immediate, ma Macron le ha respinte. Il ministro è sembrato acconsentire, ma la fedeltà al presidente è durata lo spazio di una notte. Martedì Collomb ha ribadito - al Figaro - di volersene andare, e subito. A quel punto un estenuato Macron lo ha lasciato partire.
Ieri pomeriggio l' ormai ex ministro ha preso il Tgv per l' agognata Lione, un viaggio in treno di neanche due ore che ha preso i toni di un epico ritorno a casa. Ad attenderlo in stazione c' erano molti concittadini e l' attuale sindaco Georges Képénékian, che si dimetterà per cedergli il posto nel giro di un paio di settimane.
«Parigi le manca già?», gli chiedono. «Per niente, guardate questo magnifico cielo blu. A Parigi era grigio». È uno schiaffo per Macron che negli stessi momenti, in visita al Salone dell' automobile di Parigi, ha cercato di minimizzare: «Vi rassicuro. Ci sono una rotta, istituzioni, un governo al lavoro, al servizio del Paese e del popolo francese. Conta solo questo. Il resto sono contrattempi».
Ma dopo le defezioni del numero 3 Nicolas Hulot (Transizione ecologica) a fine agosto -«Non ci credo più» - e della ministra allo Sport Laura Flessel, l' addio ostinato di Collomb è il segno di un sistema di potere che vacilla, nonostante una maggioranza inattaccabile nei numeri.
Nei primi mesi di presidenza Macron amava proporsi come il «padrone degli orologi» che detta i tempi della politica, eppure viene abbandonato dai fedelissimi e lo viene a sapere dalla radio (Hulot) o dai giornali (Collomb). L' opposizione - Marine Le Pen in testa - si scatena e parla di «Titanic», «circo», «clown».
Che cosa è successo tra Macron e Collomb? Durante lo scandalo Benalla il ministro si è sentito abbandonato e ha dato l' impressione di scaricare le colpe sull' Eliseo. Poi Collomb ha notato in Macron una «mancanza di umiltà» e gli ha consigliato - paternamente, ma in pubblico - di cambiare stile «per non restare isolato».
Per il sostituto circolano i nomi dei ministri Darmanin, Le Drian, Castaner o del magistrato anti-terrorismo Molins. Dalla nascita del governo in poi sono sette i politici che hanno lasciato il posto, e il deputato della maggioranza Patrick Vignal ora ha un' unica richiesta: «Basta con i ministri Kleenex».