NUOVO CINEMA GIORGETTI – IL SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA NON NE PUÒ PIÙ DEI GRILLINI, MA A FATICA CONTINUA A RESISTERE, DA BUON SOLDATO LEGHISTA: LA LINEA È QUELLA DI NON METTERE PIEDI IN FALLO, ANCHE SE GOVERNARE CON QUESTI “MATTI” È “COME CAMMINARE SU UN PONTE TIBETANO” – LA ROAD MAP DELLA LEGA: IL GOVERNO CADE SOLO PER RESPONSABILITÀ DEL M5S 

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Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

 

giancarlo giorgetti foto mezzelani giancarlo giorgetti foto mezzelani

Dal «portiamo a casa la manovra e poi vediamo», è passato a un più generico ma non meno indicativo «chissà quanto dura». Sul governo un' idea personale l' avrebbe, ma Giorgetti - per quanto a fatica - riesce a trattenerla, perché condivide la strategia di Salvini.

 

E la linea in questa fase prevede di non mettere piedi in fallo, per quanto proseguire l' esperienza del «cambiamento» con i grillini sia «come camminare su un ponte tibetano». L' altra sera - dopo l' approvazione del ddl Anticorruzione - il Capitano ha voluto spiegarsi con la squadra, costretta a votare il provvedimento trangugiando Maalox: «Le cose che non si capiscono ora si capiranno al momento opportuno».

 

Il sottosegretario alla Presidenza, partecipe del disegno, si è prodigato a far ingurgitare la soluzione: mai e poi mai la Lega dovrà assumersi nei mesi a venire la responsabilità di una crisi di governo. Poi però ci sono dei momenti in cui il «fatto personale» prende il sopravvento, e i gesti conseguenti sono comunque gesti politici.

giancarlo giorgetti barbara saltamartini giancarlo giorgetti barbara saltamartini

 

Giorgetti infatti ha disertato gli ultimi Consigli dei ministri, dopo che in uno dei penultimi aveva chiesto ai colleghi cinquestelle di smetterla con gli attacchi personali sui giornali. Invece, dalla «manina» sul decreto fiscale fino alle «manine» nelle votazioni segrete alla Camera, è sempre stato tirato in ballo come l' ispiratore dei complotti: «E io mi sono rotto». Perciò Di Maio è stato costretto pubblicamente a discolparlo.

 

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Passi la marcatura a uomo a cui è costretto, da quando i grillini l' hanno preso di mira per via della competenza e delle conoscenze che emergono su ogni dossier. Persino nella gestione della trattativa con il Coni - lui che ha la delega allo Sport - ogni qualvolta ha incontrato Malagò è stato accompagnato da un sottosegretario del Movimento, Valente.

 

Ma in fondo questo è il gioco e Giorgetti si adegua. La sua stanza a Palazzo Chigi è un porto di mare per imbarcazioni in difficoltà di navigazione. È lì che ha riparato Savona negli ultimi tempi, ed è lì che - per sfogarsi - il ministro agli Affari europei gli ha rubato uno dei suoi intercalare: «È un disastro». L' altra frase che usa Giorgetti - insieme al famoso «sono tutti matti» riferito ai grillini - è «che cinema».

 

giorgetti egonu sylla giorgetti egonu sylla

Gliel' hanno sentita pronunciare nell' Aula della Camera, il giorno dopo quel voto a scrutinio segreto con cui l' esecutivo era andato sotto sull' Anticorruzione. Di Maio aveva chiesto la presenza di tutti i ministri ai banchi del governo per lavare l' onta. Giorgetti, che in vent' anni e passa di attività parlamentare ne aveva viste tante, non pensava di stupirsi ancora. Perciò nel vedere quella scena, non ha resistito: «Che cinema. Che cinema».

 

Teorico de «la manovra va cambiata», ben prima che il club si affollasse di autorevoli colleghi, ritiene sia ancora possibile una soluzione di compromesso con Bruxelles.

Forse è più un atto di fede che un vero convincimento, in ogni caso - secondo Giorgetti - al governo servirebbe «un asso nella manica», uno scatto e uno scarto rispetto alla logica del braccio di ferro: «Qualcosa bisogna inventarsela».

 

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Perché è consapevole (al pari di pochi altri tra i grillini) che il reale problema stia nella gestione politica della trattativa. Ma su questo punto, oltre che dispensare suggerimenti non può né vuole spingersi. I suoi consigli sono post-it, attaccati nella stanza delle riunioni a futura memoria. «Attenzione ai mercati» è di luglio. «Così si va a sbattere» è di settembre. «Bisogna abbassare i toni» è di ottobre.

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Ché poi anche Salvini, forse Salvini più di tutti, prima lo sta a sentire e dopo si fa sentire con Juncker, Moscovici e chiunque pensi di «danneggiare l' Italia e gli italiani». È in passaggi come questi che Giorgetti - come lo descrivono i leghisti che lo conoscono da anni - «si trasforma in una testuggine e si ritrae nel suo carapace».

 

DI MAIO CONTE GIORGETTI DI MAIO CONTE GIORGETTI

Palazzo Chigi sarà pure il regno dell' incertezza, ma la road map della Lega è chiara: in vista delle Europee niente errori e nemmeno sbavature, e se il «ponte tibetano» dovesse cedere prima sarebbe solo per responsabilità dei grillini. Il resto lo diranno le urne, e il cambio del sistema: secondo Giorgetti basta osservare la crisi del Pd e di Forza Italia per capire che fra pochi mesi sarà un altro mondo.

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