Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
MARIO DRAGHI E SILVIO BERLUSCONI
Mario Draghi è costretto ad attendere, perché il timing che si era dato per formare il governo non coincide con il fuso orario dei grillini, con i loro riti assemblearisti, proiezione di tormenti interni che finiscono per scaricarsi sulle scelte del Palazzo e del Paese.
E ieri Silvio Berlusconi aveva percepito la preoccupazione dell'ex presidente della Bce, quando era andato a incontrarlo.
«Purtroppo siamo in ritardo con la tabella di marcia - gli aveva confidato il premier incaricato - perché bisogna attendere l'esito delle consultazioni dei Cinque Stelle sulla piattaforma Rousseau». «Sarà positivo», aveva commentato il Cavaliere, che però coglieva nella risposta del suo interlocutore un chiaro segno d' incertezza: «Eh, vediamo. Speriamo bene...».
Poco più tardi Draghi avrebbe visto confermate le sue previsioni. La delegazione grillina gli avrebbe infatti riferito di voler posticipare il referendum: come se non bastasse, sarebbero stati sottoposti al voto anche i punti del suo programma di governo. Ora, siccome il premier incaricato aveva già spiegato ai Cinque Stelle di considerare «indispensabile» la loro presenza in maggioranza, è evidente il motivo per cui ritiene ancora «lontana» la chiusura del suo lavoro: senza una chiara base politica non può sciogliere la riserva con il capo dello Stato.
BEPPE GRILLO E GIUSEPPE #CONTE
Così ieri sera tornavano a circolare le voci inquietanti del giorno prima, riferite a un autorevole esponente dem da uno degli uomini più vicini a Beppe Grillo e subito trasmesse agli altri dirigenti del Pd: «Grillo verso il no. Vi risulta?». La segnalazione non era stata considerata attendibile, perché dal fronte grillino erano giunte rassicurazioni sulla volontà di appoggiare Draghi «anche se decidesse di fare un governo di soli tecnici».
Invece ieri sera il fondatore di M5S ha messo in agitazione l'intera comunità politica. Ma soprattutto il Pd, che teme di veder saltare l'alleanza con i grillini, mentre nel partito c' era (e c'è ancora) chi guardava (e guarda) con sospetto «le manovre» di Giuseppe Conte, specie dopo la sua conversazione con il senatore «responsabile» Andrea Causin la sera in cui l'ex presidente della Bce aveva preso l' incarico: «Ho il controllo del Movimento. Non voterà la fiducia a Draghi. Aspetta».
MARIO DRAGHI E SILVIO BERLUSCONI
In nottata Grillo ha giustificato il ritardo del voto perché resta in attesa di capire se Draghi ha «le idee chiare». A parte il fatto che Draghi ha usato due giri di consultazioni per spiegare il programma e verificare il perimetro della maggioranza, dietro quel messaggio si celerebbe un diktat: la richiesta di una sorta di endorsement verso i futuri ministri grillini politici.
Cambia così il timing del premier incaricato, che dopo l'incontro di oggi con le parti sociali avrebbe usato la giornata di domani per stilare la lista dei ministri. Sugli incarichi di governo non ha mai offerto spazi di manovra ai partiti, che - secondo fonti accreditate - verrebbero avvertiti praticamente a cose fatte, cioè poco prima dell' incontro al Quirinale tra l' ex presidente della Bce e Sergio Mattarella.
L'unico con il quale Draghi si confronta. Di qui il nervosismo delle forze politiche, che ieri sentivano avvicinarsi il momento delle scelte ed erano in fibrillazione per la totale assenza di informazioni. Ma nessuno prevedeva il colpo di scena grillino, che ferma le lancette della crisi e spiazza partiti e istituzioni.
Il Pd si interrogava sui tatticismi di Matteo Salvini, non immaginava invece di dover fare i conti con il surreale atteggiamento dei suoi alleati a Cinque Stelle. E dire che ieri Zingaretti aveva lasciato Draghi con un umore diverso rispetto al primo colloquio. Allora il segretario dem aveva dovuto persino bloccare quanti nel suo partito si lamentavano per l'atteggiamento di Draghi: «Chissà dove ci porterà...».
Certo, resta l'ansia sulla composizione del governo, ma dalla Lega al Pd, passando per FI e i centristi dell'Udc, ieri tutti si ritenevano in fondo soddisfatti del programma. Per il progetto nazionale sulla vaccinazione di massa attraverso una piattaforma digitale. Per l'accordo in itinere con l'Europa sulla riprogrammazione delle dosi da distribuire all'Italia. Per il piano di investimenti pubblici che consentirebbe di aprire immediatamente i cantieri, seguendo quella che Draghi ha definito la «formula Genova».
SERGIO MATTARELLA MARIO DRAGHI
Per la riforma del fisco che non prevederebbe aumenti di tasse né condoni. Per l'impegno a sollecitare la pubblica amministrazione sui sussidi «che sono stati stanziati ma che non sono arrivati». Il tutto - come aveva spiegato il premier incaricato - dentro un quadro di «sempre maggiore integrazione europeista» e di legame con gli Stati Uniti: «Perché ho intenzione di tenere rapporti privilegiati con una sponda dell'Atlantico e non intendo navigare per altri mari». Dopo aver ascoltato Draghi, Berlusconi per un attimo aveva fatto Berlusconi: «Condivido tutto. Mi sembra un libro dei sogni». «È un programma», gli aveva sorriso l'ex capo della Bce: «Dobbiamo solo farlo partire». Quando Grillo vorrà farlo partire...