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1 - DAGONOTA - RIPERCUSSIONI DELLE AMMINISTRATIVE: CONGRESSO IN TEMPI BRUCIANTI DELLA LEGA: O SALVINI CAMBIA MUSICA E ACCETTA LA LINEA GOVERNISTA DI GIORGETTI E GOVERNATORI OPPURE È GIÀ PRONTO IL SUCCESSORE ALLA SEGRETERIA DEL CARROCCIO: FEDRIGA
2 - A VARESE SARÀ BALLOTTAGGIO TRA GALIMBERTI E BIANCHI: IL NUOVO SINDACO SI DECIDERÀ IL 17 E 18 OTTOBRE
Filippo M. Capra per www.fanpage.it
Ci sarà ballottaggio a Varese per decidere chi amministrerà per i prossimi cinque anni la città. Tra due settimane si giocheranno l'elezione il sindaco uscente Davide Galimberti, sostenuto sia dal centrosinistra che dal Movimento 5 stelle, e Matteo Bianchi, deputato della Lega, partito storicamente forte nel capoluogo di provincia lombardo.
Galimberti, al primo turno, ha ottenuto il 48 per cento dei voti, Bianchi il 44,8. Alle loro spalle, Daniele Zanzi con il 2,6 per cento, Carlo Alberto Coletto con il 2,08, Caterina Cazzato con l'1,1, Francesco Tomasella con lo 0,83 e Giuseppe Pittaresi con lo 0,48.
Ballottaggio elezioni Varese, quando si vota
In tutti i Comuni italiani chiamati a rinnovare il rispettivo governo, il sindaco viene eletto con il sistema maggioritario. Al ballottaggio, si ricorre solo nei Comuni con più di 15.000 abitanti, come nel caso di Varese. I cittadini sono quindi nuovamente convocati alle urne per scegliere il proprio candidato sindaco ed eleggerlo nei giorni di domenica 17 e lunedì 18 ottobre. Come per il primo turno, nella giornata di domenica si voterà dalle 7 alle 23, mentre nella giornata di lunedì i seggi saranno aperti dalle 7 alle 15.
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Elezioni comunali Varese, l'affluenza alle urne il 3 e 4 ottobre
Al primo turni l'affluenza al voto a Varese è stata del 50,93 per cento, inferiore a quella di cinque anni fa, quando si registrò il dato del 55,89 per cento. Al primo giorno di questa tornata elettorale, al primo turno, alle 23 di sabato 3 ottobre il dato era del 40,15 per cento contro il 55,89 di cinque anni fa, quando però si votò in un'unica giornata.
SALVINI FA AUTOCRITICA PROCESSO DEI NORDISTI: «DEVI CAMBIARE LINEA»
Marco Moratti per "il Messaggero"
Da buon ex comunista padano, Matteo Salvini fa autocritica in diretta tv per evitare che si apra un processo nei suoi confronti, nella Lega e nella coalizione. «Nelle grandi città abbiamo presentato la nostra proposta di cambiamento troppo tardi», spiega subito dopo i primi exitpoll. «Il centrodestra unito vince ma deve essere unito davvero», ammonisce.
matteo salvini enrico michetti giorgia meloni
E infine, a scanso di equivoci, mette le mani avanti e dice che «se qualcuno usa questo voto, per abbattere il Governo di unità nazionale, fa qualcosa di irresponsabile».
IL TRIPLO
Nella difesa a spada tratta del governo c'è chi coglie il primo segnale di un possibile cambio di passo dell'ex ministro dell'Interno che continua a misurare il risultato di ieri sulla base delle amministrazioni vinte e perse e non sull'importanza dei comuni. Nascondere la debacle di Milano, dove ad un certo punto si era ipotizzata anche una sua candidatura, è però difficile.
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La vittoria di Beppe Sala era annunciata, ma le percentuali del Carroccio sono devastanti soprattutto se paragonate all'avanzata di FdI che nel capoluogo lombardo ha triplicato i voti malgrado lo scandalo seguito all'inchiesta di Fanpage. I ballottaggi a Roma, Torino e Trieste consentono, forse, al leader leghista un po' di tregua.
Trascorse le due settimane la resa dei conti è però scontata anche se nel partito la fronda non arriva a chiedere la testa del segretario, ma una robusta correzione di rotta. I risultati non cambiano le percentuali nazionali che da tempo danno il centrodestra avanti, ma lo penalizzano con la fuga dall'esercizio del voto quando la proposta è inadeguata sia sotto il profilo dei candidati che della proposta politica.
Silvio Berlusconi lo ha capito per primo quando ha proposto di scegliere in futuro i candidati con «metodi più democratici, ma il problema della Lega sta tutto in quel partito del Nord - al quale ieri Salvini ha mandato un messaggio sulla volontà di non voler compromettere il governo - ma che continua a contestare la linea del segretario che, a giudizio dei governatori e della pattuglia di ministri, sbaglia a tenere una posizione ambigua nel rapporto con il governo, come ha sbagliato a contestare le misure adottate dall'esecutivo per arginare la pandemia.
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Su tutti la polemica sul Green pass che Salvini ha cercato in tutti i modi di bloccare scontrandosi prima con i ministri Giorgetti e Garavaglia e poi con i presidenti di regione Zaia e Fedriga. Presentarsi agli elettori come una coalizione che ha tre linee politiche diverse e due leader, non ha funzionato e soprattutto dilaga la convinzione che Salvini non sia in grado di riportare il centrodestra a Palazzo Chigi e che quindi sia meglio acconciarsi a cambiare la legge elettorale rispolverando il sistema proporzionale.
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Salvini però non ha voglia e definisce «perdita di tempo» riaprire la discussione sulla legge elettorale. Ha dalla sua le percentuali che, malgrado tutto, sono ancora lusinghiere per un partito che il segretario ha preso al 3%.
Sono alle spalle i fasti del 2019 con le percentuali che andavano oltre il 30%, ma il Carroccio è ancora ben sopra la Lega di Bossi. Il rischio però è che, specie al Sud, si tratti di un consenso volatile, certamente meno fidelizzato di quello che per anni ha permesso al Senatur di vincere le elezioni in alleanza con Forza Italia e centristi.
MASSIMILIANO FEDRIGA E MATTEO SALVINI
E poichè il Nord non vuole essere escluso dal governo, specie in questa stagione di ripresa e di miliardi del Recovery, ovvio che l'elettore leghista finisca col fidarsi più di Draghi che, per esempio, di Bagnai o Borghi e decida di starsene a casa.
Ciò che rimproverano da tempo Zaia e Fedriga a Salvini è di avercapito il messaggio del Nord prima degli altri - sbarrando la strada ai tentativi di Pd e 5S di far nascere un terzo governo Conte - salvo poi prendere le distanze lasciando al nuovo segretario del Pd il ruolo di alfiere dell'esecutiivo-Draghi.
MARIO DRAGHI GIANCARLO GIORGETTI
LA COSTOLA
«Lega e FdI da soli non vincono», ricorda Maurizio Lupi, ex ministro e esponente di Noi con l'Italia, una delle formazioni di centro sorta da una costola di FI. La deriva lepenista preoccupa l'area di centro della coalizione che si salda con quella parte del Carroccio che visse anche la stagione nella quale il partito venne definito «una costola della sinistra».
Rischiare di fare la fine della francese Le Pen che fa il pieno dei voti ma non governa, atterrisce coloro che ricordano anche quando nel 96 la Lega andò da sola alle elezioni, fece il pieno dei voti, ma restò all'opposizione per cinque anni insieme al resto del centrodestra.
Salvini ieri ha fatto riferimento anche alle elezioni amministrative del prossimo anno e ha promesso di scegliere i candidati «entro novembre». Ma a via Bellerio i dubbi restano, specie di coloro che rammentano al segretario che Beppe Sala ha iniziato la sua avventura politica come city-manager della sindaca di centrodestra Letizia Moratti.
MASSIMILIANO FEDRIGA E MATTEO SALVINI matteo bianchi