boris johnson e carrie symonds
1.SCOPERTE ALTRE FESTE A DOWNING STREET, JOHNSON PRESENTE IN SEI OCCASIONI
Estratto dell’articolo di Vittorio Sabadin per www.lastampa.it
Boris Johnson fa finta di niente e spera che la storia delle feste a Downing Street sia ormai acqua passata, ma l’opposizione laburista e i giornali inglesi non mollano la presa. L’indagine interna di Sue Gary ha scoperto che nella sede del governo si sono tenuti altri party a base di Prosecco, a sei dei quali ha partecipato direttamente il premier.
2.CARRIE DIETRO BORIS? DUELLO TRA GIORNALISTE «BRITISH»
Luigi Ippolito per il "Corriere della Sera"
Cos'hanno in comune i party a Downing Street, la costosissima ristrutturazione dell'appartamento privato del premier, perfino la discussa evacuazione di cani e gatti da Kabul? La mano di Carrie, la moglie di Boris Johnson. Il cui ruolo, adesso, divide le commentatrici inglesi: perché la questione è se si può criticare l'influenza di una donna senza cadere nel più bieco sessismo. A rompere il tabù è stata la sempre caustica Camilla Long, affilata penna del Sunday Times: la quale, domenica, ha scritto che «la grande, orribile, non detta realtà dello scandalo del Partygate - e di molti altri scandali recenti - è che tutte le strade riconducono a lei».
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E la columnist fa subito giustizia delle possibili obiezioni: «Si può provare ad avanzare il concetto femminista che lei non è responsabile per gli errori di suo marito: ma non c'è nulla di femminista nella drasticamente elementare, avida prospettiva di Carrie». E giù con l'accusa che «le impronte digitali su tutte quelle decisioni sono le sue. Lei crea la politica invece che consigliare. È quasi lei stessa il primo ministro». Ma ieri è arrivata la replica, sempre dalle pagine del Times , per la penna di Alice Thomson: che paragona il destino di Carrie a quello di Anna Bolena, additata per le scelte di Enrico VIII.
«Mezzo millennio dopo non molto è cambiato - commenta amara la Thomson - c'è solo una corte differente, quella di Boris Johnson». La columnist se la prende soprattutto con i critici maschi: Carrie è «la strega e la puttana» e «c'è da meravigliarsi che non abbiano lasciato un cappello nero a punta sulla sua porta». Ma in ogni caso alla Thomson «appare sessista bruciare una donna sul rogo invece di suo marito che è stato eletto e che è quello con il potere». Ma al di là delle polemiche, il problema politico e pratico del momento è che Boris ha promesso di mettere ordine nella sua «corte del caos».
E per farlo è ricorso di nuovo ai consigli di Sir Lynton Crosby, maestro della comunicazione politica: il quale, scrive sul Daily Mail un'altra commentatrice donna, quella Sarah Vine che è anche l'ex moglie del potentissimo Michael Gove, il braccio destro di Boris nel governo, «getterà uno sguardo duro e freddo su Carrie e concluderà - giustamente o ingiustamente - che è lei la debolezza del primo ministro». Dunque il reset della macchina del governo dovrà passare inevitabilmente dalla ridefinizione del ruolo della moglie di Johnson.
E che non si tratti di operazione facile lo si è capito dal rifiuto appena opposto da Antonia Romeo, una delle più importanti funzionarie pubbliche britanniche, all'offerta di diventare segretaria permanente di Downing Street col compito di riorganizzare l'ufficio del premier: quella stessa Romeo che era stata già in lizza per diventare Segretaria di Gabinetto dell'esecutivo ma che, a quanto pare, era stata bocciata proprio da un veto di Carrie. Prima o poi, qualcuno dovrà mettere mano a questo groviglio di interessi pubblici e affetti privati.
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