IL PASSATO CHE NON PASSA - FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA E RITORNO DI FIAMMA DELLA PRIMA CON I “TRE TENORI” A CUI VIENE CONSEGNATO IL CARTELLONE DELLA PROSSIMA STAGIONE POLITICO-ISTITUZIONALE (BIENNALE?) – MATTARELLA (QUIRINALE), AMATO (CORTE COSTITUZIONALE) E DRAGHI (PALAZZO CHIGI) IN POCHE ORE HANNO OCCUPATO LE PRINCIPALI POLTRONE DEL POTERE IN ITALIA – IL RITORNO A FUROR DI POPOLO DELLA MUMMIA SICULA AL COLLE PIU’ ALTO, PRIMA ANCORA DELLA FARSA INSCENATA DAI PARTITI, È UN FATTO SENZA PRECEDENTI CHE HA CANCELLATO L’ORGIA-TALK DI PAROLE DEGLI OPINIONISTI ALLA MIELI 

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DAGONOTA

Mattarella Amato Mattarella Amato

Sabato 29 gennaio 2022, San Costanzo martire cristiano, sarà ricordato negli annali della storia patria come il ritorno di fiamma della Prima Repubblica, soprattutto per la forte carica simbolica dei suoi protagonisti che ne incarnano lo spirito politico d’antan.

 

Il cartellone della prossima stagione istituzionale (biennale?) sarà interpretato infatti dai Tre tenori saliti alla ribalta nel giorno che verifica il disastroso stato di salute delle forze politiche: Sergio Mattarella (Dc), capo dello Stato; Giuliano Amato (Psi) presidente della Corte costituzionale) e Mario Draghi (indipendente), premier a Palazzo Chigi.

GIULIANO AMATO MARIO DRAGHI GIULIANO AMATO MARIO DRAGHI

 

Ad occupare le principali poltrone istituzionali è il vecchio (buono) che ritorna. Con buona pace degli ideologhi (trasversali) della presunta Seconda Repubblica che trent’anni fa, sospinti dalla furia giudiziaria di Tangentopoli e dai Poteri marci con i loro giornaloni a fare cassa di risonanza, ne avevano celebrato la nascita.

 

Ma dopo il suo totale fallimento e in attesa della Terza già abortita, in realtà - come ha scritto a ragione la politologa Nadia Urbinati -, le ultime due repubblichine “non avevano alcun fondamento né istituzionale né fattuale”.

sergio mattarella e giuliano amato sergio mattarella e giuliano amato

 

Insomma, la balla, il sogno o l’incubo (per alcuni) della “rivoluzione all’italiana” (copyright della ditta Mieli&Scalfari, mai pentiti) si è spento definitivamente l’altra notte nell’aula di Montecitorio quando i grandi elettori hanno proclamato per la seconda volta Capo dello Stato il maldisposto Sergio Mattarella.

 

E non si tratta soltanto di un presidente uscente nella solenne occasione indicato dai peones capeggiati dai leader di un sistema partitico ch’è imploso. Un apparato politico da tempo sulla via della rovina. E che oggi s’interroga su come rimettere insieme le rabberciate coalizioni in vista del voto nella primavera 2023.

paolo mieli versione mago otelma paolo mieli versione mago otelma

 

A gran voce la richiesta del bis è giunta prima dal “basso” del Paese che dall’”alto” delle Camere elettive. Quasi una investitura popolare. E non si tratta di una novità di poco conto. Ma per il sensitivo Paolino Mieli nulla sembra cambiato. Dopo aver orbitato in tutti i talk show televisivi nelle vesti profetiche del Mago Otelma (ahimè sfuggito ai radar critici di Aldo Grasso), l’ex direttore è allunato sulle pagine del Corrierone per sostenere che “tutto sommato i partiti sono usciti meno malconci di quanto ci è potuto apparire in presa diretta” (sic).

 

mario draghi in senato tra i ministri del suo governo mario draghi in senato tra i ministri del suo governo

L’uomo della “rivoluzione italiana” che poche ore prima del sì a Mattarella aveva presentito la nomina di Draghi al Quirinale, stavolta sfiora l’umorismo involontario alla Groucho Marx. Nell’orgia di parole di tanti autoproclamatisi opinionisti à la carte in tv e sui giornali andrebbe ricordato non solo a Mieli l’invito biblico: ‘’calma, non parlate invano e aspettate i frutti per giudicare l’albero”. Tant’è.

 

Al tredicesimo inquilino del Quirinale, superando anche la superstizione (benevola o malevola) che accompagna questa cifra bifronte nella scienza occulta della numerologia, la richiesta del bis (senza precedenti) è arrivata da lontano, dal cuore del Paese e dall’Europa allo scopo di salvaguardare il governo a guida Draghi. Neppure Sandro Pertini, entrato nel cuore degli italiani alla metà degli anni Ottanta, aveva raggiunto l’indice di consensi popolari intascato da Mattarella negli ultimi sei mesi.

sergio mattarella mattarella bis sergio mattarella mattarella bis

 

Così, nel giro di sette anni e nel lungo vuoto politico provocato da Mani pulite (1992), il neoeletto al Colle più alto ha ribaltato pure la distinzione classica del sociologo Max Weber transitando da grigio leader burocratico a leader carismatico.

 

Il suo secondo mandato sarà a tempo. Forse un biennio come ha ben illustrato sia a Draghi che a Giuliano Amato (che erano nella terna dei preferiti alla sua successione insieme a Marta Cartabia) nei colloqui decisivi intercorsi poche ore prima di sciogliere il nodo del suo bis.

 

L EDITORIALE DEL FINANCIAL TIMES SUL MATTARELLA BIS L EDITORIALE DEL FINANCIAL TIMES SUL MATTARELLA BIS

E il suo ragionamento poggia su questioni più di opportunità costituzionale che politica o personali (che pure ci sono): con il taglio dei parlamentari ridotto da 945 a 600 (confermato con un referendum popolare) e anche in assenza di una nuova legge elettorale (saranno ridisegnati solo i collegi) cambierà comunque il numero dei componenti di Camera e Senato.

 

E, di conseguenza, quello dei grandi elettori per il Quirinale. C’è il precedente di Oscar Luigi Scalfaro, quando nel 1994 sciolse il parlamento per effetto del referendum sul maggioritario che “di fatto - ha osservato il professor Michele Ainis -, ne aveva ripudiato l’investitura” avvenuta con vecchio il sistema proporzionale. E Mattarella non ama stonare nell’eseguire e dirigere le note scritte nella Costituzione.    

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