Pietrangelo Buttafuoco per il “Fatto Quotidiano”
Bibì, Bibò e la catastrofe capitolina. La destra è alla farsa e la trama è presto detta: Berlusconi & Bertolaso alla volta della disfatta politica. Per la prima volta in vita sua il Cavaliere non è in sintonia col suo popolo e fa una cosa che non si capisce: le confermative elettorali oggi e domani a Roma.
Bibì & Bibò, infatti, convocano nei gazebo i frastornati elettori di ciò che fu il Pdl – o popolo del berlusconismo che dir si voglia – impegnandoli a una prova di maturità politica. Quella di “confermare” ciò che è già deciso: Guido Bertolaso, candidato sindaco del centrodestra.
Chi gioca solo, si sa, non perde mai. E giusto per non complicare le cose, nella scheda offerta da B&B, c’è scritto un solo nome: Bertolaso Guido.
Bibì & Bibò, nella catastrofe capitolina confidano in un corale bee-bee. Greggi festanti pronte ad accorrere ai seggi mentre i lupi della Lega, intanto, si sfilano e Francesco Storace, giustamente, liquida come “cazzarie” le gazebarie del berlusconismo, parodia delle già parodistiche primarie della sinistra. “Vai avanti tu ché a me viene da ridere” ha dunque detto Matteo Salvini a Silvio
Berlusconi che nel fare questa cosa che non si capisce fa però intendere la sostanza dell’operazione: perdere a Roma, come dappertutto, per far vincere Matteo Renzi suo.
Bibò-Berlusconi s’è caricato Bibì-Bertolaso nell’apoteosi del vero conflitto d’interessi: cuius industria, eius regio. Tanto resta tranquillo Renzi al governo, quanto se ne stanno floride Mediaset e tutto il resto di mobilia del Cavaliere.
SILVIO BERLUSCONI E GUIDO BERTOLASO FOTO LAPRESSE
Con buona pace dell’opinione pubblica di centrodestra alla quale è destinata una stagione politica tutta da chiudere e senza un minimo di discussione. Come da tradizione, ohibò, senza che un solo dito si alzi per chiedere permesso e parlare visto che sono tutti nominati – quindi miracolati – i suoi deputati. Per non dire dei suoi alleati. E senza la minima traccia di confronto politico-culturale.
E poi dice che uno si butta nella malizia. Già bandiera del popolo della partita Iva, salvifica guida dell’Italia alle vongole, mirabile capo branco di una stagione libertina – a fronte dell’uggia cupa dei potentati debenedettiani – Berlusconi, pur sempre il protagonista che resterà nei libri di storia, diventa Bibò trascinando il suo popolo nel più triste finale di partita.
Seguite questa scena: sabato scorso, a Roma, il Cav. si ritrova per strada a largo Goldoni – all’incrocio con via Condotti – dove si fronteggiano due banchetti. Uno è quello della Lega, l’altro quello degli animalisti.
E poi dice che uno si butta nella malinconia. Scortato dalla sua fidanzata comandina, Francesca Pascale, Berlusconi è messo in mezzo dagli animalisti che lo sfottono – “Stava con i cacciatori e adesso viene qui…” – ma è avvistato anche dai leghisti. Un’entusiasta militante di Noi con Salvini, la signora Antonietta, si avvicina a lui per invitarlo, giusto per fare incetta di selfie e autografi: “Presidente, venga al nostro banchetto, venga da chi le vuol bene”. Messo nelle condizioni di godersi cinque minuti di umanità rispetto al crucifige cui lo sottopongono i gattari, Berlusconi invece dice no: “Non posso avvicinarmi al vostro banchetto”.
Giuseppe Falci, su “La Stampa”, fa la cronaca dell’episodio. La scena di Berlusconi che dice no sancisce definitivamente l’estraneità col suo popolo: “Berlusconi sorride, ma è imbarazzato. Prima di rispondere alla signora Antonietta aspetta un segnale dalla Pascale. L’occhiataccia della fidanzata è fin troppo esplicita”.
Ecco, appunto, tutto è fin troppo esplicito. Ed è Bibò – con tutti i suoi improbabili Bibì di risulta – a dire basta al popolo che ha avuto al seguito per un ventennio. E farne strame oggi, a Roma, nella catastrofe capitolina, di una stagione dove pure larga e solida è stata la mobilitazione della gente, è solo una prova di disprezzo. Portarlo a perdere, quel popolo, serve a una sola strategia: costruire il Partito della Nazione che mette in pace l’animaccia di tutti.
Il “patto del Nazareno” – al prezzo della sconfitta studiata a tavolino – è consustanziale alla dolente identità italiota. E’ la mamma marcia del nostro trasformismo, la prosecuzione del badoglismo nell’aggiornamento dell’impostura: la guerra continua, certo, ma per scongiurare qualunque vittoria.
Bibì, Bibò e le confermarie, allora. E siccome plebiscito deve essere, fortuna che non c’è gommina da saldare con apposita leccatina altrimenti – e il precedente storico è illustre – potrebbe accadere come con il plebiscito di annessione del Regno delle Due Sicilie all’Italia dei piemontesi.
Un Ciccio Tumeo – ricordate? era il guardiacaccia del principe nel Gattopardo – può sempre arrivare. Uno che, insomma, al seggio delle cazzarie – a Berlusconi o a Bertolaso – potrebbe sempre dire: “Ci sputasse vossia”. Uno scatto di dignità che la destra, se mai ricorderà di essere tale, dovrebbe avere nel proprio Dna.
BERLUSCONI E BERTOLASO FOTO LAPRESSE BERTOLASO OBAMA BERLUSCONI