PECHINO CAMBIA TATTICA: FATELI STANCARE - BASTA LACRIMOGENI E SCONTRI: IL REGIME HA DECISO DI ASPETTARE CHE LA PROTESTA DI HONG KONG SI SGONFI - MA ORA SI ATTIZZA ANCHE IL FOCOLAIO DI TAIWAN

I manifestanti hanno chiesto le dimissioni del governo entro domani, per mantenere alto il conflitto con le autorità. Che scommettono alla produttività di Hong Kong: tra qualche giorno i genitori spediranno gli studenti a scuola e uffici e negozianti si stuferanno di perdere affari - Ma se lunedì prossimo le cose non cambiano, interverrà...

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1. ULTIMATUM A GOVERNO HONG KONG,DIMISSIONI ENTRO DOMANI

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(ANSA) - Ultimatum degli studenti di Hong Kong al capo del governo CY Leung, che deve dimettersi entro la mezzanotte di domani o fronteggiare nuove e aggressive forme di protesta. L' ultimatum a Chun-ying Leung e' stato lanciato dai portavoce delle due principali organizzazioni studentesche del territorio in una conferenza stampa tenuta ad Admirality, una delle aree del centro occupato dalla scorsa settimana dai manifestanti. Lester Shum della Federazione degli studenti di Hong Kong e Agnes Chow di Scholarism hanno aggiunto che se il "chief executive" non si dimetterà, i giovani occuperanno una serie di edifici pubblici.

 

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Leung ha dichiarato più volte di non avere alcuna intenzioni di lasciare la sua carica. Oggi sono iniziati i due giorni di vacanza per la Festa della Repubblica e la gente per le strade di Hong Kong e' ulteriormente aumentata. Nel tardi pomeriggio locale (Hong Kong e' sei ore avanti rispetto all'Italia), in tutta l' area di Admirality si poteva a stento camminare tra le decine di migliaia di persone venute ad esprimere la loro solidarietà ai giovani contestatori. Oltre alle dimissioni di Leung, gli studenti chiedono a Pechino di ritirare le limitazioni che ha posto alle elezioni del 2017 per il "chief executive.

 

 

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2. I TIMORI DI TAIWAN, «PROVINCIA» RIBELLE

Rita Fatiguso per “Il Sole 24 Ore

 

I ragazzi dei girasoli di Taiwan ieri hanno solidarizzato con i colleghi di Hong Kong che si difendono dai lacrimogeni della polizia riparandosi sotto ombrelli multicolori, decisi a presidiare la strada finché la loro richiesta di suffragio universale non sarà accolta.

 

Testardi, cocciuti. Proprio come i colleghi taiwanesi che, finora, hanno impedito la firma di un accordo economico con la Cina giudicato lesivo per il futuro del Paese occupando a oltranza il Parlamento di Taipei.

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È un continuo gioco di specchi, tutta l'Asia può diventare una polveriera, sembra quasi che la Storia chieda il conto. Ma i fatti di Hong Kong dimostrano il fallimento del principio "one country two systems", una nazione due sistemi, che appena venerdì scorso il presidente Xi Jinping, con infelice tempismo, ha suggerito di adottare alla delegazione taiwanese in visita nella capitale. China Daily ne ha fatto l'apertura della prima pagina, il principio era stato ventilato per Taiwan negli anni Ottanta e poi rimesso prontamente nel cassetto. E si comprende il perché.

 

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«Cina e Taiwan dovrebbero riunirsi adottando quel principio», ha detto Xi che da mesi sovrintende alle manovre di riavvicinamento tra Cina e Taiwan, il momento clou è stato l'incontro a Nanchino qualche mese fa tra i rappresentanti dei Paesi che, com'è noto, non si riconoscono a vicenda e non hanno rappresentanze diplomatiche ma hanno creato un ufficio per Taiwan in Cina e uno cinese per Taiwan.

 

I due rappresentanti si sono stretti la mano sotto la statua di Sun Yat Sen. Visto da Taipei in queste ore drammatiche l'invito di Xi Jinping si è rivelato fallimentare anche a causa dei rapporti tanto faticosamente intessuti con Taiwan.

 

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L'altra sera, al meeting annuale delle Camere di commercio taiwanesi il presidente Ma Ying-jeou, odiato dal partito nazionalista perché considerato troppo filocinese - uno studente lo ha addirittura colpito alla testa lanciandogli dietro un libro intitolato "Taiwan tradita" - parlando di Hong Kong ha detto che «la questione è sotto gli occhi di tutti, Taiwan è desolata ma dal caso Hong Kong vuol trarre alcune riflessioni».

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«Da tempo Taiwan ha il suffragio universale - ha aggiunto il presidente Ma Ying-jeou - abbiamo ricevuto osservatori da Hong Kong ogni volta che abbiamo le elezioni, appoggiamo la richiesta di suffragio universale da parte di Hong Kong che è un centro finanziario importante, noi chiediamo alle autorità cinesi di ascoltare con attenzione le richieste di Hong Kong, ma anche la gente di Hong Kong deve richiederle nella maniera migliore, senza ricorrere alla violenza.

 

Anche la Cina potrà beneficiare del suffragio universale a Hong Kong, però noi non potremo mai accettare la proposta cinese, siamo una sola nazione con una nostra sovranità, con la nostra Costituzione, noi manterremo lo status quo, non ci uniremo alla Cina, non abbiamo bisogno di indipendenza e non useremo la forza nelle relazioni sullo Stretto».

Xi Jinping Xi Jinping

 

Ma il fuoco cova sotto la cenere anche qui. Taiwan è sempre più legata alla Cina, nonostante la proclamata equidistanza da Cina e Stati Uniti, la spinta economica di Pechino è diventata fortissima. Ieri sono state diffuse le prime cifre sui depositi in yuan a Taiwan, un vero boom: hanno già superato i 117,285 miliardi di yuan e l'obiettivo per il 2014 era di "appena" 100.

 

 

 

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