PRIMARIE PD: COMUNQUE VADA SARà LA FINE DEI VECCHI PATTI – BERSANI, “CERTISSIMO” DI VINCERE, PUNTA A UN’ASSE CON RENZI: TU MI “COPRI” SULL’ALA DESTRA E DEL RINNOVAMENTO E IO TI RICONOSCO COME LEADER DELLA MINORANZA - ALL’ANGOLO I CAPIBASTONE DI CULATELLO (MA SENZA DI LORO COME LI PRENDE I VOTI?) - POLTRONE IN PARLAMENTO PER I RENZIANI - MA C’E’ UN MA: E SE FOSSE PIER-ACCIAIO IL LEADER DELLA MINORANZA?...

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Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"

Oggi in televisione potranno anche darsele di santa ragione, ma poiché in politica non tutto è bianco o nero, la verità è che i rapporti tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi sono migliori di quelli che intercorrono tra tanti loro supporter. Tant'è vero che persino un partigiano come Roberto Reggi dice: «Il Pd può giocare con un buonissimo attacco a due punte». Ovvio che poi per l'ex sindaco di Piacenza, il ruolo di «centravanti» lo debba ricoprire Renzi, ma questa è comunque una frase indicativa.

DOPPIA FACCIA RENZI E BERSANIDOPPIA FACCIA RENZI E BERSANI

E Bersani (che chiaramente immagina se stesso a fare il centravanti) la vede come Reggi. Il segretario, infatti, da politico lungimirante qual è, ha capito perfettamente che il primo cittadino di Firenze è utile al Partito democratico «perché dialoga con settori che non sono i nostri». E per un leader che ha voluto le primarie non solo per risolvere i rapporti di forza interni («se vinco si fa come dico io»), ma anche - e soprattutto - per colmare il divario tra la politica e gli elettori, questo è un fatto importante.

BERSANI RENZI BERSANI RENZI

Perciò Bersani, che è sicuro di vincere, ritiene che dopo non si possa «liquidare» Renzi, ma che in qualche modo occorra «coinvolgerlo». Per questa ragione il segretario non vede di buon occhio tutti quelli che attaccano a testa bassa il primo cittadino del capoluogo toscano. Non è così che si fa, perché «giochiamo tutti nella stessa squadra». Il riferimento vale pure per Renzi, che ogni tanto sembra smarcarsi dal partito.

Insomma, dopo il 2 dicembre il segretario ha intenzione di andare all'accordo con il sindaco, perché, in fondo, «la sua spinta a rinnovare può riversarsi in una fiducia che sia poi io a farlo questo rinnovamento». Ed è questo, in realtà, più ancora degli atteggiamenti di Renzi, a preoccupare i maggiorenti del Pd, che temono di venire emarginati da un'eventuale intesa Bersani-Renzi.

ROBERTO REGGIROBERTO REGGI

Già, perché, come sottolineava ieri il direttore dell'Unità Claudio Sardo, bersaniano di ferro, è vero che le primarie «non sono un congresso, ma hanno cambiato i termini del congresso». Il che vuol dire che potrebbero modificare gli equilibri. Del resto Matteo Renzi non ha mai nascosto di voler portare alcuni dei suoi sostenitori in Parlamento. Per questo farà pesare i voti delle primarie: quale che sia la percentuale, 30 o 40 per cento. E l'accordo passerà anche per questa strada.

CLAUDIO SARDOCLAUDIO SARDO

Non sarà una corrente organizzata, quella del sindaco, ma poco ci manca. E quindi dei posti in lista - e nemmeno pochissimi - dovranno essere ceduti ai renziani. Con conseguente scoramento della vecchia guardia. Di cui anche Bersani, peraltro, voleva disfarsi per mettere gente nuova, giovani, e creare così una futura classe dirigente. Solo per Rosy Bindi il segretario sembra fare un'eccezione. E su questo Renzi, che invece non la pensa come lui, continuerà a punzecchiarlo.

MARGHERITA HACK AL VOLANTEMARGHERITA HACK AL VOLANTE

Ma c'è un altro punto su cui le strade del sindaco di Firenze e il leader del Partito democratico inevitabilmente divergono. Bersani vorrebbe coinvolgere Renzi nel Pd, metabolizzandolo. Per il primo cittadino del capoluogo toscano invece l'accordo di reciproca convenienza si ferma alle porte di Firenze. Ci saranno sì dei renziani a Roma e in Parlamento, ma lui continuerà a fare il suo mestiere di sindaco, intensificando nel frattempo la presa sul partito. Missione impossibile? Chi lo conosce bene ricorda: «Da sindaco ci ha messo pochissimo a smantellare la vecchia cupola del Pci di Firenze».

NIKI VENDOLANIKI VENDOLA

Alla sua età, comunque, si può aspettare ancora un po' prima di provarci di nuovo. Tanto più che nelle previsioni del sindaco rottamatore - e non solo nelle sue - i prossimi saranno due anni difficili per l'Italia e un governo Bersani-Vendola, pur con l'apporto dell'Udc non avrà vita lunga. Insomma, il ragionamento è questo: se il segretario vince alle primarie le strade sono due, o mette su un esecutivo fragile, o, come osserva Reggi, cede il passo a un Monti bis. In entrambi i casi il sindaco è disposto ad aspettare.

Ciò non significa che Renzi non punti ancora a vincere. Mira al voto d'opinione di Vendola, a quelli, come Margherita Hack, che cercano il «nuovo». «Diciamo la verità - spiega lui agli amici - Bersani e i suoi, dopo quel risultato non certo eclatante, visto che avevano tutto l'apparato, hanno paura. Per questo cercano di complicare le regole del secondo turno». Da questo orecchio, però, Bersani non ci sente: la vittoria sarà sua. Ne è certo. Anzi, certissimo.

 

 

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