Giacomo Amadori “La Verità”
ANTONIO PANZERI CON LA FIGLIA SILVIA
In corso Buenos Aires a Milano, una delle principali vie cittadine dello shopping, le spese natalizie paralizzano, come sempre, il traffico. In una parallela, però, in via Castel Morrone la viabilità è molto più scorrevole. Ma, per il Qatargate, questa è una via ancora più importante. Una specie di crocevia degli affari all'ombra della premiata ditta Pier Antonio Panzeri & Francesco Giorgi, l'europarlamentare e l'assistente accusati di associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio.
Ieri, poco dopo le 16, su mandato della Procura di Bergamo, due giovani finanzieri, un uomo e una donna, hanno varcato il portone di un elegante palazzo costruito nella prima metà del '900 e hanno notificato il sequestro delle somme rinvenute sul conto di Silvia Panzeri, l'avvocato che qui si trova agli arresti domiciliari.
Il giudice istruttore di Bruxelles Michel Claise aveva inviato un ordine europeo di indagine alla Procura di Milano in cui veniva chiesto il «sequestro e il blocco» di sette conti, due dei quali intestati ai Panzeri e uno a Silvia. Ma essendo Pier Antonio Panzeri e la moglie residenti a Calusco d'Adda, gli inquirenti di Milano hanno trasmesso la richiesta a Bergamo e la locale Procura ha ordinato il sequestro preventivo.
Il domicilio della figlia coincide, invece, con quello indicato sull'albo degli avvocati. La portiera, calabrese di Cosenza, prova a difendere la professionista trentottenne: «Per me lei non c'entra nulla, a mio giudizio è tutta colpa del padre. Ma lei li denuncerebbe i suoi genitori?». Ieri la Procura ha fatto sapere che sui tre conti, quella con più denari era proprio Silvia, che aveva da parte 200.000 euro, contro i 40.000 del padre.
Esaminando il suo curriculum si scopre che la donna deve al padre sindacalista molto, quantomeno per gli orientamenti. Per esempio è specializzata in diritto del lavoro e tra le «referenze», sul suo sito, inserisce il perfezionamento in diritto dell'Unione europea e in particolare il corso in materia di diritto dell'Unione europea e in materia di ricorsi alla Corte di Giustizia frequentato presso l'università degli Studi di Milano.
Dunque qualcosa non torna nella difesa d'ufficio della portiera. E Castel Morrone aiuta a capire perché. Basta uscire dal portone di casa Panzeri, girare a sinistra e percorrere 250 metri. Si arriva all'angolo. Qui si trova il Victory cafè, un bar senza troppe pretese, con insegna luminosa e arredamenti un po' anni '80. Fuori il dehor è frequentato dagli amanti degli aperitivi.
I piattini consistono in qualche tartina e patatine. A portarli ai tavoli è un uomo dai capelli bianchissimi e gli occhi azzurri. Un tipo non troppo sorridente e molto concentrato sulle sue mansioni. Impeccabilmente vestito di nero si divide tra la cucina e la sala, mentre il collega colombiano prepara caffè e versa vino e distillati al bancone.
Il sito del bar, più che discettare di eventi e beveraggi, dedica diversi post alle comunicazioni dello studio di Silvia Panzeri e di una collega, rivolte agli pubblici esercenti. Per esempio in uno viene spiegato «come ottenere rimborso causa coronavirus», in un altro quali fossero «le principali novità nel decreto rilancio».
Il bar è di proprietà di due imprenditori di origine siciliana, i cinquantasettenni, Carmelo e Giuseppe e di un loro socio, (al 2 per cento) Manfred Forte, di un anno più giovane. Forte è originario di Maribor, in Slovenia, ed è il barista canuto che abbiamo descritto poco righe sopra. È divorziato e risulta residente nello stesso palazzo in cui vive la Panzeri. All'interno dello stabile ci hanno riferito che l'uomo dovrebbe essere il compagno dell'arrestata, che, infatti, per scontare i domiciliari non ha lasciato il suo appartamento.
banconote sequestrate a pier antonio panzeri e eva kaili
La società Magica Srl, che controlla il locale, ha un bilancio negativo (nel 2021 ha registrato un fatturato di circa 300.000 euro e perdite per quasi 40.000). Manfred è l'unico che dichiara un reddito di poco superiore ai 10.000 euro. Ricapitolando: a pochi metri dall'abitazione di Silvia Panzeri c'è un bar di estimatori dell'avvocatessa (uno addirittura sembra essere un condomino) che divulgano le notizie che lo studio diffonde a favore dei commercianti. Fin qui nulla di particolarmente strano direte voi.
Ma c'è uno curioso intreccio tra via Castel Morrone, zona d'azione di Silvia Panzeri, e gli affari della famiglia Giorgi e della misteriosa ragioniera Monica Rossana Bellini, perquisita per la gestione dei soldi dei Panzeri (anche se la donna ha rivendicato di essersi occupata solo della contabilità forfettaria di Silvia).
Infatti la contabile, con un passato di assessore in una giunta a guida Pds e tanti incarichi come tecnico d'area dem, era socia del barista montenegrino del Victory cafè in una ditta che ha cessato l'attività l'8 giugno 2021. Il nome era Equality consultancy e nel suo statuto descriveva attività che la facevano assomigliare a una specie di Ong mascherata. Come si capisce dai punti D, E e F dello statuto: «Realizzare una rete ampia, trasparente e ben informata di partenariati.
ANTONIO PANZERI - EVA KAILI - FRANCESCO GIORGI - MARC TARABELLA
Aiutare a rimuovere alcuni degli ostacoli alla collaborazione esistenti tra le culture differenti attraverso iniziative volte a promuovere e divulgare i diritti umani e la protezione delle libertà fondamentali», «sviluppare reti tra diversi soggetti, ong, organizzazioni imprenditoriali e controparti nei paesi terzi, per facilitare il dialogo e le opportunità che consentono legami economici e culturali più forti all'interno dell'Ue e nei suoi stati membri» e, infine, «promuovere gli scambi e la cooperazione tra soggetti, situati in altre aree geografiche di riferimento».
Come abbiamo già scritto lunedì è stata fondata il 28 dicembre 2018, 5 mesi prima delle elezioni europee, e aveva 10.000 euro di capitale e sede legale a Opera presso lo studio della Bellini. Ma nella compagine sociale all'epoca non faceva parte Forte. Alla nascita il 70 per cento delle quote era in mano al preside di una scuola di Abbiategrasso.
ANTONIO PANZERI MASSIMO DALEMA
La sua professione non deve stupire, infatti non si tratta di un dirigente scolastico qualunque, bensì di Luciano Giorgi, il padre di Francesco Giorgi, tuttora in carcere nell'ambito del cosiddetto Qatargate. Oltre a Giorgi senior comparivano nell'azionariato anche il figlio minore Stefano (25 per cento) e la Bellini (5), la quale era amministratrice della società insieme con Giorgi junior.
Nel 2019, a fronte di un valore della produzione iscritto a bilancio di 240.000 euro (ricavi delle vendite e delle prestazioni), l'utile di esercizio è stato di 102.500 euro. Non è chiaro quali clienti abbiano trasformato la neonata ditta in un gioiellino nel settore delle consulenze anche internazionali.
Ma quando quel bilancio viene chiuso, Giorgi padre e figlio hanno già lasciato la società. Il 23 luglio 2019, una ventina di giorni dopo la prima plenaria del Parlamento europeo, i due cedono le quote. Luciano trasferisce il 40 per cento a Dario Vittorio Scola, suo socio di vecchia data (dal 2001) in un'altra ditta. Stiamo parlando della Sunflower Srl, di cui Scola è anche amministratore e che si occupa (sebbene attualmente risulti inattiva) della rappresentanza di prodotti farmaceutici e di erboristeria.
Anche Scola c'entra poco con le attività della Equality essendo infatti un tecnico federale di nuoto. Nel 2021 ha percepito redditi sia dalla Federazione italiana nuoto che da Sport e salute (società controllata dal Ministero dell'Economia) e dalla società Canottieri Milano.
L'altro 30% del genitore passa al barista di via Castel Morrone, il quale rileva anche un 10% di Stefano. Il restante 15% viene ceduto alla solita Bellini. Il 5 settembre Stefano lascia il timone dell'azienda alla donna e in quello stesso mese Panzeri fonda la sua Ong a Bruxelles, la Fight impunity, di cui Francesco Giorgi diventa «senior advisor».
Nel 2020, forse anche per la pandemia, le entrate della Equality calano notevolmente: il valore della produzione si ferma a 81.000 euro e il bilancio annota perdite per 51.000. E così il 18 novembre la società viene messa in liquidazione.
Nel verbale di assemblea ordinaria del 4 maggio 2021, il non certo benestante Manfred, segretario della riunione, e la presidente-liquidatrice Bellini, decidono di «approvare la proposta di copertura della perdita di esercizio pari a 51.360 euro». L'8 giugno 2021 la Equality viene chiusa definitivamente.
Non è chiaro perché Forte e Scola abbiano accettato di accollarsi una società che stava andando a rotoli e che ha chiuso i battenti poco dopo il trasferimento delle quote. Nessuno di loro ha voluto darci spiegazioni. Scola non ha proprio risposto alle nostre domande inviate via Whatsapp. Invece Forte, che abbiamo incontrato al bar, ha replicato a mezza bocca: «Chi le ha detto che mi abbiamo chiesto di prendere le quote della Equality? Potrei averlo chiesto io» ha tagliato corto.
Non ci ha voluto nemmeno spiegare i rapporti tra i soci del bar (uno vive sempre in via Castel Morrone) e Silvia Panzeri. Nessuna delucidazione anche sui rapporti con la Bellini e la famiglia Giorgi. Mentre lo interrogavamo gli occhi azzurri di Manfred hanno tradito solo un insopportabile fastidio. E così lo abbiamo lasciato alla cassa e ci siamo rituffati in via Castel Morrone, la strada dei molti misteri.
eva kaili 1 EVA KAILI CON IL VELO