Anna Maria Merlo per www.ilmanifesto.it
Grande nervosismo nella Ue, illustrato dalla polemica, a poche ore dall’Eurogruppo di ieri, sulle rivelazioni del quotidiano spagnolo El Pais, che ha raccontato come il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, sia stato escluso dalle discussioni sulla risposta da portare alla crisi sanitaria e economica, su pressione di Germania e Olanda.
L’esclusione avrebbe avuto luogo lunedì scorso, in occasione della seconda videoconferenza tra i 27 leader dedicata a mettere a punto una roadmap su un piano di rilancio globale. L’Olanda ha smentito, mentre il Parlamento europeo ha confermato che Sassoli pur non partecipando alle videoconferenze dei 27, è quotidianamente in contatto con i presidenti di Commissione e Consiglio, Ursula von der Leyen e Charles Michel. Un’esclusione «strana», visto che l’Europarlamento è l’istituzione che ha maggiore legittimità democratica (El Pais vi vede un sospetto dei «frugali» verso un presidente socialdemocratico che viene da uno dei paesi del sud, che chiedono gli Eurobond).
DAVID SASSOLI URSULA VON DER LEYEN
Queste tensioni mostrano come non sia ancora arrivato il momento delle decisioni finali. La Commissione dovrebbe presentare il 29 aprile il progetto di finanziamento pluriennale della Ue, cioè il bilancio 2021-29, su cui il 26 marzo scorso il Consiglio europeo non era riuscito a mettersi d’accordo.
Nel frattempo ci sarà un altro Consiglio europeo. Il bilancio pluriennale è un tassello importante per la risposta, visto che potrebbe essere il punto di appoggio per le garanzie di un piano di rilancio, il «piano Marshall» già evocato da Ursula von der Leyen, che garantirebbe eguali condizioni di finanziamento per tutti gli stati membri, e potrebbe venir finanziato con nuove risorse, come una carbon tax alle frontiere e una tassa sul digitale.
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La discussione è anche sui tempi. Secondo il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, non potrebbe esserci «niente di peggio per l’Ue che alcuni stati, perché ricchi, ripartano in fretta, mentre altri, perché non possono farlo, inizino con lentezza», sarebbe la spaccatura definitiva. «Abbiamo bisogno di recuperare a eguale velocità – aggiunge Le Maire – per permettere coesione, solidarietà, unità dell’Eurozona».
La Francia propone di utilizzare «tutti gli strumenti disponibili», evitando di avviarci in un percorso di «riunioni ogni 15 giorni, sotto pressione», sbandando. La Francia ha proposto un piano limitato nel tempo, su 10-20 anni, con un fondo di solidarietà europeo che permetta di accendere prestiti collettivamente a tassi di interesse deboli. Una mutualizzazione dei debiti, ma solo di quelli futuri e unicamente per le spese legate all’epidemia: un salto federale, ma limitato. «Bisogna essere uniti o la costruzione europea scomparirà», sostiene Le Maire.
Al di là dei mille miliardi circa messi sul tavolo dalla Bce, finora molte risposte sono state nazionali. I piani di aiuto sono quindi legati alle rispettive situazioni: per esempio, la Francia ha avviato un piano di 345 miliardi, pari al 14% del pil (il 12% per garanzie su prestiti), molto inferiore a quello tedesco, 1100 miliardi, pari al 20% del pil (16% in garanzie di prestiti).
Questa differenza dipende dallo scarto esistente sui due debiti pubblici, il 100% per la Francia attualmente, il 61% per la Germania (che dà maggiori margini di manovra), mentre Parigi destina il 56,8% alla spesa pubblica e Berlino il 42,3%. In questo contesto, la posizione francese resta prudente. C’è un dibattito sulla necessità stessa di un vero piano di rilancio, di fronte a una crisi eccezionale, radicalmente diversa da quelle del passato.
Mentre l’opposizione a sinistra afferma che «nulla sarà come prima» e il verde Yannick Jadot chiede l’equivalente del Consiglio nazionale della Resistenza per mettere a punto un piano massiccio per la transizione ecologica, a Bercy già si alzano voci per tenere sotto controllo il budget passata la crisi:le previsioni sono di un rischio di deficit intorno al 6-7%.