Gustavo Bialetti per “la Verità”
Che c'è di meglio, per sentirsi vicini al popolo ucraino che lotta per la libertà, di coprire e nascondere un simbolo di libertà? Da domenica, per volere del sindaco Dario Nardella, la copia del David di Michelangelo che campeggia in piazza della Signoria, a Firenze, è coperta da un lugubre drappo nero, appena ravvivato da alcuni minuscoli fiocchettini gialli e azzurri, come i colori della bandiera di Kiev.
«Speriamo di toglierlo presto il drappo. Per il momento l'idea è tenerlo fino alla fine della guerra», ha annunciato l'ex renziano della prima ora, così convinto di aver avuto una bella pensata da spingersi ad augurarsi che scatti l'emulazione un po' in tutta Italia.
Intanto, il direttore degli Uffizi, lo storico dell'arte tedesco Eike Schmidt, lo ha gelato: «Noi non oscuriamo delle opere per principio. Fare vedere le opere è il nostro compito». Ma niente, il tenero Nardella è proprio convinto e rilancia: «È un gesto di lutto e di dolore nel giorno della nascita di Michelangelo Buonarroti. Il David è il simbolo della libertà, gli ucraini per noi sono il David che combatte contro la tirannia di Golia». Insomma, anziché lasciare il David «simbolo di libertà» ben visibile al mondo intero, al massimo mettendogli un nastrino giallo e azzurro, il primo cittadino di Firenze è convinto che i simboli vadano nascosti.
Anche a quei poveri cristi coraggiosi di turisti che anche in tempi del genere vanno a Firenze per fare un bagno di bellezza e umanesimo. Ci sarebbe forse da sorridere di tanta goffaggine, se non fosse che c'è qualcosa di profondamente perdente e autolesionista, nella «protesta» del Nardella. Qualcosa di così debole da non essere purtroppo neppure tanto sorprendente nel cuore di un'Europa sempre più incline a coprire (e nascondere) le proprie radici.