Massimo Rebotti per il “Corriere della Sera”
Elogia la propria classe dirigente, motiva gli amministratori e militanti lombardi presenti in gran numero, ma poi, alla fine del suo discorso, Giorgia Meloni affronta il nodo: «Noi dobbiamo aggregare energie nuove». Nel mezzo di un calendario incerto appeso alla scelta sul Quirinale, mentre lancia la lunga volata verso il voto - «dobbiamo comunque essere pronti, se Draghi andrà al Quirinale non mi pare così facile calare dall'alto un altro presidente del Consiglio» - la leader di Fratelli d'Italia pone il tema del rinnovamento della destra: «Vogliamo allargare il nostro perimetro, aprirci ma senza perdersi».
giorgia meloni e matteo salvini
Ricorda il «manifesto dei conservatori», firmato da «docenti universitari, professionisti, figure autorevoli» ma fa capire che non basta e annuncia le prime tappe di un ulteriore tentativo: festa nazionale a Roma a dicembre - «torna l'appuntamento di Atreju, ci saranno anche i mercatini di Natale, ovviamente tradizionali» - e una conferenza programmatica del partito subito dopo la votazione per il Colle.
A Milano per celebrare il balzo in avanti in Lombardia, ma anche per motivare la base dopo i giorni complicati seguiti ai video di Fanpage , Meloni delinea un partito sorprendentemente nordista: «Siamo primi tra le partite Iva, primi tra i professionisti, gli unici in Parlamento a non aver mai votato il reddito di cittadinanza. Siamo un partito produttivista».
conferenza stampa di giorgia meloni dopo la sconfitta ai ballottaggi 1
Per dare più forza al concetto la portavoce regionale Daniela Santanché orchestra una sfilata di sindaci lombardi targati FdI: da quello di Arcore che «ha strappato il Comune alla sinistra» a quello di Bagnolo Mella, Brescia, «che ha vinto da solo, senza gli alleati». Se uno chiudesse gli occhi e ascoltasse solo gli accenti che si alternano al microfono, dalla montagna bergamasca alla pianura lodigiana, sembrerebbe una riunione della Lega, e invece è Fratelli d'Italia.
La competizione con il partito di Salvini è nei fatti e, a volte, negli atti. È il caso di Como dove il partito ha già lanciato un proprio candidato sindaco, Stefano Molinari, scatenando la ruvida reazione leghista: «Non è una prova di forza - dice il deputato comasco Alessio Butti - ma non è più automatico che la Lega indichi il candidato solo perché siamo in Lombardia. A Varese, e sto parlando di Varese, hanno preso il 13%. È la seconda volta che perdiamo». Meloni, dopo che ieri Salvini ha rilanciato il tema delle primarie, ribadisce: «Nessun problema, ma allora le facciamo ovunque, deve diventare un metodo».
E mentre Santanché annuncia «sedi in ogni comune, finalmente luoghi fisici, basta con le riunioni su Zoom» e Vittorio Feltri, il più votato di FdI a Milano, strappa applausi descrivendo una città «piena di clochard e piste ciclabili che rompono», la leader delinea la posta in gioco: «Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e andare a governare il Paese». Prevede una lotta senza esclusione di colpi: «Vogliono applicarci l'etichetta degli impresentabili, dicono che l'Europa non ci farà governare, sono falsità».
E aggiunge: «Come si tiene insieme l'accusa di nostalgia del fascismo con il fatto che siamo un movimento che si batte per la libertà, da quella di manifestare nelle piazze a quella di far scegliere i cittadini con il voto?». La questione dell'«impresentabilità» della destra, riemersa poco prima del voto per le Amministrative, brucia ancora: «Se si accende la tv c'è solo un "mostro" e siamo noi. Ma se si spegne la tv, la gente in giro ci dice grazie per la nostra opposizione al governo». Intanto, in attesa di «energie nuove», nel linguaggio di Giorgia Meloni la parola «sovranismo» non si trova quasi più, scalzata da una formula che riassume un'ambizione: «Vogliamo essere il partito dei conservatori».
giorgia meloni festeggia la vittoria dell'italia 2 giorgia meloni ugo sposetti foto di bacco (2)