Lettera di un lettore al “Corriere della Sera”
Caro Aldo, non si capisce per quale ragione (ma in realtà si capisce benissimo: per essere indicato al pubblico ludibrio dai sacerdoti dell’antifascismo in servizio permanente effettivo) nel 2024 a più di ottant’anni dalla fine del fascismo un candidato nelle elezioni amministrative debba dichiararsi antifascista. La penso come Truzzu: non mi piacciono gli anti (antifascisti, anticomunisti, antisemiti... ), gli unici anti che mi piacciono sono gli antipasti.
Andrea Comis
Risposta di Aldo Cazzullo
Caro Andrea, io invece mi domando che Paese siamo diventati, se un sindaco di una grande città che si candida a governare la sua Regione può dichiarare di non essere antifascista. Sento dire: basta con questo fascismo, è roba d’altri tempi, parliamo di turismo, di tasse aeroportuali, dei problemi della Sardegna.
Appunto: bastano due, ovvie parole — «sono antifascista» —, e così ci si può confrontare liberamente sulle questioni attuali. Ho visto le fotografie in cui Truzzu si compiace nello scoprirsi il braccio e nel mostrare sorridente il tatuaggio con la scritta «Trux», che evoca apertamente un dittatore che portò il nostro Paese in una guerra mondiale da 472 mila morti, contribuì volenterosamente a mandare gli ebrei italiani ad Auschwitz, lasciò un bilancio fallimentare sotto ogni profilo: morale, militare, economico (nel 1945 i risparmi non valevano più nulla), financo edilizio (due milioni di case distrutte). Non è l’atteggiamento di capetti di movimenti estremisti, ma di leader che concorrono ai vertici della vita pubblica.
LUCA DE CARLO E GIORGIA MELONI
Leggo che al posto di Luca Zaia — ottimo amministratore di centrodestra, rieletto nel 2020 con quasi l’80% — dovrebbe andare un signore che festeggia (o festeggiava) il compleanno di Mussolini, da lui chiamato confidenzialmente «zio Benny». In Germania se festeggi il compleanno di Hitler ti mandano in galera; in Italia ti fanno presidente del Veneto. (Il Duce e il Veneto mi rievocano un ricordo d’infanzia. In una casa di amici sul Garda incontrai un uomo anziano che si chiamava come me, Aldo, e aveva le gambe di legno.
Le gambe vere le aveva perdute a 19 anni in Grecia, congelato come altre migliaia di alpini, in una guerra d’aggressione che fu un crimine contro il popolo greco e, viste le condizioni in cui fu condotta, anche contro il nostro stesso popolo. Quel signore aveva condotto una vita mutila ma dignitosa: il suo cruccio era di non aver mai trovato moglie, non aver avuto figli. Non chiamava il Duce zio Benny, e non ne festeggiava il compleanno).