Diodato Pirone per "il Messaggero"
Massimiliano Valerii è il direttore del Censis, il principale centro italiano di studi sociali. A lui chiediamo alcune chiavi di lettura legate alle amministrative e a quanto accade in questi giorni nel Paese.
Dottor Valerii, inevitabile iniziare dal dato di cronaca delle affluenze. Che segnale arriva dall'incremento dell'astensione?
«Un calo è fisiologico. Ma se guardiamo al livello veramente basso dell'affluenza al primo turno, che a Roma ha visto votare meno della metà degli elettori, all'ulteriore flessione del ballottaggio si registra un segnale molto preoccupante».
i cartelli nei negozi del centro di roma che rischiano di chiudere 9
Quale?
«La sfiducia. Anzi, una sfiducia profonda».
Si spieghi meglio.
«La società italiana sta superando la fase dell'anti-politica ma non sa bene dove andare. I consensi raccolti negli anni scorsi dall'anti-politica erano consistenti e aprivano un orizzonte ampio, come la sostituzione di una intera classe dirigente.
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E infatti, per restare a Roma, nelle comunali del 2016 si registrò un aumento dell'affluenza su quelle del 2013. Ma oggi c'è delusione verso l'anti-politica e quelle energie si stanno disperdendo. Di qui, sul piano politico, il ritorno al non voto che è un segnale di sfiducia. Ma tutti avvertiamo un diffuso vento di sfiducia verso la scienza, un rifiuto della medicina e in generale di soluzioni razionali e moderne».
Ma in Italia abbiamo 46 milioni di vaccinati...
«Certo. I segnali di serietà e di vitalità della società italiana non mancano: basta vedere il rimbalzo del Pil e l'assegnazione di un premio Nobel. Ma a fronte di questi indubbi successi è difficile capire come mai ben 4 milioni di lavoratori italiani su circa 23 milioni non si siano ancora vaccinati».
Per ribellismo? Per diffidenza verso le élites?
«Non solo. In Italia si sono formate aspettative sociali disattese».
Sia più chiaro per favore.
«Per capire meglio gli umori degli italiani che emergono in questi giorni dobbiamo partire da due paletti. Il primo: la depressione della domanda interna. I consumi delle famiglie alla fine del 2019 erano più bassi di quelli del 2007 cioè dell'anno precedente alla grande crisi finanziaria. Poi è arrivato il Covid e si sono aggiunti altri due anni di freno e di paura».
E il secondo paletto?
«In Italia si parla dalla mattina alla sera di argomenti piccoli o legati alla cronaca ma non delle scelte profonde, essenziali per far uscire il Paese dall'incubo del declino».
Esempi?
«Quest' anno nasceranno meno di 400 mila italiani contro, grosso modo, un milione di francesi. Come faremo a reggere lo sviluppo con così pochi giovani? Come faremo a reggere il debito pubblico e, soprattutto, il welfare del futuro? Incredibilmente non c'è nessuno che parli del nostro futuro».
Ma stiamo ricevendo una iniezione di 200 miliardi di fondi europei...
«Eppure non c'è certezza sulla capacità del Paese di crescere a un buon livello per più anni. Andiamo a guardare le previsioni del governo. Più 6% quest' anno, benissimo. Ma già rallentiamo l'anno prossimo e poi continuiamo a scendere. Ma allora la domanda è: corriamo il rischio di tornare alla crescita dello zero virgola?
Eppure l'Italia non si confronta su questo né sulle future regole europee del Patto di Stabilità. E' questo buco nero di consapevolezza che genera una sfiducia profonda, che supera le pur ottime prove che la società italiana sta dando».
Dunque l'astensione e i no vax sarebbero solo la spia di un malessere più generale e più profondo?
«Non c'è dubbio. Si avverte una mancanza di prospettiva strategica nonostante il buon momento dell'Italia fatto di tanti vaccinati, di crescita, dell'enorme quantità di risorse europee e dall'arrivo di un personaggio della levatura di Mario Draghi che, assieme alla competenza di alcuni suoi ministri, ha il merito d'aver calmato i nervi degli italiani».
Cosa fare per ritrovare fiducia?
«Sarà indispensabile un mandato politico chiaro. Che riforma del fisco vogliamo? Quante risorse vogliamo investire per tornare a fare figli? Come ci dobbiamo confrontare con l'Europa? Dobbiamo sciogliere nodi complessi e strategici e invece politici e media si impegnano su baruffe di cortissimo respiro. Devono smetterla, ci stanno rubando il futuro».