Francesco Olivo per la Stampa-Estratti
alfredo mantovano giorgia meloni
Giorgia Meloni sapeva che accentrare a Palazzo Chigi i poteri sul dossier immigrazione avrebbe avuto un costo, nell'opinione pubblica, ma anche all'interno della maggioranza.
Aver affidato il pacchetto nelle mani del sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano, infatti, ha provocato il risultato atteso: l'irritazione della Lega.
Matteo Salvini formalmente non si defila, «è invitato permanentemente» al Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, che da lunedì è convocato sul dossier migranti «e a ogni riunione sarà presente, come sempre successo». Insomma, il segretario della Lega mostra di non voler boicottare l'operato del governo, avendo peraltro piazzato al Viminale Matteo Piantedosi, che da prefetto evita di entrare troppo nei giochi di affetto esibito e ripicche occulte che segna il rapporto tra la presidente del Consiglio e il suo vice. Mentre i dati degli afflussi senza sosta sulle coste e sul confine orientale allarmano il governo,
lotta continua meme su giorgia meloni e matteo salvini by edoardo baraldi
Salvini non fa che ripetere che lui la soluzione l'aveva trovata, ovvero i decreti sicurezza: «Durante il mio lavoro al ministero dell'Interno, i morti e i dispersi in mare sono stati meno che negli anni precedenti e successivi, così come gli sbarchi clandestini». Il richiamo all'età dell'oro della sua permanenza al Viminale è una costante della narrazione, ieri l'occasione è stata la risposta a un regista, Edoardo De Angelis, che lo aveva attaccato a Venezia in nome «delle leggi del mare». Ma il vero obiettivo non è l'autore del film Comandante, che apre la Mostra del cinema: la rivendicazione del lavoro svolto al Viminale è indirizzata a Palazzo Chigi, che ora avoca a sé la gestione del dossier con il quale la destra ha visto crescere a dismisura i propri consensi, che ora però rischia di perdere.
Questa dinamica, d'altronde, si era già manifestata in altri ambiti, specie quelli più delicati: le liberalizzazione di balneari e tassisti, il caro benzina, l'invio di armi all'Ucraina. Tanto che la percezione di Meloni è che ogni volta che il governo si trova di fronte a una difficoltà, specie davanti al proprio elettorato, il leader della Lega si defila in nome del suo motto «oneri e onori».
Sullo sfondo, è chiaro, ci sono le Europee che, anche a causa del sistema elettorale proporzionale possono diventare un terreno di competizione tra partiti della maggioranza, «è naturale che si valorizzino le differenze» ammette Meloni in un'intervista al Sole 24 Ore, dicendosi comunque «ottimista sulle capacità di sintesi della coalizione e convinta che nessuno metterà a repentaglio tutto questo per un punto percentuale alle Europee».
(...)