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Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
Al Viminale parlano di «progressivo svuotamento» e si danno «un anno di tempo per chiudere i Cara (Centri di accoglienza per i richiedenti asilo) più grandi sparsi per l' Italia». Il ministro dell' Interno Matteo Salvini mette in cima alla lista delle priorità «Mineo, in provincia di Catania, per cui avvieremo la stessa procedura di Castelnuovo».
Ma nell' elenco già stilato ci sono anche i Centri di Bologna, Crotone, Bari, Borgo Mezzanone.
In queste strutture sono ospitate circa 6.000 persone. Stranieri che dovranno essere redistribuiti, con il rischio forte che almeno 1.000 - ma è possibile che siano di più - si ritrovino senza alcun posto dove andare. Il decreto sicurezza firmato da Salvini e convertito in legge dal Parlamento, ha infatti cambiato le regole per l' assistenza e l' accoglienza dei migranti, escludendo dalla «rosa» chi aveva la protezione umanitaria. Ma non solo. La legge prevede che al momento dell' arrivo in Italia ogni migrante debba essere portato negli hotspot per essere identificato e fotosegnalato.
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Chi fa richiesta di asilo deve essere trasferito in un centro di accoglienza dove rimane sino a quando non si stabilisce se abbia diritto allo status di rifugiato. Alcuni entrano nei Cara, altri trovano riparo nelle strutture più piccole sparse in tutto il Paese che possono essere gestite dallo Stato, ma anche dai privati e dalle associazioni religiose o di volontari. Sono liberi e dunque hanno la possibilità di uscire, ma anche di trovarsi un lavoro o comunque un' altra sistemazione. Le strutture di prima accoglienza sono circa 9.000 e secondo i dati dell' Interno le persone ospitate al 31 dicembre scorso erano 135.858, comprese quelle ancora all' interno degli hotspot.
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È questo il sistema che Salvini ha deciso di smantellare ritenendo che i costi fossero troppo elevati sia dal punto di vista economico, sia da quello «politico». E dunque dal momento in cui la domanda di asilo viene negata in maniera definitiva (dunque all' esito del ricorso contro la decisione della commissione), lo straniero non ha alcun titolo per rimanere in Italia e viene espulso.
La legge prevede che debba essere rimpatriato, ma nella realtà ciò avviene con molta difficoltà perché soltanto pochi Stati accettano la riammissione. E soprattutto perché la maggior parte degli stranieri a quel punto è già irreperibile. E dunque soltanto un numero molto esiguo rispetto a quello di chi è entrato in Italia, passa nei centri di identificazione in attesa di essere riportato nel Paese d' origine.
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Fino all' entrata in vigore del decreto sicurezza tutti i richiedenti asilo, dunque chi era in attesa di conoscere il proprio destino, potevano essere ammessi nel cosidetto sistema Sprar. Si tratta di una «rete di enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell' asilo». Vuol dire che non si limitano alla «distribuzione di vitto e alloggio, ma prevedono misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico».
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E dunque corsi di formazione, lavori socialmente utili, possibilità per i bambini di studiare l' italiano e andare a scuola. A luglio del 2018 nel sistema Sprar c' erano 35.881 persone, di cui circa 3.500 minori non accompagnati. Sono attivi in tutta Italia 877 progetti che coinvolgono 754 enti locali, soprattutto Comuni. Con le nuove norme non è più così. Lo Sprar è adesso riservato soltanto ai minori non accompagnati e a chi ha già ottenuto lo status di rifugiato.
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Gli altri sono fuori da ogni tipo di progetto. Nella lista di chi è escluso dallo Sprar ci sono anche i titolari della protezione umanitaria alla data di scadenza del permesso. Il decreto sicurezza ha infatti eliminato questo tipo di tutela, se non in casi eccezionali. E ciò vuol dire che i circa 13 mila stranieri che l' avevano ottenuta diventeranno «invisibili», con il rischio forte che la maggior parte di loro rimanga in Italia senza alcun titolo. A Castelnuovo ciò è accaduto per circa 100 persone, sulle oltre 500 che erano ospitate nel Centro.
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Stranieri che hanno rifiutato il trasferimento perché avevano un lavoro oppure mandavano i figli a scuola, oppure migranti che non avevano più i requisiti per rimanere nel sistema. E adesso anche nel resto d' Italia si fanno i conti di quanti stranieri rimarranno senza dimora.
castelnuovo di porto matteo salvini con i migranti il cara di castelnuovo di porto 3