PAOLO GARIMBERTI E LORENZA LEI
1 - GARIMBERTI: “QUESTA RIFORMA NON VA È SOLO UNA BRUTTA FICTION E LASCIA LA LOTTIZZAZIONE”
Alessandra Longo per “la Repubblica”
Paolo Garimberti, attualmente presidente del consiglio di sorveglianza di Euronews, è stato presidente della Rai dal 2009 al 2012. Tre anni che non ricorda come esaltanti: «Ho trascorso il mio tempo ad evitare guai all’azienda. Ricordo come un incubo le ore passate nei consigli di amministrazione, uno alla settimana...». Garimberti è stato ascoltato dalla Commissione di Vigilanza: «Mi hanno chiesto cosa ne pensavo di un amministratore delegato scelto dal governo, come prevede la riforma. Ho risposto che è una cosa insana». C’era anche Gasparri. Era gonfio come un tacchino dalla gioia. Lo capisco. Al posto suo sarei un pallone aerostatico ».
Garimberti, la Rai diventerà mai la Bbc?
«Solo il nostro provincialismo ne fa un mito. La Bbc è messa malissimo, tra scandali sugli stipendi gonfiati dei manager, un conduttore pedofilo, qualità scadente dei servizi, penso alla diretta sulle elezioni inglesi. La Rai sa fare molto meglio».
Come giudica il disegno di legge passato al Senato?
«La peggior fiction che la Rai abbia mai prodotto su se stessa. Prima le promesse roboanti, del tipo “Faremo la Bbc” (senza contare che, appunto, la Bbc è un mito in frantumi), e poi, come nel gioco dell’oca, questo approdo inquietante, un nuovo Cda fatto con la Gasparri! Una decisione sorprendente».
La governance Rai: si cade sempre lì.
«Sempre e ancora la stessa governance costruita per favorire l’impossessamento della Rai da parte della politica. Mi fa sorridere l’idea del futuro Cda. A riforma passata ci saranno sette consiglieri: due spettano alla Camera, due al Senato, due al governo, uno all’Associazione dipendenti Rai. Norme fatte apposta per continuare a lottizzare».
Ci sarà un ad potentissimo.
«Sui poteri dell’ad sono d’accordo. Un sistema di comunicazione come la Rai deve essere guidato da una persona con poteri adeguati altrimenti si diventa preda di conflitti politici continui».
Però negli altri Paesi la scelta dell’amministratore delegato non spetta al governo.
«In Francia hanno capito che non si può. Prima il presidente della televisione francese era nominato dal presidente della Repubblica e veniva percepito come un suo uomo. Adesso il sistema è cambiato. C’è una commissione indipendente che esamina i candidati e sceglie».
Mi sembra chiaro che la riforma in Parlamento, così com’è, non le piace proprio.
«Hanno partorito un Topolino e non affrontano i temi veri. Il primo dei quali è il perimetro della Rai. Ha troppi canali: 13. Considerando che le risorse sono quelle che sono, ne basterebbero 5: due generalisti, uno di sport, uno di cultura, uno di informazione 24 ore su 24».
E c’è la questione del canone.
«Il canone è ridicolo, uno dei più bassi d’Europa.E’ impopolare perché viene vissuto come una tassa a favore della Rai e non come il corrispettivo per poter usare il televisore. Nessun governo italiano ha osato porre seriamente il tema».
Se ci fosse un progetto di respiro per il futuro della Rai forse ci sarebbero meno polemiche su tutto, anche sul canone.
«Fare un buon servizio pubblico è un dovere morale. Ho sperato in una Rai nuova, autonoma e indipendente dalla politica, in una Rai che si renda conto che ormai il mondo è fatto dalla Rete e la Rai sulla Rete non c’è. Mi ritrovo invece con il nuovo Cda eletto con la Gasparri e con le solite logiche di sempre. Se questo è il rottamatore io sono Gengis Khan»
Che ricordi ha dei suoi tre anni di presidenza?
«Ricordi di lunghissimi consigli di amministrazione, uno alla settimana. Ore e ore a discutere di una singola fiction, per esempio il Barbarossa che voleva la Lega... La Rai è e sarà sempre paralizzata nel processo decisionale ».
Nonostante tutto, la Rai è pur sempre la più grande azienda culturale del Paese.
«Lo era sicuramente anni fa. Oggi purtroppo non è più così. Non ci si può nascondere dietro gli ascolti di Sanremo. La Rai oggi è un’azienda senz’anima, senza identità».
2 - COLOMBO: “MA NON È COSÌ CHE SI SVINCOLA L’AZIENDA DALLA POLITICA”
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Gherardo Colombo lascia la Rai dopo 3 anni nel cda e il bilancio dell’ex magistrato è in chiaroscuro. Soddisfazione per i conti in ordine e delusione per la riforma, che a suo giudizio porta a una «ingerenza sfacciata» della politica.
Renzi voleva liberare la Rai dai partiti, ci è riuscito?
GHERARDO COLOMBO BENEDETTA TOBAGI
«Nonostante tutte le parole che si dicono, credo che la Rai sarà ancora più dipendente dalla politica e dall’esecutivo. L’ad, che avrà dei poteri notevolmente maggiori, sarà nominato su proposta dell’azionista e quindi del governo».
Le piace il cda a sette?
«Due dei sette componenti saranno nominati dall’azionista, due dal Senato, due dalla Camera e uno dai dipendenti Rai. Quindi, sei su sette avranno provenienza politica».
Teme la lottizzazione?
«Se l’intenzione era quella di svincolare la Rai dalla politica, credo che il risultato sia esattamente l’opposto».
Per Mentana è «una Gasparri 2.0», condivide?
«La nomina del nuovo cda sarà fatta con la legge in vigore, cosa che si poteva evitare, e che lo stesso premier aveva affermato di voler evitare. È vero che i consiglieri sono scaduti, ma non credo sarebbe stato un danno aspettare poco più di un mese, con agosto di mezzo».
Renzi ha detto che il suo modello è la Bbc...
«A me pare invece che il sistema di governo della Bbc sia molto diverso, quando si poteva prendere spunto proprio da lì per arrivare a una effettiva separazione dalla politica. Il sistema inglese ha introdotto una Fondazione garante dell’indipendenza che si frappone tra la politica e l’emittente. Credo che, alla Camera, si dovrebbe rivedere questo aspetto».
Spera in un ripensamento?
«Sì. Mi lascia molto perplesso l’affermazione che la riforma così com’è allontanerebbe la politica dalla gestione della Rai ed anche quella per cui la riforma è ispirata al modello Bbc. Per quel che vedo io, è il contrario; il dramma di questo Paese è che spesso tutto cambia perche tutto resti uguale».
La sinistra ha bocciato la delega al governo sul canone.
«Sarebbe molto importante che la delega prevedesse, con sicurezza, uno svincolo delle risorse Rai rispetto alle decisioni dell’esecutivo. Tutto questo doveva essere garantito dalla natura del canone come tassa di scopo. Se invece le risorse della Rai derivassero dalla fiscalità generale ne risentirebbe l’indipendenza».
Bersani scelse lei e la Tobagi dalla società civile.
LA DOPPIA STRETTA DI MANO TRA GHERARDO COLOMBO E LUISA TODINI BENEDETTA TOBAGI E ANTONIO PILATI
«Credo che avesse fatto una scelta coerente con la critica alla lottizzazione. Evidentemente il governo si muove in modo diverso. Individuare delle persone che, attraverso la loro storia, diano delle forti garanzie di indipendenza, sarebbe la via per fare in modo che, da un mezzo assolutamente inidoneo, si riesca a evitare un’ingerenza che potrebbe essere addirittura sfacciata».
Benedetta Tobagi rimprovera a Renzi una forte tendenza accentratrice del governo.
«Il fatto che l’amministratore delegato sia nominato su indicazione dell’azionista conferma la tendenza accentratrice».
Da membro del cda ha la coscienza a posto?
«Sui conti abbiamo fatto un buon lavoro, e di questo va dato merito al direttore generale. Ma quanto alla programmazione, noi, indicati dalla società civile, abbiamo potuto incidere praticamente nulla».