1 - ALL'ITALIA 200 MILIARDI CONTE PRONTO A FESTEGGIARE IL PD VUOLE ATTIVARE IL MES
Ilario Lombardo per “la Stampa”
Do you remember Francesco Totti?». Succede anche questo nel pieno del negoziato europeo più estenuante degli ultimi anni. Succede che venga voglia di sdrammatizzare e per pulire la stanza di una tensione che diventa insostenibile si ricorra ai ricordi mitologici degli Europei 2000.
Anche lì era Italia-Olanda, solo che i due Paesi si sfidavano sul campo di calcio e non a colpi di sussidi e condizionalità dei prestiti. I delegati italiani scherzano con i colleghi olandesi su quella sfida e ricordano il gesto dei gesti della recente epopea calcistica, lo mimano con la mano come fece Totti quando sfidò Van der Sar ai rigori e consegnò alla storia il labiale: «Mo je faccio er cucchiaio».
SANCHEZ CONTE RUTTE ALLA DISCUSSIONE SUL RECOVERY FUND
L'aneddoto è già storia e viene condiviso al mattino mentre al The Hotel di Bruxelles ci si prepara a un altro round del Consiglio europeo. Si racconta di Mark Rutte, dello «scontro durissimo» con Conte, dei primi cedimenti olandesi sui criteri di governance del fondo.
È il prologo della quarta giornata di una serratissima trattativa che per la prima volta lascerà soddisfatto Giuseppe Conte anche se aprirà un nuovo interrogativo sul Mes, mentre a Roma Luigi Di Maio parla di una «cabina di regia sulle riforme che coinvolga tutti i ministeri».
Servirebbe ad alleggerire Palazzo Chigi, ma in realtà suona come il tentativo di sfilare al premier il potere di decidere dove destinare i miliardi che pioveranno da Bruxelles, in uno schema che coinvolgerà gli altri Paesi protagonisti della sfida ai falchi del Nord.
Già al mattino i volti dello staff sono lo specchio di una notte di corpo a corpo diplomatici durati fino all'alba. Ma si legge anche un certo ottimismo, confermato dopo dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio che parlerà di questo come del «migliore accordo possibile».
rutte merkel ursula conte by osho
Gli sherpa hanno già in mano le proiezioni sulle diverse possibilità di accordo che si profilano, alle quali ha lavorato da Roma il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. La tabella migliore calcola un aumento fino a 208 miliardi dai 172 iniziali, della quota destinata all'Italia. È quella che l'entourage di Conte conferma all'ora di cena, appena viene resa nota l'ultima bozza del presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Dalla riformulazione dei fondi il premier temeva di perdere una decina di miliardi di finanziamenti a fondo perduto rispetto alla proposta della Commissione. E invece, nella ripartizione del Recovery, l'Italia conserverebbe la sua fetta di 81,4 miliardi di euro mentre incasserebbe 36 miliardi in più di prestiti. Per un'incredibile coincidenza, è la stessa cifra messa a disposizione dal Meccanismo europeo di stabilità.
Che si fa? Secondo lo staff di Conte il bottino conquistato a Bruxelles allontanerebbe il Mes, perché i prestiti del Recovery avrebbero un vantaggio sui tassi di interesse. Inoltre, la leva dello spread, previsto in discesa dopo l'accordo europeo, libererebbe altri miliardi per l'Italia, rendendo non così necessari i soldi del fondo salva-Stati, disponibili ben prima di quelli del Recovery.
Poi ovviamente ci sarebbe un beneficio politico, perché verrebbe scongiurata la spaccatura nella maggioranza, visto che i 5 Stelle restano contrari. Il problema per Conte però è che il Pd lo vuole comunque: un pugno di minuti dopo aver raccolto l'indiscrezione sull'accordo, Nicola Zingaretti dice dagli studi di In Onda: «Lo prenderei. Ho grande rispetto per il premier, che deve tener conto di una coalizione, ma mi rivolgo ai cittadini: dopo il Covid dobbiamo scommettere sul nuovo sistema sanitario nazionale, voglio la migliore sanità del mondo. Perché rinunciare a tutto questo?».
GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO ANGELA MERKEL BY OSHO
La domanda attende Conte a Roma dopo la chiusura del Consiglio europeo. I leader europei sono rimasti fino a notte fonda ad affinare tutti i dettagli, a cominciare dai passaggi del testo sul monitoraggio dell'attuazione delle riforme per l'erogazione delle tranche di finanziamento. È lo scoglio che ha diviso Italia e Olanda per giorni.
La resistenza di Conte è totale, basata sui trattati che i delegati italiani rileggono ai legali del premier olandese Rutte e che consegnano alla Commissione poteri sul bilancio. Il compromesso che si prova a raggiungere sposta la decisione all'Ecofin, che si esprime a maggioranza qualificata.
Nessuna unanimità vincolante come chiedeva Rutte per avere in mano lo strumento del veto. I Paesi Bassi ottengono in cambio, però, un parere in Consiglio europeo, nel caso venga chiesto anche da un solo capo di governo. Rutte vorrebbe un avverbio in più, per rendere il «freno a mano» decisivo. «Niente trappole» avvertono nella delegazione guidata dagli ambasciatori Piero Benassi e Maurizio Massari, e dal ministro Enzo Amendola. Autori di un faticosissimo catenaccio. Altro che cucchiaio di Totti.
2 - CONTE CANTA VITTORIA MA SERVONO RISORSE SUBITO ZINGARETTI CHIEDE IL MES
Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
VERTICE EUROPEO CONTE MERKEL MACRON SANCHEZ VON DER LEYEN
La sveglia di Giuseppe Conte suona alle 13.30, dopo l'ennesima notte insonne a Bruxelles. Da giorni il ritmo circadiano dei leader è fatto a pezzi dalla tenacia negoziale di Angela Merkel. L'avvocato sembra riposato, miracoli del Recovery che si avvicina. È raggiante come la delegazione italiana che lo accompagna.
«Un successo assoluto », si danno di gomito nella hall del The Hotel, «abbiamo fatto il cucchiaio agli olandesi - azzardano - come Totti nel 2000...». Slogan, certo, confermati nella notte. Ma i numeri oggettivamente sorridono: l'Italia conferma i miliardi a fondo perduto previsti nel progetto originario, guadagnandone altri 39 di prestiti a tassi vantaggiosissimi.
Giuseppe Conte Angela Merkel al castello di Meseberg
Le condizionalità della governance pesano, ma non è previsto il diritto di veto di un singolo Paese. «Abbiamo dato battaglia su questo punto», rivendica l'avvocato, «stiamo offrendo una risposta europea e non possiamo guardare il nostro ombelico nazionale ».
Nel pacchetto targato Michel, però, resta un solo, gigantesco problema: i tempi per ottenere i fondi. Roma non vedrà un euro - o quasi - per i prossimi nove mesi, a essere ottimisti. Dove reperire le risorse per un'economia massacrata dal Covid? Con il Mes, sostengono Pd e renziani. «Io questi miliardi li prenderei - apre ufficialmente le ostilità Nicola Zingaretti a vertice ancora in corso - ci conviene».
È un punto dirimente, per i democratici. E invece la linea che Palazzo Chigi proverà a sottoporre agli alleati appena la delegazione farà ritorno in patria sarà un'altra: è possibile fare a meno del Salva Stati, non è più così conveniente. È una posizione di partenza, sia chiaro. Da negoziare tra giallorossi. Di certo da depurare dalla propaganda.
Da settimane, infatti, Conte segue sottotraccia la partita del Mes ed è tentato dallo scenario alternativo: il rapido via libera al fondo, sfruttando politicamente il vento a favore che proviene da Bruxelles. L'ha confidato anche ai ministri dem, permetterebbe di chiudere una volta per tutte una mina piazzata sotto Palazzo Chigi.
Il dramma sono i numeri del Senato. L'avvocato ha ricevuto anche nelle ultime ore messaggi poco rassicuranti dai 5S di Palazzo Madama, convinti che esista comunque un gruppetto pronto a sgambettarlo prendendo a pretesto proprio il Mes. Perché rischiare? Per evitare la crisi di governo sui 37 miliardi per la sanità, Conte ha chiesto a Gualtieri una proiezione dei possibili vantaggi sul mercato dei titoli di Stato derivante dall'approvazione del Recovery.
Se lo spread scende - e scenderà, di questo nessuno dubita nell'esecutivo l'Italia potrà finanziarsi a tassi d'interesse inferiori. L'effetto è che si ridurrebbe il vantaggio del denaro preso in prestito con il Mes. È altrettanto ovvio però che il fondo per la sanità gode di tassi negativi, quindi in ogni caso meno gravosi dei Btp.
Ma non basta. Secondo Palazzo Chigi, l'Italia potrà finanziarsi in futuro attraverso i 120 miliardi di prestiti garantiti dal Recovery: ha tassi simili al Salva Stati e in più non è vincolato alla sanità. Vero. Peccato che i tempi non tornino, secondo i vertici del Pd.
Il Mes, infatti, può richiedere quattro mesi tra l'attivazione e l'erogazione dei soldi: entro novembre, dunque, sarebbe operativo. Le risorse del Piano di Rilancio saranno disponibili invece diversi mesi dopo, non prima di aprile 2021. È questa la nuova sfida del premier.
Matteo Renzi è stato chiaro, ieri. «Presto i soldi del Mes arriveranno ». Gualtieri perde il sonno pensando a come far quadrare i conti pubblici, quindi non può e non vuole escludere il salva Stati, anche perché sa bene che solo da lì potrebbero affluire nel 2020 le risorse necessarie a coprire le spese legate alla pandemia.
Zingaretti, come detto, ha messo la faccia su questa battaglia e non sembra arretrare: «Rispetto le diffidenze di alcuni alleati di governo, ma il Mes di oggi non c'entra nulla con i prestiti avvenuti con altre crisi economiche».
LAGARDE - MERKEL - VON DER LEYEN
E invece una fedelissima di Luigi Di Maio come la viceministra all'Economia Laura Castelli invita tutti a ragionare di Mes a partire da settembre, quando il quadro delle finanze pubbliche sarà più chiaro. Proprio Di Maio è snodo vitale per la maggioranza. Per adesso resta alla finestra. Ma è chiaro che sarà determinante negli equilibri della compagine grillina.
Ufficialmente, il 5S incita e loda gli sforzi del premier. Ma già ieri dalla sua corrente arrivavano segnali critici verso l'esito del vertice di Bruxelles. Si sottolineavano le condizionalità e la tempistica dei fondi, che sarebbe sfavorevole a Roma. Non conta il merito, ma il metodo di queste sortite: dicono che la battaglia interna ai cinquestelle non è certo finita. E che potrebbe sfogarsi presto, prendendo a pretesto proprio il Mes.
Le prossime ore, intanto, diranno nel dettaglio quanto è convincente il patto strappato dall'avvocato al tavolo dei 27. E a meno di clamorose sorprese Conte si prepara a far fruttare il successo, ottenuto anche grazie a un «fronte», così l'ha definito, cementato nel corso dei giorni con Sanchez e Costa, a sua volta sostenuto nell'ultimo miglio del negoziato da Merkel e Macron.
Proprio il premier spagnolo e quello portoghese saranno importanti anche in chiave interna, se dovesse piegarsi al Pd e procedere all'attivazione del Mes. È con loro, infatti, che l'avvocato ha discusso a margine dell'infinito Consiglio europeo di Bruxelles della possibile attivazione contemporanea del Salva Stati.
GIUSEPPE CONTE ANGELA MERKEL EMMANUEL MACRON ANGELA MERKEL