Lucia Annunziata per la Stampa - Estratti
L’utopia di una coalizione mondiale a Gaza, nel momento più difficile l’idea per risalire
ursula von der leyen josep borrell
Una proposta circola in queste ultime 48 ore fra segreterie esteri, ambienti politici e think tank di ogni inclinazione politica. Una coalizione di volenterosi che includa Usa, Ue, Qatar, Arabia Saudita, Giordania, e l’Autorità Palestinese, cioè il governo che regge il West Bank, perché prenda nelle sue mani la gestione di Gaza. Proposta folle, irrealizzabile, ma, per il fatto stesso di essere formulata, rivelatrice di forze, debolezze, intrecci, interessi, e qualche buona intenzione di cui è fatto il pericoloso momento in cui si muove il conflitto di Gaza. Conflitto congelato in quel breve tempo che anticipa tutte le battaglie, tra convinzione e timori (…)
PERCHÉ L’UE DOVREBBE MANDARE TRUPPE E AIUTI FINANZIARI A GAZA E IN CISGIORDANIA
Stefano Mannoni per milanofinanza.it
Alcuni inglesi se lo ricordano ancora, ma come un incubo. Mi riferisco al mandato che venne conferito nel 1920 dalla Società delle Nazioni alla Gran Bretagna per gestire un territorio strategico che era appartenuto fino al 1918 all’Impero Ottomano.
ursula von der leyen charles michel
Facciamo un passo indietro. Nel 1917 la Dichiarazione Balfour, vergata dal ministro degli Esteri britannico che portava quel nome, prometteva un focolare nazionale in Palestina agli ebrei sionisti, ferme restando non meglio precisate garanzie per la popolazione araba che là viveva da secoli. Un sopruso? Non del tutto, nella misura in cui dal punto del diritto internazionale il territorio ottomano liberato era terra nullius.
Il problema nasce però da subito: palestinesi ed ebrei si battono davanti al Muro del Pianto e proseguono il loro conflitto senza alcun riguardo per la presenza inglese. La quale oscilla tra il favore per i coloni ebrei e la repressione degli arabi all’esatto contrario: la limitazione dell’immigrazione ebraica proprio nel momento in cui il nazismo e il fascismo perseguitavano gli ebrei in Europa. Tutto cambia nel 1948 quando gli inglesi, esausti, alzano i tacchi e, tra le titubanze dell’Onu, consentono allo Stato di Israele di prendere vita, ottenendo un vasto riconoscimento internazionale.
ursula von der leyen josep borrell
Hamas non fa prigionieri
Ora non voglio lambiccarmi sullo status di Hamas e sulla sua pretesa di interpretare il vero spirito del popolo palestinese. Al riguardo non sono per niente d’accordo poiché, alla luce di una guerra che dura da un secolo, non è realistico pretendere o anche solo auspicare la distruzione dello Stato ebraico. Perché Hamas non fa prigionieri in senso letterale e metaforico: vuole cancellare una realtà che esiste da 75 anni.
E allora: ben venga la reazione dello Stato ebraico alla violazione della sua sicurezza e all’eliminazione di civili inermi, purché il diritto internazionale umanitario non venga violato nella contromisura. Ma bisogna porsi il problema del dopo. Quale prospettiva dare ai palestinesi diversa da quella «muoio, mi sacrifico, perché non ho nulla da perdere».
Il ruolo dell’Unione Europea
ursula von der leyen e charles michel
Non occorre avere pregiudizi unidirezionali per constatare che Gaza è un’enorme prigione a cielo aperto che racchiude milioni di persone. Ed è fondamentale che, dopo un secolo, una via di uscita venga trovata. In questa prospettiva, che è quella di risolvere una guerra che dura da cento anni, l’Unione Europea avrebbe molte carte da giocarsi.
Posto che gli Usa hanno un pregiudizio filo-israeliano che li rende inattendibili come mediatori, Bruxelles al contrario dovrebbe imputarsi il conflitto mandando truppe e aiuti finanziari tanto a Gaza che in Cisgiordania, dove deve cessare l’erosione delle comunità palestinesi in nome di una visione del proprio futuro che non è la loro.
Sempre alla ricerca di un ruolo da giocare strategico a livello globale, Bruxelles finalmente ne avrebbe trovato uno – e di che portata. Sarebbe davvero la volta buona che tutto il mondo gli direbbe “grazie”!