Goffredo De Marchis per la Repubblica
La traccia di un addio ormai inevitabile è nei messaggini di qualche giorno fa: «Io ero convinto che il mio compito fosse quello di lavorare sull' identità, della Rai e del Paese che molto spesso si fondono. E invece... ». Invece, raccontano gli amici di Antonio Campo Dall' Orto, il dg «era diventato un bersaglio della politica. Sapeva di avere le ore contate e non ha fatto nulla per cambiare il suo destino ». Al suo staff ha detto: «Non voglio tirare a campare». Lo farà per altre 24 ore, forse meno.
Oggi sarà a Palermo: rappresenterà la Rai nell' anniversario della strage di Capaci con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Domani mattina rimetterà il mandato nelle mani di Piercarlo Padoan, l' azionista della tv pubblica. Fine corsa. Dopo due anni in sella al cavallo.
Campo e i suoi fedelissimi si sono parlati tutti i giorni attraverso un gruppo Whatsapp. Progetti, idee, strategie e ogni tanto qualche chiacchiera sui "nemici" del manager veneto. Per non lasciare impronte, nella chat sono stati creati nomi d' arte. L'"uomo di peso" era il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, che ha qualche chilo in più e un' avversione mai nascosta per il direttore generale uscente. Michele Anzaldi, paladino prima solitario poi in nutrita compagnia del fronte anti-Campo Dall' Orto, era "Schettino", il soprannome che lo stesso Anzaldi aveva affibbiato al dg per la sua gestione di Viale Mazzini.
Matteo Renzi invece era "Diego", come Maradona, il fuoriclasse che aveva scelto l' amico Antonio, protagonista della Leopolda degli esordi, per cambiare il servizio pubblico ma lo ha abbandonato, ormai da mesi. Il giorno in cui nominò Anzaldi capo della campagna per le primarie, il dg capì che la sua stagione volgeva al termine.
L' ultima settimana è stata la peggiore. «Dovevamo dedicarci al prodotto, ai programmi in vista della prossimo palinsesto. Invece stavo qui nel mio ufficio a pararmi dagli attacchi della politica. A capire chi e come mi avrebbe messo in croce», spiega Campo agli amici. Ha sempre detto che quello non era il suo mestiere, che le mediazioni coi partiti non fanno per lui. Ancora oggi parla dei successi dell' azienda: Raiplay «che garantirà il futuro della tv di Stato », i programmi riusciti (Nemo e Virginia Raffaele i suoi gioielli), le fiction.
E il primato assoluto negli ascolti, la buona raccolta pubblicitaria. Ma sa anche di aver commesso degli errori: le troppe assunzioni esterne, i rinvii su temi spinosi come il tetto ai compensi delle star, la separazione da Carlo Verdelli, il braccio di ferro con l' Anac di Cantone. Il cambiamento della Rai c' è stato. Poco rispetto alle attese.
E il dg non aveva più le spalle coperte dall' amico Matteo, con il quale si è visto riservatamente tutte le settimane per un anno e da settimane non sente neanche al telefono. Nelle pieghe di questi sbagli si è insinuata quella che gli amici del dg chiamano senza giri di parole la «fronda» della presidente Monica Maggioni. «Sono mesi che ha messo Antonio nel mirino». Anzi, se il dg è arrivato fino a maggio, ovvero ai due anni di mandato, è solo perché i consiglieri non lo hanno sfiduciato prima. E non lo hanno fatto per non regalare una vittoria alla presidente. Così raccontano.
mattarella maggioni campo dall orto
Campo e Maggioni non discutevano più del futuro della Rai da molto tempo. L' ultimo incidente risale a qualche giorno fa: la presidente si è infuriata perché il dg non le aveva detto niente dell' appuntamento con Mattarella. Fatto sta che Campo Dall' Orto avrebbe voluto resistere, portare a termine la rivoluzione della Rai solo immaginata o sognata. Senza l' appoggio di Renzi e del Pd era impossibile. Non bastava certamente la stima di Freccero e nemmeno il rapporto personale con Guelfo Guelfi, il consigliere più vicino al segretario dem. Finisce qua il viaggio romano di Campo Dall' Orto che alla Rai hanno sempre considerato un marziano.