1. LA TRINCEA GIORGETTI
Estratto dell’articolo di Alessandro Barbera e Marco Bresolin per “la Stampa”
nadia calvino giancarlo giorgetti
«Chi agita lo spauracchio del ritorno alle vecchie regole del Patto non ci spaventa: se devo accettare una soluzione che va contro gli interessi dell'Italia, allora meglio tenere i vecchi vincoli». Giancarlo Giorgetti, tornato a Roma insoddisfatto dei negoziati all'Ecofin di Bruxelles, ora scava la trincea. La ritrovata intesa sull'asse Berlino-Parigi e il possibile compromesso sulle nuove regole di bilancio hanno accentuato il suo malumore, secondo alcuni sfociato in un silenzio rabbioso. Chi ieri a Bruxelles ha assistito al dibattito a porte chiuse con gli altri ministri assicura che l'italiano non avrebbe utilizzato simili argomenti con i colleghi.
«Io non ho sentito nessuno usare questi toni», commenta con un filo di irritazione la collega spagnola Nadia Calviño, presidente di turno dell'Ecofin e regista del possibile accordo che prevede per i Paesi ad alto debito uno schema meno penalizzante di quello fin qui immaginato.
giancarlo giorgetti christine lagarde
Per Giorgetti la proposta non cambia lo scenario. L'aggiustamento di bilancio necessario a rispettare le nuove regole sarebbe pressoché doppio rispetto agli sforzi che a suo avviso il governo è in grado di rispettare. Con una possibile recessione alle porte (Mario Draghi dixit) il ministro è convinto sia necessaria una maggiore gradualità, non dissimile da quella impostata nell'ultima nota di aggiornamento dei conti. La regola che si è imposto Giorgetti si può sintetizzare così: l'Italia non prenderà impegni che sa di non poter mantenere, anche perché l'esporrebbe alla censura dei mercati, già in tensione per via degli alti tassi di interesse e di rendimenti dei titoli pubblici cresciuti come non accadeva da più di un decennio.
GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI
Il passaggio della nuova proposta che ha fatto scattare l'allarme della diplomazia italiana non è tanto il parametro minimo per la riduzione annuale del debito, vero totem di Berlino: se contenuto e sostenibile, Giorgetti si è detto disposto ad accettarlo. Né per lui costituisce un problema l'offerta al ribasso che gli spagnoli hanno proposto sullo scorporo degli investimenti pubblici. A provocare il no italiano alla bozza è quella che a Bruxelles hanno definito la «salvaguardia per la resilienza del deficit».
Proviamo a spiegare in maniera comprensibile il perché: il nuovo paragrafo del complicatissimo accordo prevede che quando uno Stato avrà portato il suo debito su una traiettoria discendente, «dovrebbe garantire un margine di sicurezza comune sotto la soglia del tre per cento».
Non è ancora chiaro quanto ampio sarà questo margine, ma per il governo italiano si tratta di un parametro che aggiunge in ogni caso un ulteriore onere oltre a quello del taglio del debito. Anche i vertici della Commissione europea non sono entusiasti, perché ritengono che la soglia del tre per cento prevista dai vecchi trattati sia di per sé sufficiente: aggiungerne un'altra sarebbe un controsenso. E però per Berlino è diventato un altro totem irrinunciabile da dare in pasto all'opinione pubblica tedesca, poco incline a digerire concessioni al rigore.
Sul capitolo investimenti Giorgetti sembra rassegnato al fatto che non ci sono margini per ottenere una «golden rule», nemmeno limitata, per scorporare compiutamente gli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dal calcolo delle spese.
L'ultima offerta della presidenza spagnola prevede di ottenere l'estensione dei piani di aggiustamento da quattro a sette anni in cambio della piena attuazione del Recovery plan. Inoltre consente in via transitoria di usare le spese del Pnrr nel 2025, nel 2026, e il cofinanziamento dei fondi europei per derogare dalla clausola di «non differibilità».
paolo gentiloni giancarlo giorgetti
Detta in sintesi, l'Italia avrebbe la possibilità di rinviare il rigore di bilancio negli ultimi anni del percorso di aggiustamento invece che distribuirli lungo tutto il periodo, fra i quattro e i sette anni. La bozza prevede infine la possibilità di utilizzare le spese per la Difesa come «fattore rilevante» per evitare una procedura di infrazione. Nessuna di queste concessioni è stata sufficiente a convincere il ministro […]
Se il risultato fosse questo, meglio dunque tornare alle vecchie regole e alle concessioni che l'Italia ha negoziato anno per anno. Si tratta in fondo di una posizione che in chiave interna rafforza politicamente Giorgetti: in molti nella maggioranza e nel suo partito teorizzano il principio del male minore. […]
2. I PARTNER: “LINEA SENZA SENSO” MA GIORGETTI ALZA I TONI PER TRATTARE SU PNRR E MANOVRA
Estratto dell'articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
«Non si capisce più cosa voglia l’Italia». Quando finisce la riunione dell’Ecofin che per la prima volta apre concretamente la strada alla riforma del Patto di Stabilità, i principali partner europei - a partire da Francia e Germania - restano sbalorditi dalle minacce di Roma di porre il veto […]. Il ritorno alle vecchie regole, infatti, rappresenterebbe un problema soprattutto per il nostro Paese. Il segnale offerto ai mercati finanziari sarebbe disastroso.
giancarlo giorgetti christine lagarde 1
La stessa Bce, che sta riducendo gli acquisti dei titoli di Stato, ha spiegato che un mancato accordo provocherebbe conseguenze nei Paesi più esposti. Ossia l’Italia.
Ma lo sconcerto nasce anche da un’altra circostanza: il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nel corso del vertice non ha detto nulla di quel che ha fatto trapelare ufficiosamente alla stampa italiana. «Grazie alla Spagna - sono state al contrario le sue parole - per il lavoro compiuto al fine di arrivare ad un’intesa. È un bel passo avanti».
GIORGIA MELONI - VIGNETTA DI ALTAN
La contraddizione tra il “dentro e fuori”, dunque, ha reso incomprensibile la linea italiana. E ha di fatto sospinto il nostro Paese nell’angolo dell’isolamento. […] L’esecutivo di centrodestra avrebbe dovuto saldare un’alleanza almeno con l’Eliseo e Madrid. Ma non ne è stato capace. Anzi, l’esito è che la partita della governance economica si ritrova completamente nelle mani di Francia e Germania, i cui due titolari dell’Economia si incontreranno nei prossimi giorni a Berlino. Roma è tagliata fuori.
[…] L’isolamento ha preso plasticamente corpo proprio durante l’Ecofin. Mentre alcuni degli Stati “frugali” come Austria, Finlandia e Ungheria (la sovranista Ungheria) si lamentavano per la mediazione spagnola giudicata troppo morbida, nessuno ha preso le difese del governo Meloni.
GIANCARLO GIORGETTI GIORGIA MELONI
Anche perché proprio nei negoziati degli ultimi giorni la Spagna aveva tenuto conto delle indicazioni di Parigi che erano involontariamente allineate alle richieste italiane. Il Tesoro sostanzialmente aveva ottenuto tre benefici importanti: il piano di rientro dal deficit è diluito automaticamente su sette anni e non su quattro per i Paesi che prevedono riforme strutturali nel Pnrr; alcune spese come quelle per la Difesa, i prestiti sempre del Pnrr e i cosiddetti cofinanziamenti avranno un trattamento “agevolato” nel calcolo del deficit (non è un vero proprio scomputo ma quasi); e dopo il percorso del rientro dal deficit, la riduzione del debito - spalmato su almeno quattro anni - sarà “mediamente” dell’1 per cento annuo e quindi sarà elastico (un modo per consentire eventuali campagne elettorali).
MATTEO SALVINI GIANCARLO GIORGETTI
Certo in cambio di tutto questo la Francia ha concesso alla Germania una sorta di “salvaguardia” nella riduzione del deficit: ossia anziché scendere sotto il 3 per cento, dovrà essere limato sotto il 2. Una sorta di “cuscinetto” reclamato da Berlino che non si fida di alcuni partner, a cominciare dall’Italia. Ma si tratta comunque di una soglia che il nostro Paese […] ha quasi sempre rispettato.
La “voce grossa” di Roma, dunque, viene considerata inspiegabile. Così come sono state colte con sorpresa le critiche che informalmente il governo Meloni ha mosso al Commissario italiano agli Affari economici, Paolo Gentiloni. Anzi, i “falchi” accusano l’ex premier italiano di essere troppo accondiscendente con il suo Paese.
Il doppio binario di Giorgetti, quindi, viene letto come un modo per fare propaganda nel perimetro ristretto della politica italiana. E anche per tenere alta la tensione su alcune delle prossime scadenze. In particolare tre. La prima è fissata per il 21 novembre. Quel giorno la Commissione emetterà il suo giudizio sulla legge di Bilancio. […]
La seconda riguarda proprio il Pnrr. Le prime valutazioni sulla revisione presentata da Palazzo Chigi non sono entusiasmanti. […] Il quadro complessivo non torna. Il nuovo progetto rischia quindi di essere sospeso o rinviato.
[…] Il terzo nodo è il Mes. Giorgia Meloni non si è ancora decisa al via libera, il nervosismo dei partner sta crescendo. Palazzo Chigi deve insomma decidere: subire la riforma del Patto o promuoverla. Ma se Francia e Germania si metteranno d’accordo, difficilmente qualcuno potrà dire no.