Estratto dell'articolo di Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
Se per il campo progressista fosse una questione di 2 per mille, stravincerebbe le elezioni: i contribuenti che hanno deciso di destinare la piccola quota ai partiti — e già sono uno sparuta minoranza, il 4 per cento del totale della dichiarazione dei redditi del 2023 — hanno scelto nel 30,4 per cento dei casi il Pd, nel 10 per cento il M5S, nel 4,6 per cento i Verdi, nel 4,1 per cento Sinistra Italiana, nel 3,1 +Europa, nel 2,3 per cento Articolo 1, oggi confluito nei dem. A destra invece c’è in testa FdI (19,9 per cento delle scelte), le due Leghe (la Salvini premier e la Nord, in totale il 7,5 per cento) e Forza Italia inchiodata ad un misero 2 per cento.
I dati comunicati dalle Agenzie delle Entrate sono molto interessanti. Il Pd incamera 8,1 milioni dal 2 per mille, FdI 4,8 milioni, i 5 Stelle — all’esordio in questa forma di finanziamento pubblico — 1,8 milioni e Italia Viva 1,1 milioni, più della Lega. Ma al netto delle cifre, è possibile capire la base sociale di chi sostiene un partito, banalmente vedendo i redditi medi dei contribuenti che in fase di dichiarazione optano per un soggetto politico piuttosto che un altro.
In questo senso i simpatizzanti di Matteo Renzi e di Carlo Calenda sono decisamente benestanti;
(...) «Abbiamo deciso di destinare per la prima volta gran parte delle risorse in più raccolte dal Pd, oltre 770 mila euro, ai territori», spiegano dal Nazareno. In termini di scelte complessive il balzo maggiore è quello del partito con la fiamma tricolore nel simbolo, che passa da 234 mila scelte nel 2022 alle ultime 348 mila.
(...) Piccola curiosità: in fondo alla classifica c’è il micropartito Italia al centro di Giovanni Toti, presidente ligure, cioè 1.300 scelte che valgono 13 mila euro.